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QT n. 20, 23 novembre 2002 Monitor

I duetti di “Itinerari Jazz”

La pregnanza del duo nel jazz, nelle raffinate interpretazioni di Jim Hall e Charlie Haden, Rita Marcotulli e Lennart Aberg.

Giuseppe Segala

La parte centrale della programmazione di "Itinerari Jazz" a Rovereto è stata dedicata all’organico del duo, che nella storia del jazz ha avuto grande importanza e notevoli sviluppi fin da quando Louis Armstrong ed Earl Hines si cimentarono in una serie di duetti, registrati nel 1928. Proprio per la sua natura fortemente impostata sul dialogo e sull’ascolto reciproco, la musica afroamericana ha trovato un contesto stimolante nell’incontro a due, dove si allentano le strutture coercizzanti e si esalta la capacità dei musicisti di inoltrarsi nei territori più profondi della loro indole.

Charlie Haden.

Il contrabbassista Charlie Haden e il chitarrista Jim Hall hanno sviluppato al massimo grado di raffinatezza e pregnanza tali premesse, offrendo al Teatro Rosmini lo scorso 9 novembre un concerto intenso, giocato sulle dinamiche più sottili e penetranti, sulla costante permutazione timbrica, sulle emozioni sviluppate in modo sfumato e segreto. Se un parallelo può essere fatto con altri ambiti musicali, quella più vicina a questo approccio può essere la foresta oscura di Debussy, "dove bisogna camminare con precauzione". L’istante, come nel musicista francese, assurge nel caso di Hall e Haden a momento che esprime l’essenza. La concentrazione del senso si esprime nelle intensità diafane, nell’assoluta distanza da qualsiasi cliché. Il frequentatissimo "All The Things You Are" viene così sfrondato della celebre sequenza armonica, si scioglie in rivoli di melodia sulla chitarra di Hall, che sottovoce narra una nuova storia. Haden fa vibrare le corde del contrabbasso come fossero fibre di un organismo vivente e il brano dal suo ultimo album, "American Dream", si rivela frutto di uno stato di grazia.

La seconda tappa del viaggio dentro questa forma dialogica è stata affidata alla pianista Rita Marcotulli e al sassofonista svedese Lennart Aberg: due musicisti che si frequentano da lungo tempo, fin dal soggiorno scandinavo della pianista romana negli anni Ottanta. La fisionomia del duo è molto differente: in questo caso non prevale l’osmosi di due personalità, ma c’è il contrasto tra la solarità aperta, spesso danzante e ricca di digressioni della Marcotulli, e il rigore espressivo di Aberg, che controlla magistralmente i propri strumenti ed evidenzia nei propri brani una felice vena compositiva. Il concerto, pur ricco di stimoli, è più discontinuo del precedente, ma alimentato da momenti di grande forza, come la ballad "In Memoriam" di Alberg.

L’ultimo appuntamento proposto dalla rassegna roveretana, il prossimo 29 novembre al Rosmini, vedrà impegnato un trio tutto italiano, guidato dal pianista Enrico Pieranunzi.

Enrico Pieranunzi.

Musicista che ha trovato in Bill Evans il punto di partenza per un’originale escursione nel jazz contemporaneo, Pieranunzi ha sempre focalizzato nell’organico di trio la sua vena più articolata e profonda, registrando moltissimi dischi negli anni scorsi insieme al batterista Fabrizio Sferra e al bassista Enzo Pietropaoli. Il loro lavoro ha toccato sia la rivisitazione di celebri standard che lo scandaglio di ambiti più aperti, in cui l’interplay ha raggiunto livelli di grande intensità.

A Rovereto il pianista romano presenterà una nuova versione del trio, ancora con Sferra alla batteria e con un giovane contrabbassista che si inserisce tra i solisti più interessanti della nuova scena nazionale, Luca Bulgarelli.

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