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Vertenza tirolese: dieci anni dopo

Nel 1992 si chiudeva la vertenza tra Italia e Austria sull'autonomia del Sudtirolo: gli abitanti di questa terra decidevano di vivere insieme.

Sono passati dieci anni dalla chiusura della controversia fra Italia e Austria, aperta davanti alle Nazioni Unite nel 1959 da un intervento dell’allora cancelliere austriaco Bruno Kreisky. Kreisky intervenne a sostegno della minoranza di lingua tedesca, e il risultato del dibattito fu una risoluzione, ribadita poi un anno dopo, che invitava i due Paesi vicini a dialogare allo scopo di attuare l’accordo firmato da Degasperi e Gruber nel settembre del 1946, in margine alla stipula del trattato di pace fra Alleati e Italia a conclusione della seconda guerra mondiale. Il Sudtirolo rimase territorio italiano, ma alla minoranza furono riconosciute alcune norme di tutela.

1946: l’accordo Degasperi-Gruber

La mancata attuazione dei contenuti dell’accordo portò a dissapori e anche al terrorismo, e fu in seguito alla risoluzione dell’ONU che vennero iniziate le trattative che condussero all’approvazione del pacchetto e all’approvazione del secondo Statuto d’Autonomia. Ma non si può dire che tutto si concluse con il secondo statuto. Al contrario l’Autonomia come oggi la conosciamo ha molto a che fare con l’attuazione durata vent’anni, che ha trasformato il complesso di norme da strumento di tutela delle minoranze nazionali a strumento dell’autonomia territoriale.

Per questo nel 1992, quando in Europa già si andavano rafforzando le tentazioni secessioniste e lo spostamento dei confini non era più un tabù, come era stato fino al 1990, la maggioranza delle forze politiche e dei gruppi linguistici dell’Alto Adige affermarono il loro consenso alla soluzione costruita nel tempo, riconoscendole originalità, consistenza, ragione di sicurezza.

"Non riesco a non provare una certa euforia per la chiusura della vertenza sudtirolese. Per quanto le vicende pubbliche e storiche non siano determinanti dei sentimenti personali, la speranza che il Sudtirolo si sia avviato a diventare ciò che i suoi abitanti desiderano, e cioè un luogo dove tutti possono guardare ad un futuro sereno e rispettato per sé e per i propri figli, non può non essere causa di contentezza per coloro che hanno conosciuto i tempi difficili e hanno lottato per questo risultato, dando contributi diversi a seconda delle loro responsabilità, ma tutti ugualmente necessari". Questo l’inizio di un articolo che chi scrive pubblicò sui giornali locali il 9 giugno 1992, per esprimere un sentimento forte e diffuso di sollievo. Più volte ho avuto modo di scrivere sulle pagine ospitali di Questotrentino e anche su altri giornali, che desta meraviglia che una data così cruciale per la storia del Sudtirolo sia stata messa da parte, e quasi dimenticata.

Eppure la chiusura della controversia ha un significato profondo. E’ il momento in cui gli abitanti di questa terra contesa, dopo settant’anni di conflitti, decidono di accettare di vivere insieme; rinunciano ad espellere gli altri (di volta in volta gli uni o gli altri); riconoscono nell’assetto istituzionale trovato con tanta fatica una base di garanzia per tutti i gruppi. La soluzione sudtirolese si pone da questo momento come un esempio positivo, originale ed esemplare di scelta della convivenza. Si apre un’era nuova, dove la responsabilità di ciò che accade non può più essere attribuita a Roma o a Vienna, ma si deve contare su sé stessi, nel bene e nel male.

Nell’era nuova, questi dieci anni, non tutti e non subito hanno preso atto della nuova situazione. Coloro che erano contrari alla chiusura, continuarono per alcuni anni a vagheggiare autodeterminazione e secessioni più o meno striscianti, incuranti degli effetti devastanti che negli stessi anni l’autodeterminazione aveva provocato nella vicinissima ex-Yugoslavia. L’ingresso dell’Austria nella Unione Europea è stato l’avvenimento che ha consolidato la chiusura, cambiando il quadro di riferimento e contribuendo a costituire una situazione stabile, perché aperta alla collaborazione senza sospetti di secondi fini nazionalisti.

Esistono dunque ragioni concrete e convincenti per celebrare il decennale di questo straordinario fatto. Riflettere sui dieci anni trascorsi è indispensabile per poter andare avanti con la consapevolezza necessaria ad una realtà complessa e riconosciuta per caratteristiche storico-giuridiche, giustamente, come "speciale".

E’ necessario anche per poter affrontare i cambiamenti che devono essere introdotti in seguito alle modifiche del quadro di riferimento nazionale ed europeo.