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Le piace Haydn?

A chi intitolare i teatri bolzanini? Una polemica sconfortante.

"Nato in umile condizione a Rohrau, dove si intersecano Austria, Ungheria e Boemia, nel 1740 venne a Vienna, già avviato alla musica". Così Massimo Mila comincia la sintetica descrizione della vita di Haydn. Il resto lo sapete, è storia della musica. Rafforzò il suo essere persona capace di attraversare proficuamente i confini, la sua vita di poi: il lungo legame con la famiglia degli Esterhàzy e i soggiorni a Eisenstadt e Esterhaz, nel Burgenland multietnico e plurilingue, e il nutrimento portato alla sua ispirazione dalle danze popolari magiare, "senza nessun partito preso di folklorismo" precisa Mila. E poi la Gran Bretagna, l’insegnamento a Beethoven che era germanico e non austriaco, e nel 1797 la stesura dell’Inno dell’Imperatore (d’Austria e Ungheria) cantato per tutto il secolo seguente in tutte le lingue dai popoli dell’Impero (In Trentino i più anziani si ricordano ancora: "Salvi Dio l’austriaco regno, salvi il nostro imperator").

Franz Joseph Haydn.

Dunque un musicista che, per la sua capacità di attraversare i confini culturali, sembrava particolarmente indicato a dare il nome all’Auditorium di musica di una città che l’ha atteso per tanti decenni, ed è già entrato nel cuore delle bolzanine e dei bolzanini di tutti i gruppi linguistici (a parte i problemi di barriere architettoniche che lo rendono assai meno gradito da chi cerca di superare indenne le troppo ripide rampe e che può accedere solo al secondo livello della sala). E infatti l’Auditorium è stato intitolato a Haydn.

Ma quando si tratta di nomi, a Bolzano il diavolo ci mette spesso la coda. Haydn è stato accusato di essere "tedesco" e per controbilanciare si è chiesto da parti sospette di dare il nome di Verdi al teatro comunale, inaugurato a poca distanza di tempo. Polemiche, che hanno avuto l’unico aspetto positivo di concentrare sull’esterno degli edifici un dibattito la cui meschinità avrebbe fatto assai più danno se dirette all’interno delle produzioni (che per fortuna non interessano affatto i protagonisti della discussione). E poi le trattative. Questi "tavoli" (li chiamano così, benché non si capisca dove altro si potrebbe discutere) sono composti da tutti i soggetti interessati (alla polemica, naturalmente, non al bene della cultura teatrale o musicale!) e si prendono molto sul serio, ottenendo poi sul quotidiano locale titoloni in prime pagine degni di avvenimenti storici.

Giuseppe Verdi.

Udite, udite! Alla fine, la lunga trattativa fra sindaco, assessori provinciali, Fondazione del teatro e quant’altri, sul nome del Nuovo Teatro Comunale, ha avuto un esito a dir poco sorprendente. Il nuovo teatro non verrà intitolato a Verdi, inviso alla parte di lingua tedesca (parte politica beninteso, perché il pubblico ama Verdi e Abbado, e ogni altro autore ed esecutore di ogni lingua che offra bella musica), perché con quel nome il teatro di Bolzano era stato ribattezzato dal fascismo e quel nome il teatro ha portato fino alla sua distruzione sotto i bombardamenti del 1944. Niente Verdi. Però, per contraccambiare, dall’Auditorium si toglierà l’intitolazione ad Haydn.

Bruna Dal Lago Veneri, nota scrittrice, ha definito la decisione "salomonica", e in suo articolo apparso sul Corriere dell’Alto Adige si percepisce il disagio sottile e profondo della persona di cultura di fronte ad una decisione che stabilisce sì un equilibrio - una cosiddetta par condicio - ma cedendo a posizioni estremiste e che con la cultura e l’arte non hanno nulla a che fare.

A mio parere questa soluzione si può definire salomonica, solo ricordando che Salomone decise di far tagliare in due con la spada il bambino conteso dalle due madri, e che il merito della risoluzione non cruenta della contesa fu della madre vera, che rinunciò per non farlo uccidere, e non del re.

Allora, addio Haydn, ma addio anche a Mozart, Bach, Beethoven, Händel, ecc. ecc. Strano, nessuno di loro mi è mai sembrato tedesco. La "ricerca del consenso" oggi viene interpretata non come un confronto teso a dare ad un problema difficile una soluzione che vada abbastanza bene per entrambe le parti, ma come un’occasione di eccitazione dell’emozione etnica su questioni risibili, che non interessano a nessuno salvo ai contendenti a colpi di articoloni sbracati, e di decisioni che umiliano l’intelligenza e la morale pubblica.

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