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La scuola e il piacere di leggere

I giovani leggono poco, ma gli adulti ancora di meno. Da L’Altrapagina, mensile di Città di Castello.

Paolo Fossati

Che in Italia si legga poco rispetto ad altri paesi europei altrettanto e più industrializzati di noi, è cosa nota. Di conseguenza non è possibile aspettarsi che indagini sulla lettura tra i giovani adolescenti diano risultati clamorosi di diversa tendenza.

E però occorre evitare di ripetere il luogo comune secondo cui i giovani di oggi leggono poco, mentre una volta... Già Rodari nel suo "Giornale dei genitori", (anni ‘60), elencando i "Nove modi per insegnare ai ragazzi a... odiare la lettura", reagiva a questa affermazione osservando: "Una volta quando? Cent’anni fa, quando 60 italiani su 100 non sapevano leggere? Vent’anni fa, quando avevamo ancora una decina di milioni di analfabeti? Chi leggeva di più? Forse leggevano i ragazzi della buona borghesia, o piuttosto alcuni di loro: una piccola minoranza di una minoranza". E per quelli che additavano la tv come causa di quel presunto decadimento della lettura, aveva parole altrettanto nette, avvertendo contro il rischio di contrapporre lettura e tv, lettura e altri generi, allora banditi nelle famiglie colte, come il fumetto o il giallo. Anche perché, questo era il senso del suo ragionamento, non si può imporre un piacere (quello della lettura) negandone un altro (quello della televisione).

Se i giovani non leggono molto - il 61 % degli studenti della nostra indagine (vedi scheda nella pagina a fianco) legge da 1 a 4 libri l’anno, con un 22% che non ne legge neanche uno - dobbiamo però riconoscere che gli adulti leggono ancora meno, visto che gli italiani che nel 2000 non hanno letto nemmeno un libro sono il 61,4%. Dati che potremmo incrociare con quelli di un’indagine internazionale condotta sempre nel 2000 dall’Ocse, sui livelli di competenza alfabetica nella popolazione adulta dei principali paesi industrializzati. Questa indagine ha rilevato che oltre il 25% di italiani (composto dal 10,4% dei diplomati, 7% dei post-diplomati e 8% dei laureati e oltre) non è in grado di comprendere bene un testo in prosa di comune difficoltà.

E’ presumibile che questo 25% sia composto tutto da persone che non leggono mai né un libro, né un giornale, né altro. E scopriamo che solo il 17,85% dei laureati è in grado di comprendere pienamente testi in prosa di una qualche complessità. Tutto questo ci suggerisce alcune riflessioni meno affrettate sui giovani e la lettura o sui pericoli della multimedialità, di cui spesso sentiamo parlare per spiegare (senza riuscirci) la disaffezione al libro.

Scrive il grande psicanalista viennese Bruno Bettelheim che "purtroppo, la lettura è insegnata il più delle volte come capacità di decifrare e il decifrare è essenzialmente una attività priva di significato, un processo di mero riconoscimento".

Ciò dipende dalla caratteristica delle lingue alfabetiche, per cui il segno e il suono non coincidono con l’oggetto, ossia col significato. Per questo, appreso il sistema dei segni, è possibile una lettura corretta ma senza comprensione. Tale fenomeno è più ridotto nei confronti delle immagini, che denunciano più chiaramente le loro categorie di appartenenza. Difficoltà in questo caso si pongono soprattutto nella comprensione del contesto e delle relazioni tra immagini.

In realtà un processo positivo di lettura si realizza solo attraverso la comprensione e l’interpretazione del testo. E’ qui che entrano in gioco le strategie del lettore da un lato e quelle del tipo di testo dall’altro ed è dal loro incontro che scaturisce la comprensione profonda dei significati. Per questo l’approccio alla lettura dovrebbe sempre essere significativo anche e soprattutto nelle fasi iniziali del suo apprendimento da parte dei bambini. "L’apprendimento, in particolare l’apprendimento della lettura - sostiene ancora Bettelheim - deve dare al bambino la sensazione che grazie ad esso nuovi mondi saranno aperti alla sua mente e alla sua immaginazione".

La letteratura è nata nei popoli antichi non come esigenza pratica di comunicazione, ma come strumento per esplorare il significato dell’esistenza e dell’ordine delle cose. Se si trasmette al bambino l’idea che la lettura è "fonte d’illimitate conoscenze e delle più squisite esperienze estetiche", anziché puro strumento pratico di sopravvivenza (leggere, scrivere e far di conto), allora si evita la divaricazione tra piacere e lettura.

La scuola ha un ruolo decisivo. E’ a scuola che s’impara a leggere, è a scuola che si costruisce una relazione con il libro e la lettura. La lettura in classe è da questo punto di vista uno strumento importante per avvicinare al fascino del libro purché sia svolta regolarmente dagli insegnanti. Dovrebbe essere un regalo di inestimabile valore che si fa ai ragazzi stimolandone il piacere per l’ascolto e dilatandone i tempi di attenzione. Al contrario la pratica generalizzata di fare esercizi di comprensione sul testo di narrativa non può che ottenere l’effetto di far vivere la lettura e il libro come un dovere, un compito, allontanando (forse per sempre) la voglia di leggere.

Forse dobbiamo porci il problema del superamento di una visione puramente alfabetica del mondo, una visione che riduce tutto al codice scritto, che produce testi scolastici di storia dell’arte in cui le immagini sono accessorie rispetto allo scritto, testi di educazione musicale in cui il non verbale è un pretesto per produzioni verbali. Pensiamo anche ad alcuni eventi sportivi visti in tv in cui le immagini diventano un pretesto per un parlato abbondante: le partite, le gare di formula 1. E’ allora più intelligente l’operazione del pubblicitario che integra la sequenza di suoni della quinta di Beethoven con immagini di oggetti e fatti visivi. Paradossalmente farebbe molto più bene alla scrittura e alla lettura una drastica riduzione del suo consueto uso scolastico e una sua destinazione per gli scopi per cui è insostituibile, in una visione ipermediale dei testi. Impariamo dai bambini ad aver fiducia nella moltiplicazione delle fonti di esperienza: a immergerci nella realtà che ci circonda e in cui si incontrano oggi tre grandi tradizioni: la stampa con la sua analiticità e sistematicità; la televisione con il suo fascino; l’interattività dei videogiochi con la possibilità di modificare le azioni degli oggetti in base alle proprie scelte

Non possiamo perciò continuare a stupirci perché i ragazzi leggono meno di quanto vorremmo (ma noi quanto leggiamo?), e dovremmo cominciare ad accettare le letture che preferiscono, fornendogli la scelta più ampia possibile di testi, ma lasciando che il libro sfugga al nostro controllo direttivo sulle cose giuste e sbagliate e si lasci contaminare dalla cultura multimediale.

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