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QT n. 6, 22 marzo 2003 Servizi

Fantacronache diocesane

Da quando Morandini aspirava ad essere candidato della Casa delle Libertà, aveva elaborato delle proposte di esuberante apertura culturale...

I l vescovo Bressan non aveva perdonato a don Farina di averlo definito culturalmente fragile. Non potendo sospenderlo a divinis lo aveva sospeso, tout court, per i piedi. Due giorni e due notti. Dopo questo episodio il clima in diocesi si era fatto più disteso ed era sorto un nuovo fervore di attività.

Gli affari dell’I.S.A., la finanziaria della Curia, andavano a gonfie vele. Il sacro Pil diocesano cresceva bene e nel giorno della santissima Quattrinità veniva esposto al pubblico e portato solennemente in processione.

Il processo di beatificazione di Alcide Degasperi non faceva un passo avanti; quello di Kessler ne aveva fatti due indietro; per Piccoli, da solo, non c’era alcuna speranza, però, insieme con Rumor e Bisaglia si poteva ancora fare (Besenello permettendo).

Pino Morandini era diventato motivo di grande imbarazzo per il vescovo. Da quando si era messo in testa di poter essere il candidato della Casa delle Libertà aveva elaborato un programma di esuberante apertura culturale: insegnamento della religione cattolica obbligatorio per tutti dall’asilo nido all’università, nonché nelle scuole guida, scuole di sci e scuole nautiche; attribuzione della piena capacità giuridica al concepito, titolare di diritti ed obblighi. Ad esempio, se una donna incinta passa col rosso, la multa la paga anche il nascituro; raccolta differenziata degli assorbenti igienici per dare sepoltura agli ovuli non fecondati; censura su tutti gli spettacoli teatrali e musicali e, con zelo veramente eccessivo, anche sportivi. Aveva proposto l’oscuramento delle radio/telecronache delle partite di calcio cui partecipasse il giocatore turco dell’Inter Okan, per le assonanze blasfeme cui si presta il suo cognome, nella costruzione sintattica del genitivo: gol di Okan, scatto di Okan ecc.; messa al bando dal gergo sportivo del termine tecnico "fallo", per la valenza erotica in espressioni del tipo: fallo da dietro, fallo durissimo, fallo di sfondamento, fallo di mano, di piede, di testa, ecc.

La sua escalation era stata provvidenzialmente stoppata dal saggio Grigolli, che lo aveva tacciato di polacchità, l’accusa più infamante da quando era salito al soglio Karol Wojtyla.

Profonde innovazioni erano state introdotte nella liturgia. Per venire incontro ai cristiani tradizionalisti, senza peraltro scontentare gli autonomisti, era stata introdotta anche la messa in ladino. La celebrazione della messa normale includeva la lettura di una poesia del papa e, dopo lo scambio fra i fedeli del segno della pace, l’esecuzione dell’inno sacro "Imagine" di John Lennon. Era invece abitudine ormai consolidata, durante le solennità pasquali, che il vescovo si facesse lavare i piedi da dodici ex-democristiani e quando cantava il gallo li rinnegasse tre volte. Bressan aveva, infine, rinunciato al titolo di "eccellenza": chiamatemi padre, aveva detto, o se proprio volete, santo padre.

Rimaneggiamenti erano stati apportati alla struttura organizzativa. A don Cristelli era stata affidata la pastorale della caccia, a don Bombardelli quella della caccia agli islamici. La caccia alle streghe, sotto specie di medium e veggenti, era ancora orfana di titolare, ma non mancavano i pretendenti. Fra i lettori di Vita trentina era stato indetto un concorso a premi. Bisognava indovinare il nome di quel santo dell’Ottocento che aveva sentenziato: "Dentro una grande fede c’è sempre un dito grosso".

A livello dottrinale, il vescovo aveva solennemente affermato il valore della diversità e il seminario maggiore ospitava i senzatetto, di qualsiasi nazionalità, sesso, razza, colore, odore, sapore e religione. Ai divorziati era stata aperta la porta e per farceli stare si stavano ampliando tutte le chiese parrocchiali. Per l’occasione sarebbero state collocate anche nuove statue di Cristi sorridenti. Lo scultore De Carli era già stato allertato. Alle ragazze madri si offriva ogni forma di assistenza, a meno che non insegnassero religione nelle scuole statali. In quel caso gli si revocava l’idoneità e si provvedeva ad affidarle alla clemenza del braccio secolare (leggi Sovrintendenza scolastica).

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