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L’insicurezza e la realtà

Da dieci anni il numero dei reati è stabile, ma la gente la pensa diversamente...

Flavia Bianchi

Il 1° febbraio scorso, il Comune di Trento, in concomitanza con la sesta Assemblea annuale del Forum italiano per la sicurezza urbana, ha organizzato un seminario dal tema "Politiche integrate di sicurezza nella città: polizie municipali e servizi socio-sanitari". È stata l’occasione per il prof. Savona, intervenuto con una relazione dal titolo "La sicurezza tra controllo formale e controllo informale", per tirare le fila di alcune riflessioni che Transcrime sta svolgendo nell’ambito del progetto "Osservatorio sulla sicurezza nel Trentino", co-finanziato dalla Provincia Autonoma di Trento e dall’Università di Trento.

In Italia la criminalità, così come rilevato dalle Forze dell’ordine, ha sperimentato, nel corso degli Anni Ottanta e dei primi anni Novanta, una quanto mai rapida ascesa, passando dalle 2.134 denunce ogni 100.000 abitanti del 1983 alle 4.665 del 1991. In soli 9 anni i reati sono più che raddoppiati, con un incremento medio annuo del 13,2%. A partire dal 1992, invece, la criminalità nel nostro Paese ha mostrato andamenti meno chiari, anche se i dati più recenti, ad oggi disponibili, indicano una tendenza alla diminuzione. Nel 2000 le Forze dell’ordine hanno segnalato alla magistratura 3.821 delitti ogni 100.000 abitanti: il 18,1% in meno rispetto al 1991.

Nonostante questi segnali incoraggianti che provengono dalle statistiche giudiziarie, si avverte una diffusa e crescente domanda di sicurezza. Se la delinquenza comune nel 1997 era al quarto posto fra le preoccupazioni degli italiani, preceduta - in ordine crescente - da traffico urbano, droga e disoccupazione (fonte Istat), nel 2000 è balzata in vetta alla classifica dei problemi più rilevanti per i cittadini, anche se seguita a breve distanza dalla disoccupazione (fonte Censis).

Come si spiega questo apparente paradosso?

Il carattere centralizzato e altamente burocratico del sistema penale non consente al cittadino comune di avere conoscenza diretta dei problemi connessi alla criminalità, che gli giungono filtrati dai mezzi di comunicazione. In questo modo l’informazione sulla criminalità tende ad essere distorta, risultando molto spesso sovrarappresentati gli eventi delittuosi gravi, che fanno più notizia. Tuttavia, l’insicurezza non è imputabile esclusivamente alla mancanza di una conoscenza puntuale delle dinamiche criminali. Infatti, alcuni criminologi, sulla base di ricerche empiriche, sono giunti alla conclusione che l’insicurezza risente solo in parte dell’andamento della criminalità e della vittimizzazione diretta (l’essere stati vittime, in prima persona, di eventi criminali) o indiretta (l’essere venuti a conoscenza della commissione di un reato nella zona in cui si vive). Incidono anche, talvolta in modo preponderante, il funzionamento delle agenzie del controllo sociale e l’opinione che di esse si sono formati i cittadini.

In criminologia per controllo sociale si intende l’insieme degli strumenti in grado di contrastare lo sviluppo di comportamenti criminali in un determinato contesto sociale. Generalmente, si distingue tra controllo formale e controllo informale. Il primo è quello esercitato dalle forze di polizia, dalla magistratura, …, cioè da tutti quegli organi pubblici la cui attività è finalizzata specificatamente alla repressione e alla prevenzione della criminalità. Fungono, invece, da agenzie di controllo informale la famiglia, la scuola, il sindacato, l’associazionismo, eccetera. Si tratta di strutture che, intenzionalmente o meno, concorrono a determinare l’adattamento del soggetto alle norme, che regolano la convivenza civile, e a correggere eventuali comportamenti devianti. Il controllo sociale formale dovrebbe rappresentare, quindi, l’extrema ratio: dovrebbe scattare solo nel momento in cui tutti i meccanismi del controllo informale hanno fallito nell’influenzare il comportamento del singolo.

In questi ultimi decenni - ha affermato il prof. Savona a conclusione del suo intervento - si è assistito ad un indebolimento del controllo informale, proceduto di pari passo con l’urbanizzazione delle nostre città, grandi e piccole.

E’ entrata in crisi la famiglia "allargata", che ha lasciato il posto alla famiglia "uninucleare". I rapporti di solidarietà con il vicinato sono pressoché scomparsi, dando spazio all’anonimato e all’isolamento, che accentuano i conflitti, creano tensione sociale e producono allarme e insicurezza.

In questo periodo di "latitanza" delle istituzioni del controllo informale, l’accresciuta domanda di sicurezza, ad essa connessa, è stata rivolta agli organismi pubblici, i quali però non sembrano in grado di dare risposte adeguate. Risulta fondamentale, allora, che ad un potenziamento e ad un ripensamento delle attività di contrasto e di prevenzione della criminalità, messe in atto dal sistema penale, corrispondano maggiore impegno socio-politico, solidarietà e fiducia reciproca.