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QT n. 16, 29 settembre 2001 Servizi

Ci sarebbe un referendum..

Il 7 ottobre c’è il cosiddetto referendum sul federalismo. Proviamo a fare un po’ di luce su questo appuntamento dimenticato. A confronto Margherita Cogo (presidente della Regione, Ulivo) e Maurizio Perego (capogruppo in Provincia di FI, Casa delle Libertà)

Le drammaticità delle vicende internazionali sembra aver dato il colpo di grazia alla visibilità di un referendum, quello sul cosiddetto federalismo, al quale già in precedenza i media prestavano poca attenzione. Questo voto, secondo voi, meriterebbe qualche attenzione in più?

Maurizio Perego, capogruppo di Forza Italia in consiglio provinciale.

Cogo: Questa consultazione è importante: una partecipazione alta degli elettori spingerà il governo a proseguire nel disegno riformatore, che ha la sua prima tappa importante in questa riforma del titolo 5° della Costituzione. Nessuno pretende che questa sia la riforma federale dello Stato, ma è un passaggio importante per arrivarci.

Perego: E’ però un referendum che ha perso gran parte del suo valore con la vittoria della Casa delle Libertà il 13 maggio. E’ ovvio - e difatti è oggetto del programma di governo - che la Casa delle Libertà intenda fare una nuova riforma che vada ben oltre quanto previsto nel testo sottoposto al referendum.

Cogo: La CdL ha al suo interno anime così diverse che conciliare la devolution di Bossi con la concezione centralista di AN appare difficile. Le prime difficoltà si sono già viste: pare che ci siano sei diverse bozze che girano... Del resto nei suoi proclami Bossi dice ben poco sul federalismo, e sono cose complementari rispetto a questa legge. Gli articoli che la Lega vuole modificare sono tre, mentre il nostro disegno di legge ne modifica una decina e ne abroga altri sei. Io credo che anche il centro-destra abbia l’interesse a che il referendum passi, perché così disporranno di una base di partenza.

Voi cosa contestate di questo disegno di legge?

Perego: Questo testo è solo un punto di partenza per la riforma dello Stato: il federalismo richiede un intervento molto più completo e complesso, un approccio globale al tema del rapporto fra i poteri. Questo, come altri testi in circolazione, ha in sé un po’ di feeralismo, ma manca di una visione complessiva.

Ma non è che il meglio finirà per essere nemico del buono, cioè che per volere una legge compiuta si butti a mare una legge accettabile per ritrovarsi con niente in mano?

Perego: Il pericolo esiste. Tanto che, personalmente, non ho ancora deciso se andrò a votare e come voterò. Credo comunque che questo referendum passerà, visto che oltre tutto non ha bisogno di un quorum di votanti, e che le forze della sinistra faranno un grande sforzo per portare al voto i loro elettori. Se sarà approvato, non credo che sia una cosa negativa.

Cogo: Sono contenta di confrontarmi con Perego, che è una persona intellettualmente onesta e si pone il problema di cosa sia meglio per i cittadini. Il guaio è che molti esponenti della CdL si credono ancora in campagna elettorale. Perché tanta agitazione? Perché al loro interno ci sono tali differenziazioni ideologiche che cercano sempre il nemico esterno per sopire i propri contrasti. E’ vero che non serve il quorum: ma serve comunque una larga partecipazione se si vuole proseguire il disegno riformatore.

Qui arriviamo ai punti deboli della legge oggetto di referendum. Ad esempio, non c’è stata la riforma della rappresentanza: resta l’attuale bicameralismo e la cosiddetta Camera delle Regioni è di là da venire..

Cogo: Era difficile pensare che una Camera potesse eliminare se stessa. Per superare questo ostacolo serve un forte impulso della base, appunto tramite il referendum. La legge è il risultato dei lavori della Bicamerale; e Berlusconi avrebbe potuto fare a meno di bloccarne i lavori, che si sarebbero ugualmente fermati quando si fosse arrivati a discutere di riduzione del numero dei parlamentari e di abolizione di una Camera. Abolizione indispensabile: è assurdo che Camera e Senato continuino a fare le medesime cose, è uno spreco di risorse e di energie. E poi bisogna che le comunità locali (regioni, province, comuni) siano rappresentate a livello parlamentare affinché possa esserci una concertazione vera sui disegni di legge, perché insomma ci sia quel patto che il federalismo propone fra enti locali e Stato. Il termine usato da Bossi - devolution - è molto meno: è una concessione che lo Stato fa alle autonomie locali.

Perego: La mancanza della Camera delle Regioni è uno dei motivi per cui la CdL ha dato un giudizio negativo di questa legge costituzionale. Ripeto: la legge contiene alcuni elementi importanti di federalismo, ma non è federalismo: il suo elemento principale consiste nell’attribuire alle regioni a statuto ordinario le stesse competenze che abbiamo noi. E’ una legge che allarga le autonomie locali, ma manca quell’approccio complessivo che prevedeva anzitutto un cambiamento di definizione (l’Italia repubblica federale); poi manca la Camera delle regioni, mancano alcune attribuzioni fondamentali riguardanti la polizia... Detto questo, credo anch’io che sia difficile che il Senato si auto-cancelli; ma per cambiare davvero le cose serve un governo forte e autorevole come oggi finalmente abbiamo. E sulle differenziazioni interne al nostro schieramento, confido nelle capacità di Forza Italia di fare sintesi.

Con questa riforma cosa cambierebbe per una provincia a statuto speciale come la nostra?

Cogo: Per noi scomparirebbe il controllo di legittimità del governo sulle leggi della Provincia, come pure la figura stessa del Commissario del Governo. Resterebbe, per Roma, la possibilità di ricorrere alla Corte Costituzionale...

Mi sembra che in questo modo il cittadino si troverebbe meno garantito...

Cogo: Chi governa una regione o una provincia è legittimato dal voto popolare e se ne assume la responsabilità. Abbiamo poi una separazione delle funzioni politiche da quelle gestionali, per cui disponiamo di tecnici in grado di aiutarci. Non si può avere una sfiducia pregiudiziale nei confronti delle istituzioni...

E il federalismo fiscale?

Cogo: L’art. 119 prevede che ogni ente, comune, provincia, regione o città metropolitana, abbia autonomia finanziaria. Questo è quanto la Lega dice di volere: come fa a dire di no ad un principio di questo tipo?

Possibili obiezioni: in questo modo non è che le regioni povere siano destinate a rimanere tali? E poi: un prelievo fiscale operato in toto dagli enti locali potrebbe mettere a rischio le entrate, soprattutto in certe realtà che non brillano per buona amministrazione.

Cogo: La legge prevede l’istituzione di un fondo perequativo, proprio per fare in modo che i territori più ricchi aiutino gli altri. E questo non riguarda solo il sud, ma anche quelle realtà metropolitane che erogano servizi per una popolazione più ampia di quella che abitanel territorio comunale. Sulla seconda obiezione: non si può partire dall’idea che gli amministratori siano incapaci o irresponsabili. Non si può legiferare partendo da un tale preconcetto.

Perego: Il principio contenuto nella legge è di per sé buono: le regioni o le province hanno capacità impositiva, i cittadini pagano le tasse nel luogo in cui risiedono e possono valutare come gli amministratori gestiscono i loro denari, tenendone conto al momento del voto. E questo federalismo fiscale è giustamente mitigato da meccanismi di compensazione fra aree ricche e aree povere. Certo, per gli amministratori locali si tratta di un impegno difficile, perché finora c’era comunque sempre il paracadute di Roma. Vedremo che riflessi avrà una simile norma in Trentino, dove siamo abituati ad avere una finanza "derivata", nel momento in cui dovremo imporre tasse per consentirci di mantenere questo tenore di vita.

Due domande strettamente politiche, un po’ cattive, a entrambi. All’Ulivo: per voi questa è una rivincita delle elezioni perse?

Cogo: No, nessuna strumentalità. La richiesta di sottoporre la legge a referendum è nata da parte di entrambi gli schieramenti. Una legge di riforma fondamentale come questa doveva essere sottoposta al giudizio dei cittadini.

Alla Casa delle Libertà: il vostro disinteresse, in alcuni casi contrarietà per questa legge, dipendono dal fatto che è stata promossa dal governo dell’Ulivo?

Perego: Su questa legge si è scatenato un dibattito politico che è andato al di là dei contenuti della legge stessa. Per evidenti motivi: la sua approvazione, avvenuta alla fine della legislatura, si è avuta con un voto di maggioranza (con uno scarto di 3-4 voti), ed era la prima volta che una legge di riforma costituzionale passava senza coinvolgere l’opposizione. Da qui una valenza politica, più che legata al merito del provvedimento. Oggi non intendiamo spenderci in una battaglia politica su una legge che è - lo ripeto - parziale; vogliamo concentrare piuttosto gli sforzi per arrivare ad una modifica globale e quindi ad un provvedimento complessivo sul tema del federalismo.

Cogo: La CdL non è compatta nel dire no a questa legge; l’ANCI (Associazione Nazionale dei Comuni Italiani, n.d.r.) si è espressa positivamente, e al suo interno ci sono ovviamente rappresentanti di tutti i partiti; lo stesso vale per i presidenti delle regioni, con la sola eccezione del veneto Galan; il presidente della Lombardia Formigoni, infine, invita ad andare al voto esprimendosi per il sì. Ripeto: se questa legge non otterrà un largo consenso, si fermerà ogni tipo di riforma davvero federale della nostra Costituzione.

Perego: Come ho detto, noi (con l’eccezione di Galan) non facciamo una battaglia ideologica su questa legge; preferiamo entrare nel merito dei suoi contenuti. Per questo non ci saranno, credo, posizioni precise e secche da parte nostra. Se non la convinzione che sia necessario andare oltre questo testo. Ciò detto, credo che la vittoria del sì sarebbe un fatto positivo, un buon punto di partenza per il proseguimento del lavoro da parte del governo.