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Una battaglia civile

Abbattuti gli alberi del Parco per ristrutturare le Terme di Merano. Dopo di che i lavori si sono fermati. E il Comitato che ha chiesto inutilmente un referendum si congeda...

A Merano, a chi percorre la Me-Bo a sud della città, viene incontro una sorpresa. Alla periferia si erge un grande traliccio, somigliante ai pozzi petroliferi del Texas. Ma qui non si cerca petrolio, bensì acqua calda. Lo scavo procede da mesi verso il centro della Terra, ma sembra che l’acqua calda scarseggi. Eppure, l’8 ottobre il parco delle Terme, più di cento bellissimi e vecchi alberi, sono stati abbattuti davanti a decine di occhi addolorati e increduli, per far posto ad un progetto enorme di ristrutturazione e di ampliamento delle Terme. Voluto fortemente dalla potente lobby economica che domina la città del Passirio e sostenuto dalle forze politiche che governano la città, il progetto ha suscitato un’ondata di ribellione popolare, che ha trovato tuttavia un muro nei suoi rappresentanti politici.

Il progetto delle nuove Terme di Merano in due simulazioni computerizzate.
Il progetto delle nuove Terme di Merano in due simulazioni computerizzate.

Attraverso ogni mezzo è stato impedito che la cittadinanza potesse esprimersi sull’opera. Un grave errore, di democrazia e di sostanza. I cittadini e le cittadine infatti devono poter esprimere il loro parere sulle opere che cambiano radicalmente il modello di sviluppo e comunque non possono essere esclusi dalla partecipazione alle decisioni.

Dunque lo spazio della "Lettera dal Sudtirolo" viene oggi dedicato alla lettera di addio del "Comitato pro terme sostenibili", un gruppo di persone che si è ritrovato con generosità, impegno, coraggio e fatica a condurre una battaglia civile che nessun partito politico ha voluto sostenere. Invece di disperdersi, il comitato ha invitato la popolazione per un’ultima sera, nella sala civica strapiena, a parlare, a "elaborare il lutto" di una sconfitta amara, a vedere insieme con emozione il film di un noto cineasta, Rolf Mandolesi, che ha filmato il taglio degli alberi, il rumore delle motoseghe, gli occhi lucidi di coloro che erano venuti, impotenti, a vedere. Ne è uscita una serata piena di emozione, dove all’amarezza di avere perso si accompagnava la dignitosa rivendicazione di avere fatto il proprio dovere civico, a dispetto della cecità e ottusità di chi usa con prepotenza il potere che gli è affidato.

In questa lettera rivolta a tutti i meranesi, il comitato riassume la storia e le ragioni della vicenda.

n mese fa, alle prime luci dell’alba dell’8 ottobre e dopo aver eretto una palizzata per meglio occultare il proprio agire, le Terme S.p.A. - società finanziata da denaro pubblico ed alla quale prende attivamente parte anche il Comune di Merano – hanno raso al suolo il parco delle Terme. Ognuno si rispecchia nelle proprie azioni e per esse viene giudicato.

A questo punto è utile e necessario chiarire alcuni aspetti. Il comitato referendum si è costituito per dare ai meranesi la possibilità di esprimersi direttamente sul progetto di rifacimento delle strutture termali, sulle modalità prescelte, sul piano di finanziamento, sul nuovo albergo, sul megaparcheggio, sull’interramento della strada e sull’abbattimento del parco. Abbiamo agito nel rispetto dello Statuto comunale: abbiamo presentato sei quesiti, abbiamo atteso che l’amministrazione comunale redigesse un regolamento per il referendum poiché ne era ancora incredibilmente sprovvista, abbiamo accettate per senso di responsabilità, pur senza condividerle, le motivazioni con le quali la commissione comunale ha accolto un solo quesito, abbiamo attuato la raccolta delle firme nelle forme prescritte, abbiamo presentato in calce di una regolare richiesta di referendum il consenso di 2.451 concittadini, decisamente superiori ai 2.000 richiesti.

Abbiamo agito così perché riteniamo che in una città democratica le grandi scelte debbano potersi fondare sulla partecipazione e sulla condivisione dei cittadini. Ciò è quanto avviene in varie regioni europee a noi vicine, ciò è quanto riteniamo auspicabile anche per la nostra realtà.

Noi crediamo che la partecipazione dei cittadini alla locale vita amministrativa, alle grandi scelte di urbanistica, di programmazione economica, di politica turistica ed ambientale che interessano la città sia un valore primario e soprattutto una grande opportunità per incrementare il senso di appartenenza ad una comunità.

Le cose, nonostante l’impegno del Comitato, si sono svolte diversamente. Innanzitutto l’amministrazione comunale poteva svolgere autonomamente il referendum già molti mesi orsono, come proposto ma bocciato in aula consiliare. Avrebbe in questo modo compreso immediatamente la reale volontà della cittadinanza. Se avessero vinto i favorevoli all’attuale progetto di ristrutturazione, ne avremmo tutti preso atto; se avessero invece prevalso le tesi del Comitato, volte a garantire una migliore sostenibilità ambientale ed un maggiore coinvolgimento della popolazione, il progetto sarebbe stato attuato con alcune significative variazioni, Non si è giunti a questo risultato, anche perché il regolamento per il referendum voluto dall’amministrazione comunale, invece di facilitare lo svolgimento della consultazione, l’ha resa di fatto quasi impossibile.

Non è l’unica contraddizione emersa: chi sbandierava un forte appoggio popolare per tale progetto di ristrutturazione, ostacolava al contempo in ogni modo il referendum, evidentemente per paura del responso: chi lodava le potenzialità economiche del progetto, si rifiutava di fornire alla cittadinanza ed al pubblico dibattito le cifre precise del piano finanziario e dei bilanci di previsione, come invece avveniva nella Merano ottocentesca; chi vantava il sostegno compatto di commercianti, albergatori ed imprenditori, taceva di fatto che la grande parte di loro non era mai stata neppure interpellata; chi decideva di stravolgere la viabilità cittadina e di interrare l’arteria di via Terme non affrontava con coerenza il problema drammatico del traffico urbano.

L’elenco delle contraddizioni è lungo; sin dall’inizio le Terme S.p.A. e l’amministrazione pubblica hanno taciuto agli studi di architettura che si cimentavano nell’impresa di riprogettare le terme di Merano che l’intero areale era soggetto ad un vincolo di tutela paesaggistica ai sensi della legge provinciale 16 del 25 luglio 1970, con la grottesca conseguente cancellazione del vincolo a progetto già ultimato ed approvato dal Consiglio comunale, come se tale vincolo non fosse mai esistito. Nel solco della medesima prassi amministrativa, che noi non approviamo e ci è culturalmente estranea, mentre si progettava la faraonica struttura, non si procedeva ad una preventiva Valutazione di Impatto Ambientale, azione che avrebbe invece permesso di ridurre i rischi idrogeologici e di contenere i costi.

Un Comitato di cittadini, potendo contare solo sul proprio autofinanziamento e sul prezioso aiuto dei sostenitori, ha costretto sulla difensiva per oltre un anno strutture multimiliardarie e ha soprattutto posto l’attualità e l’urgenza del tema della partecipazione popolare alle grandi scelte della nostra città. Parlare di partecipazione significa avere un’idea ben precisa della democrazia e dell’amministrazione: un’idea che a Merano ha mostrato di avere più avversari del previsto, Ma è un percorso che merita assolutamente d’essere proseguito".

UP. S. il 6 febbraio il Comitato referendario si è sciolto, affermando di avere terminato il proprio compito.

Due giorni prima i due vincitori del progetto delle nuove terme erano stati licenziati. Oggi non è chiaro come e se il progetto andrà avanti. Il luogo dove sorgeva lo storico parco è un deserto.

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