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QT n. 22, 21 dicembre 2002 Servizi

Mandacarù a Mezzolombardo

Il commercio equo e solidale apre una bottega nella Piana Rotaliana. E fra breve anche a Cles e a Tione.

Domenica scorsa la Cooperativa Mandacarù ha aperto una bottega a Mezzolombardo. I volontari della piana Rotaliana e della bassa val di Non hanno deciso di mettere a disposizione del commercio equo e solidale un poco del loro tempo libero. Ora si spera che la popolazione risponda adeguatamente all’impegno del gruppo frequentando il nuovo punto vendita di via Emanuele di Varda, nel vecchio rione del Borghet, a poca distanza dal parcheggio del campo sportivo e dall’incrocio con la statale della Val di Non. La bottega di Mezzolombardo è la settima delle strutture aperte da Mandacarù nell’ambito di una crescita continua e, in questi ultimi anni, perfino travolgente. Tra poco, infatti, sono previste aperture anche a Cles e Tione. Basti pensare che la cooperativa fondata da pochi pionieri, in dieci anni è arrivata a contare oltre 1.500 soci.

"Commercio invece che aiuto" è lo slogan che racchiude la filosofia del commercio equo e solidale. Un commercio alternativo che a partire dagli anni ‘60 è andato sviluppandosi soprattutto in Europa e in particolare nei Paesi del Nord (Olanda, Germania, ecc.). Ma da una dozzina d’anni questo commercio si sta espandendo anche in Italia, dove già si contano alcune centinaia di botteghe e punti vendita. In Trentino, i prodotti del commercio equo e solidale sono distribuiti dalla cooperativa Mandacarù, che gestisce le botteghe di Trento, Rovereto, Riva del Garda, Predazzo, Lavarone, Fiera di Primiero e Mezzolombardo. Le botteghe di Mandacarù sono dei negozi un po’ particolari ma anche un punto di riferimento per buona parte di quel movimento pacifista critico verso il modello economico attuale.

In quello che chiamiamo Terzo Mondo, fame e miseria non sono un destino inevitabile. Sono il frutto di un sistema di dominio che nel commercio internazionale trova uno dei suoi pilastri. I Paesi del Sud del mondo esportano soprattutto materie prime (circa l’80% delle loro esportazioni); nello stesso tempo importano manufatti dai Paesi del Nord, con una quota che supera il 70% delle importazioni. Ma sono le ragioni di mercato, dominato dalle multinazionali del Nord, a fissare le condizioni dello scambio. Di fatto, i Paesi del Sud non sono in grado di controllare il prezzo dei loro prodotti.

Circa un miliardo di persone è malnutrito e 30 milioni muoiono ogni anno a causa della sottoalimentazione. Il commercio equo e solidale parte da queste considerazioni. La logica dello "scambio ingiusto", con un’offerta debole e disorganizzata da una parte, e una domanda forte e sleale dall’altra, è rotta dalla logica dello "scambio equo e solidale", che prevede una giusta retribuzione per i produttori. Ed i prodotti di questo commercio evitano l’intermediazione delle grosse compagnie multinazionali, che impongono a contadini e artigiani di Africa, Asia e America Latina delle condizioni capestro. Basti l’esempio del caffè, il cui prezzo internazionale ha subito in questi ultimi dieci anni oscillazioni incredibili: ma il prezzo pagato dal commercio equo solidale ha seguito il prezzo delle borse solo in parte, non scendendo mai al di sotto di un certo prezzo minimo garantito di 120 dollari la libbra, mentre il prezzo del cosiddetto mercato libero è precipitato ora invece verso i 50 dollari. La stabilità del prezzo garantisce ai produttori la possibilità di programmare seriamente la propria attività, senza contare il fatto, fondamentale, che i produttori che forniscono i prodotti al circuito del mercato equo e solidale ricevono un congruo anticipo prima della consegna del prodotto. Il prefinanziamento ai contadini o agli artigiani che collaborano con il commercio equo consente loro di evitare lo strozzinaggio.

La strategia scelta dal commercio equo e solidale si basa su alcuni principi operativi: contatto diretto coi produttori organizzati in piccole leghe o cooperative di villaggio evitando l’intermediazione dei grossisti; garanzia di un’equa retribuzione; mantenimento di una struttura artigianale della produzione; trasparenza del prezzo del prodotto; garanzia che i prodotti sono realizzati con materie prime locali ed il più possibile lavorati e finiti sul posto.

La rete italiana del commercio equo e solidale intrattiene rapporti in forma continuativa con più di 120 gruppi di produttori organizzati in forma comunitaria (in 34 paesi), con cui collaborano circa 40.000 persone. Tanto e poco nello stesso tempo, ma con punte di pregio come la grande quantità di banane equadoriane commercializzate, anche con qualche inevitabile polemica, in una grande catena di supermercati nazionali.I beni che si possono acquistare in una bottega del commercio equo e solidale, sono di due tipi: gli alimentari (caffè, thé, cacao, zucchero, spezie) e i prodotti dell’artigianato locale.

Il commercio equo e solidale intende allargare il settore dei "consumatori critici". E chi entra in una di queste botteghe può ottenere informazioni sulla qualità, sul prezzo, sul Paese di provenienza, sui produttori e sul mercato. Non è poco, perché chiunque, al momento della scelta, ha un suo potere, che è un potenziale di cambiamento.