Menù
Home
QT
Questotrentino
Mensile di informazione e approfondimento
Utente
Cerca

L’apostolo dell’amore

Silvio Berlusconi annuncia una nuova era dell'amore, portata agli italiani dal suo governo.

C’è qualcosa di ambiguo nel precetto evangelico "ama il prossimo tuo come te stesso". Contiene l’esortazione edificante ad amare il prossimo ma ne determina il modo e forse anche la misura comparandoli all’amor proprio, cioè all’amore che ciascuno nutre per se medesimo. Una prima interpretazione è che, poiché si presume che l’amore per sé sia sconfinato, altrettanto senza limiti debba essere l’amore per gli altri. Ma in ciò si nasconde anche l’ambiguità, poiché è del tutto ragionevole che, per calcolare l’amore da destinare al prossimo, uno avverta prima l’esigenza di verificare quanta sia la parte di amore riservata a se stesso. Solo dopo avere soddisfatto questa razionale necessità egli è in grado di commisurare la generosità da prodigare a chi lo circonda.

Badate che queste riflessioni non sono una astratta esercitazione del tutto priva di riferimenti concreti. Esse servono per meglio capire la nuova era dell’amore annunciata dal capo del governo, il quale, dopo aver fondato la casa della libertà, si è proclamato anche il vero profeta dell’amore.

Mentre l’opposizione sarebbe portatrice solo di odio, egli, il suo governo e la sua maggioranza sono invece i nuovi apostoli dell’amore. Che appunto con sistematico scrupolo hanno cominciato a sperimentare prima la quantità di amore da destinare a lui, il centro motore di questa onda benefica.

Con amorevole premura Camera e Senato hanno sollevato il premier dal fastidio di alcuni sospetti che avesse falsificato i bilanci delle sue società.

Lo hanno protetto dall’insidia che lo minacciava attraverso alcune rogatorie estere formalmente poco scrupolose.

Hanno rimosso odiosi ostacoli fiscali che avrebbero potuto intralciare la sua ben nota munificenza. Hanno semplificato le procedure per fargli riciclare capitali inavvertitamente dimenticati all’estero. Stanno per togliergli la spina pungente di un conflitto di interessi che lo angustia e che frena il suo fervore operativo. Dieci mesi di governo e creatività normativa che hanno rappresentato un mai visto così impetuoso flusso d’amore per una sola persona, al tempo stesso autrice e beneficiaria di tanta grazia di Dio.

Ma l’effusione di buoni sentimenti ha preso anche altre direzioni. Per ora sono solo buone intenzioni, ma luminose e sicuramente sincere.

Sollevare i magistrati dall’oneroso compito di scegliere, fra le tante notizie di reato che inturgidiscono i loro uffici, quelli da perseguire prima; liberarli dal brigoso compito di dirigere le indagini, sempre più complicate; privarli dell’antipatico dovere di giudicare in sede disciplinare i propri colleghi: sono misure che alleggeriscono la responsabilità e rendono più serena la vita, e solo un sentimento di amore le può ispirare.

Tolleranza zero verso gli immigrati irregolari: anche questo è un grido d’amore. Devono capire che la loro felicità, oltre che la nostra, può realizzarsi se stanno nel loro paese, assieme alla loro famiglia. I metodi un po’ rudi di farglielo intendere sono dolorosi ma necessari per il loro, ed il nostro, bene.

Ma il più grande atto d’amore è il licenziamento senza giusta causa. E’ un atto d’amore rivolto, per ora, al padroncino che può sbarazzarsi di un dipendente senza la preoccupazione di doverne dare una motivazione. Ma anche verso il licenziato che si prende, in una volta sola, alcune mensilità di salario senza far nulla. E magari avrà anche la felicità di vedere assumere, al suo posto, addirittura suo figlio, al quale sarà garantita la fortuna di godere della sua stessa gratificante esperienza, cioè di essere a suo volta licenziato, sia pure senza giusta causa, ma con un indennizzo in nuovi euro.

Di buone intenzioni, si dice, sono lastricate le vie dell’inferno. Lo sono anche quelle di questo mondo. Di esse e dello sperticato amore per se stesso del nostro capo del Governo dovremmo averne abbastanza.