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Il punto sulla “devolution”

La secessione morbida del ministro Bossi.

La proposta di legge presentata dal senatore Bossi e approvata dal al Senato, va sotto il nome di devolution. Il termine anglosassone in linguaggio politico significa "decentramento": spostamento di poteri dal centro alla periferia.

Chi può essere contrario? Eppure si sono accese violente polemiche nel mondo politico, anche all’interno della maggioranza di centro-destra. Il ministro Buttiglione, per esempio, ha dichiarato in una intervista a La Repubblica: "Non voterò una legge che può sfasciare l’Italia". Spero, per il bene del suo naso, che non faccia come Pinocchio.

Ma perché tanto allarme? Un decentramento troppo spinto può diventare centrifugo, dissolvente. A questo proposito l’on. Bassolino, presidente della Campania, ha detto: "La ‘devolution’ divide, separa, spacca". A sua volta il senatore Mancino, del Centro Cattolico Democratico, ha lanciato il suo allarme: "Bossi e la Lega sono passati dalla secessione gridata a quella progettata attraverso il disegno di modifica istituzionale".

Non è facile per i non addetti ai lavori orientarsi nel progetto di modifica costituzionale presentato da Bossi per il titolo V. Esso è composto da 4 lunghi articoli nelle cui pieghe si nasconde il veleno della secessione. Per esempio, l’attuale articolo 117 riserva allo Stato la legislazione esclusiva in materia di "norme generali sull’istruzione": la scuola cioè viene considerata un servizio pubblico nazionale. Nella proposta di modifica dell’articolo 117 la dizione scompare, e riappare invece nelle materie di legislazione concorrente con questa formula: "definizione di programmi scolastici ed educativi, organizzazione scolastica".

Non sembrerebbe cambiato quasi nulla: la legislazione da esclusiva diventa concorrente, fatta cioè da Stato e Regioni insieme. Ma il capoverso successivo dispone che "nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa". Se la proposta diventerà legge non è esagerato ipotizzare che non ci sarà più un unico sistema scolastico nazionale, ma 20 quante sono le Regioni.

Non basta. Il passo successivo trasforma la legislazione concorrente (che riserva allo Stato la determinazione dei principi fondamentali) in esclusiva non solo per la scuola, ma anche per l’assistenza e l’organizzazione sanitaria e per la polizia locale. La lettera q) dell’articolo 2 dice testualmente: "Ciascuna Regione può attivare la propria competenza legislativa esclusiva per le seguenti materie: assistenza e organizzazione sanitaria; organizzazione scolastica, gestione degli istituti scolastici e di formazione; definizione della parte dei programmi scolastici e formativi di interesse specifico della Regione; polizia locale".

Se la proposta di Bossi diventerà legge vi è la possibilità concreta che l’Italia, anziché "una e indivisibile" come vuole l’articolo 5 della Costituzione, si divida in 20 staterelli regionali, alcuni grandi e altri piccoli, alcuni ricchi e altri poveri, per quanto attiene alla scuola, alla sanità e alla polizia locale.

Ha ragione dunque l’on. Buttiglione (ministro di Berlusconi e collega di Bossi) nell’affermare che "introducendo la competenza esclusiva delle Regioni, senza riconoscere alcun potere di coordinamento allo Stato, si sfascia l’Italia".

In effetti se la competenza in materia di sanità, scuola e polizia locale sarà esclusivamente delle Regioni, non si comprende quale ruolo avrà lo Stato nella definizione dei livelli essenziali dei servizi, della perequazione delle risorse e di valorizzazione della cultura nazionale. Non si capisce inoltre come in questo quadro normativo possa ancora avere un senso l’articolo 3 della Costituzione che afferma l’eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e sancisce l’obbligo della Repubblica di rimuovere gli ostacoli che di fatto limitano tale eguaglianza.

Perfino il senatore Domenico Fisichella, di Alleanza Nazionale, ha riconosciuto il carattere eversivo della devolution affermando che "la cosiddetta devoluzione non è che il primo passo di un ulteriore processo di revisione della Costituzione volto al ribaltamento completo dei caratteri dello Stato nazionale".

Per riconoscimento dunque di un illustre rappresentante della maggioranza di centro-destra l’opposizione alla devolution da parte dell’Ulivo è un dovere costituzionale