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Ambientalisti-Dellai 3 a 0: “Così non si governa!” Appunto.

Sulla Jumela, sulla caccia, sull'inceneritore, tre altolà alla Giunta Dellai da tecnici e magistrati. “In questa maniera non si può governare!” è stata la reazione dell'esecutivo. Appunto.

Dopo il Tar con la Jumela (Jumela, la sentenza), in questi giorni altri due siluri hanno costretto la Giunta Provinciale a rimangiarsi altrettante decisioni prese con eccessiva unilateralità. Il Gruppo di Lavoro sui rifiuti ha affondato il mega-inceneritore e la Corte Costituzionale ha fatto altrettanto con la legge sulla caccia.

Tre sconfessioni, da organi tecnici e magistratura, su altrettanti temi caldi della politica ambientale della Giunta Dellai: vorrà pur dire qualcosa...

Ma andiamo per ordine.

Dunque, il Gruppo di Lavoro sui Rifiuti, formato da insigni tecnici del ramo, era stato istituito obtorto collo dalla Giunta per arginare la crescente ostilità sociale al progetto del mega-inceneritore (vedi Il primo dietro-front di Dellai).

Le conclusioni dei tecnici costituiscono una plateale sconfessione del progetto della Giunta. Dopo il primitivo pazzesco progetto di inceneritore da 330.000 tonnellate, come "compromesso" in seguito alle conseguenti proteste (il che già la diceva lunga sulla serietà dei lavori preparatori), Trentino Servizi (la ex-Sit, incaricata del progetto) e Dellai, in prima persona sponsor dell’operazione, tracciavano il limite delle 240.000 tonnellate, convalidato da un apposito studio del Dipartimento di Ingegneria Ambientale dell’Università di Trento. Bene, il Gruppo di Lavoro dimostra l’inconsistenza dei presupposti tecnici con cui si volevano difendere le 240.000 tonnellate.

Su tre punti. Primo: riabilita, anzi raccomanda di far precedere l’incenerimento dalla bioessiccazione, in quanto essa "consente... la riduzione delle quantità totali di rifiuto da destinarsi alla termoriduzione, e... gli impatti locali relativi alle emissioni", ossia si ha un inceneritore più piccolo e meno inquinante. Per chi (Dellai e l’assessore "verde" - si fa per dire - Iva Berasi, ma anche l’Università di Trento) aveva ripetutamente sentenziato l’inutilità, la non sicurezza, o addirittura la nocività del bioessiccatore, è una bella sberla ("Inquina 4 volte più dell’inceneritore" - aveva scritto la nostra Facoltà di Ingegneria: complimenti!).

Secondo: toglie dal conteggio delle tonnellate i fanghi dei depuratori, messi lì per fare numero.

Terzo: toglie anche le ecoballe attualmente a Ischia Podetti, che dovranno essere smaltite prima della costruzione dell’inceneritore, ma che invece - incredibilmente, come anche noi avevamo denunciato, Inceneritore: un'offesa per tutti – sia la Sit che l’Università avevano conteggiato per arrivare alle fatidiche 240.000 tonnellate.

In conclusione, rifatti tutti i conti e con un ulteriore compromesso nel Gruppo di Lavoro (al cui interno spingevano per tenere alto il dimensionamento il funzionario della Provincia dott. Matonti e i tecnici Giuliano del Politecnico di Milano storico propugnatore dell’incenerimento, e Ragazzi dell’Università di Trento, che continua nella serie di brutte figure), si stabiliva un dimensionamento fra le 140.000 e le 170.000 tonnellate/anno.

Sarà questo il punto di approdo?

Non sappiamo. Da parte della Giunta sono possibili ulteriori colpi di coda. D’altra parte, a questo punto, si affaccia l’ipotesi, già ventilata dentro il Gruppo di Lavoro, di non fare proprio l’inceneritore: il bioessiccatore infatti (anche per questo era stato così osteggiato) trasforma i rifiuti in Cdr, un combustibile che potrebbe benissimo essere bruciato nei cementifici trentini, probabilmente con emissioni meno impattanti delle attuali. E difatti contro l’inceneritore è sempre in piedi il referendum...

Comunque il Gruppo di Lavoro una cosa l’ha chiarita. La posizione della Giunta Dellai non aveva fondamenta tecniche ed era finalizzata a una sola cosa, il business: fare con l’inceneritore una mega-centrale elettrica, che sarebbe stato un mega-affare per il gruppo di potere dellaiano che gestisce Trentino Servizi.

Poi è arrivata la Corte Costituzionale, che ha stabilito che alcune parti della legge provinciale sulla caccia (che allungano il calendario venatorio e includono nelle specie cacciabili anche animali considerati protetti dall’Istituto Superiore della Fauna) sono inammissibili. Perché le norme nazionali devono essere recepite anche a livello regionale; non si può, in nome dell’Autonomia, farne strame.

I tre episodi dovrebbero far riflettere sul fatto che non si può governare una Provincia in base alle convenienze del momento, accontentare questo o quello in barba alle leggi; poi non motivare le proprie decisioni e mandare a quel paese i cittadini che protestano. In democrazia, dove esiste un bilanciamento dei poteri, questo metodo non porta da nessuna parte.

"Queste vicende evidenziano il pessimo rapporto delle nostre istituzioni con le proprie norme - commenta Giorgio Rigo di Italia Nostra - E’ da una decina d’anni che chi è al governo ritiene che l’istituzione, in quanto emana la norma, poi può non rispettarla. E questo è un vulnus alla democrazia."

Il problema è la formazione del consenso in una società complessa come la nostra. Già affrontato, proprio in merito alle realizzazioni con impatto ambientale, dall’Agenda 21 alla Conferenza di Rio, e poi fatte proprie dall’UE: "Si prevede tutta una serie di strumenti (forum di concertazioni, patti d’area, facilitatori) da istituire proprio per far confluire e confrontare, alla luce del sole, gli interessi toccati da una realizzazione. Da noi invece il governo preferisce contattare in separata sede, segretamente e bilateralmente, i singoli portatori di interesse.".

I risultati si vedono: attraverso la formazione del consenso è stato realizzato, con soddisfazione di tutti, il ponte di Copenaghen; da noi la Pat non riesce neanche a compilare il calendario venatorio.

"Qui c’è una logica tribale - prosegue Rigo - in base alla quale chi vince le elezioni fa quel che vuole, e motiva come gli pare. E persegue una politica di privilegi per singole categorie, di volta in volta i cacciatori e gli impiantisti. Il resto della popolazione non dovrebbe contare. Ma poi invece ci sono, nella nostra società, poteri di interdizione sociale e normativa, e tutto si blocca."

Adesso, almeno, hanno imparato la lezione?

Sembra proprio di no: "Dobbiamo avere più poteri" - ha proclamato Dellai dopo gli ultimi avvenimenti.

Di usare meglio, per tutti e non per pochi, i poteri che già si hanno, non si parla.