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Devolution e/o federalismo

Il vero centralismo di Tremonti e il falso federalismo di Bossi

Michele Guardia

Sette misere righe: è questa la devolution di Bossi, che per l’Ulivo intaccherebbe addirittura l’unità nazionale. Si tratta dell’attribuzione alle Regioni di competenze esclusive su assistenza ed organizzazione sanitaria, organizzazione scolastica e polizia locale. Aria fritta. Già attualmente, infatti, sanità e scuola sono materie di legislazione concorrente tra Stato e Regioni, mentre sulla polizia la competenza è dello Stato "ad esclusione della polizia amministrativa locale".

Ed il progetto di Bossi non modifica né cancella nulla, ma si limita soltanto ad aggiungere quelle sette righe. Di più: la Costituzione stabilisce già oggi che "spetta alle regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato", e che "nelle materie di legislazione concorrente spetta alle regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali". Come dire: già oggi le Regioni, se lo volessero, potrebbero legittimamente legiferare su sanità, scuola e polizia locale. E su queste stesse materie lo Stato potrà continuare ad emanare i principi fondamentali, anche dopo l’eventuale approvazione della devolution di Bossi.

Ma mettiamo pure che questo progetto serva a specificare meglio (boh!) che su taluni argomenti la competenza delle Regioni sarà esclusiva anziché concorrente. La verità è che azzuffarsi sulla ripartizione delle competenze è inutile: a prescindere da quanto si stabilisce con le leggi, oggi è inevitabile che tutti i livelli concorrano a determinare le scelte su ciascuna materia. In Germania i Länder non hanno competenze esclusive su nulla, tutte le competenze sono concorrenti tra essi e lo Stato, eppure quel Paese è un modello di federalismo.

A stabilire se un Paese è federalista o centralista sono altre cose: è la presa di coscienza, da parte dei cittadini, del diritto all’autogoverno; ed è, soprattutto, la possibilità delle periferie di avere forza contrattuale nei confronti del centro.

Se Bossi volesse davvero un ordinamento federale, si batterebbe per istituire la Camera delle Regioni, prevedendo che attraverso di essa passino le leggi finanziarie. E una cosa è certa: una Camera delle Regioni non avrebbe mai approvato la finanziaria appena varata dal Parlamento.

Qui sta il punto: mentre Bossi gioca alla devolution, il centrodestra si dimostra campione di centralismo. Anziché attuare i principi del federalismo fiscale, nella finanziaria si è stabilito che la ripartizione dei fondi erariali tra Stato ed enti locali sarà, a differenza del passato, fissata unilateralmente da Roma. Cosicché Berlusconi taglierà le tasse statali e gli enti locali dovranno aumentare le proprie. Insomma, lo Stato allunga le mani nelle tasche delle Regioni.

Ma c’è di peggio. Col condono fiscale non ci si è limitati a perdonare, ancora una volta, i furbi che hanno evaso le tasse statali, ma - novità - si perdonano anche quelli che hanno evaso le tasse locali. Uno non paga l’Ici al Comune di Trento e a perdonarlo non è Pacher, bensì Berlusconi!

Se a tutto questo aggiungiamo la paralisi della Commissione dei 12 e le esternazioni del Ministro Lunardi, che pur di fare la Pirubi vorrebbe togliere al Trentino nientemeno che l’urbanistica, il quadro è completo.

Altro che "attacco all’unità della nazione": qui siamo di fronte ad un centralismo da ventennio fascista.