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QT n. 4, 23 febbraio 2002 Servizi

Regione: le idee ci sono, ma non basta

Un confronto bello e utile sul futuro della Regione. Ma ora si deve passare ai fatti.

C’era stato due mesi fa l’incontro promosso da "Costruire Comunità" per portare il dibattito sulla Regione fuori dalle miserevoli secche delle auto rubate a Budapest e dei soldi sequestrati a Mosca. Un tentativo di riavviare in extremis l’inceppato progetto di costruzione della nuova Regione, acclarata ormai la consunzione dell’esperienza nata dall’avvio del secondo Statuto d’autonomia nel 1972.

Sembrava la volta buona. Un consenso pressoché generale sugli obiettivi, anche se poi (bisogna dirlo) sulle soluzioni tecniche proposte (una commissione regionale, due commissioni provinciali, assemblea costituente, parlamentino dei saggi) le posizioni si divaricarono a tal punto da rendere, per quel che riguarda gli aspetti tecnici, la materia del contendere incomprensibile ai più. Due giorni dopo si dimetteva la presidente Margherita Cogo e la strada sembrava spianata. Nuova Giunta e avvio della fase costituente sembravano a portata di mano, anche come atto liberatorio da una cronaca rissosa e miseranda che sembrava mettere tutti contro tutti. Ma la maledizione della "politica politicante", che da anni ormai tarpa le ali in Trentino e quindi anche in Regione ad ogni serio progetto di riforma, anche questa volta ci ha messo lo zampino. Per dispetto a Margherita Cogo e al suo partito, i DS, le dimissioni non sono state seguite da quelle del resto della Giunta, che lo ha fatto solo quando quelle della presidente erano state accettate, lasciando al timone di un governo senza ormai nessun credito i massimi responsabili della disinvolta gestione del pubblico denaro: Grandi e Atz.

Il risultato è che sono passati ormai 60 giorni dalle dimissioni della presidente, 40 dalle dimissioni dell’intera Giunta e cosa fa il Consiglio regionale? Rinvia il tutto al 12 marzo: un altro mese perduto, un’altra picconata alla possibilità effettiva dell’assemblea regionale di por mano allo Statuto e di avviare appunto la fase di costruzione di una Regione nuova. La sfasatura dei tempi di partiti e istituzioni rispetto a quelli maturi nel dibattito culturale e nella consapevolezza dei cittadini è emerso nel convegno promosso dai DS del Trentino venerdì 15 febbraio.

Relazioni interessanti, anche inedite nelle loro argomentazioni. Bruno Dorigatti, della CGIL trentina, ad elencare motivando i temi dell’economia e del lavoro, dell’innovazione, della formazione, della previdenza come terreno ineludibile per riempire i contenuti della "scatola" della Regione nuova. Lo storico Günther Pallaver a dare rigore ad un dibattito giornalistico spesso viziato da disinvolte approssimazioni su terreni delicati e ad affermare che la Regione che verrà o sarà frutto di una libera contrattazione fra Trento e Bolzano, o non sarà. E a confermare con i dati delle ricerche dell’Università di Innsbruck gli orientamenti emersi dal sondaggio del giornale Alto Adige: sui temi dell’economia più che su quelli della storia comune c’è ampio consenso nel Trentino e nel Sudtirolo a sostenere una nuova esperienza regionale. Il tempo dell’autocompiacimento per il piccoli e soli, è alle spalle nel sentire diffuso della gente. Un tema riproposto con vigore da Hans Peterlini, direttore del settimanale FF, che ha dilatato le prospettive e le speranze di ruoli della nuova Regione oltre i confini attuali, perché c’è bisogno di "incontri" con il Nord e con il Sud, salvando con questo anche le radici antiche, l’essere fatti, in gran parte, trentini e tirolesi della "stessa pasta".

La posizioni che due mesi fa "Costruire Comunità" aveva espresso, addirittura nella stessa sala, erano così riprese anche dall’impegno politico dei DS: Giunta subito, fase costituente subito.

Ma mentre questo si diceva a Trento, come abbiamo ricordato, si smentiva a Bolzano, con il rinvio del Consiglio alle calende greche o se si vuole alle "idi di marzo", con i DS, isolati e minoritari, a chieder conto di tempi, dignità, progetti.

Non è una posizione facile quella della sinistra trentina: stretta fra l’incudine di tener ferma un’alleanza con una Margherita che sul tema si comporta come una sfinge preoccupata solo di non turbare gli equilibri politici nella provincia di Trento e con la SVP compatta nel liquidare la vecchia Regione, ma meno interessata a costruire la nuova, e dall’altra il martello di quanti - e sono tanti - vogliono uscire dal tunnel del discredito e della paralisi.

Ci sarebbe bisogno di un atto politico forte, per uscire da una routine fatta di "beghe", di miserie. Per questo un convegno, per quanto bello, utile e importante non basta. Anzi, se lasciato senza conseguenze operative diventa un altro boomerang: la descrizione di come si potrebbe essere e di come non si è. E’ già successo un anno fa con la Val Jumela e la politica per la montagna: idee lungimiranti, ottimi propositi, e poi disastrosi cedimenti.

C’è un’occasione da cogliere subito. Quella di far pesare un diffuso sentire popolare, facendone avvertire la presenza dentro il Palazzo: attraverso una diffusa iniziativa per le nostre città e per le nostre valli, raccolte di firme e consensi, discussioni attorno alle linee del progetto, come si è delineato anche la scorsa settimana; per poi portarne il peso sui tavoli della politica. Abbiamo visto che le idee ci sono e gli uomini disponibili a spendersi pure.

Se si aspettano altre settimane tutto sarà di nuovo triturato dalla quotidianità, e delle buone idee di un convegno rimarrà solo la frustrazione di chi vi ha, con passione, partecipato.