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QT n. 3, marzo 2009 Cover story

Crisi e tecnologia: bluff o via d’uscita?

Il Trentino, i soldi investiti in ricerca, l’innovazione come risposta (credibile?) alla crisi

Particolare di prototipo di nuovo pannello fotovoltaico a specchi progettato dalla Optoi di Gardolo.

La crisi è un’opportunità. Questo l’assunto che viene ribadito da tanti economisti, politici, industriali: la crisi porta drammi per le persone, per ceti sociali, per aree geografiche; ma è anche un’occasione di rinnovamento: alla fine l’economia, la società ne usciranno diversi. C’è persino chi tifa per la crisi: perché i drammi, con accorte politiche sociali, si possono attenuare; e al contempo scoppiano le contraddizioni, saltano le speculazioni, la società si sposta in avanti, in America la bolla edilizia e finanziaria è scoppiata, Obama ha ingaggiato una sfida durissima con il lobbysmo parlamentare (leggi corruzione legalizzata), e reimpostato in senso ambientale l’intera economia.

E in Trentino? (Tralasciamo l’Italia berlusconiana che sta qui dimostrando tutta la sua strategica arretratezza, pagheremo tutti il conto per aver affidato il governo a un televenditore).

Il Trentino, dunque, che su questo piano può giocare appieno le possibilità dell’Autonomia, ha visto la Giunta provinciale varare una serie di onerosi provvedimenti a sostegno sia delle imprese, soprattutto nell’accesso al credito, sia dei lavoratori, rafforzando in maniera significativa il welfare.

Di questo abbiamo già parlato nei numeri scorsi (vedi "La crisi in Trentino" nel numero di gennaio). Resta aperto l’altro aspetto: la crisi come opportunità. Con questo interrogativo: grazie a un uso tempestivo delle risorse dell’Autonomia, stiamo solo tamponando i danni, oppure stiamo anche riuscendo a costruire un nuovo assetto economico, all’altezza dei nuovi tempi?

Questo il tema delle prossime pagine.

Fondazione Bruno Kessler: la sede.

E’ dai tempi di Kessler, con l’Università prima e l’Irst (Istituto per la ricerca scientifica e tecnologica) poi, che il Trentino scommette su cultura e innovazione. Scommessa che – pur senza adagiarsi sugli allori - possiamo dire vinta sul piano della cultura: l’Università è cresciuta ed è al top in Italia, i livelli di istruzione si sono di molto innalzati, sono sorti vari centri di ricerca, si registra un significativo afflusso di cervelli (dal Premio Nobel come visiting professor al giovane ricercatore bengalese), le iniziative culturali sono molteplici e spesso di rilevanza nazionale.

Ma quanto di questo investimento in cultura – peraltro benemerito di per sé – è diventato anche innovazione, trasferendosi cioè nel sistema produttivo?

E’ dalla scorsa legislatura, con l’istituzione dello specifico assessorato alla Ricerca e innovazione, che si è premuto il pedale in questa direzione. Soprattutto secondo due linee: istituire un rapporto più stretto tra l’Irst (diventato Fbk, Fondazione Bruno Kessler) e il territorio, tra la ricerca e l’industria; e costituire un distretto d’avanguardia nel settore edile, capace di edificare secondo nuove modalità, che forniscano abitazioni più tecnologiche, economiche, ecologiche. "Le due linee, nel nostro disegno, devono essere sinergiche – ci dice l’ex-assessore Gianluca Salvatori, allora propugnatore di questa svolta – La ricerca tecnologica applicata non tanto a un’industria informatica che segue ben altre dinamiche, ma alla domotica, e quindi all’innovazione nell’edilizia".

Il rapporto dell’industria trentina con la ricerca è diversificato: "Molto diversificato – sottolinea Alberto Molinari, ordinario all’Università di Trento in Ingegneria dei Materiali e delegato del rettore per i rapporti con le imprese – Ci sono le dépendence locali delle multinazionali (come Dana e Whirlpool) che proprio nella ricerca per uno sviluppo innovativo dei prodotti, peraltro sostenuto dalla Pat, cercano – e sembra trovino - una motivazione industriale per mantenere qui produzioni altrimenti destinate altrove.

Poi c’è la costellazione delle piccole-medie imprese, diverse delle quali, e in numero crescente, innovano sviluppando collaborazioni con l’Università e con l’Fbk. O realtà come il cementificio di Tassullo, lavorazione quanto mai tradizionale, che invece, puntando molto sulla ricerca, è passata da 2 a oltre 150 prodotti, molto sofisticati, così come molto avanzata è la parte della prospezione geologica, o la gestione informatica dei vari aspetti della produzione".

E infine ci sono i rami più direttamente legati a quello che vorrebbe essere il nuovo "sistema Trentino": gli spin-off, cioè le aziende figliate dalla Fbk, e il Distretto tecnologico-ambientale.

Spin-off: leggenda metropolitana?

Fondazione Bruno Kessler: uno strumento per l’analisi delle superfici dei materiali.

Gli spin-off erano uno dei miti ricorrenti evocati dal grande imbonitore Luigi Stringa, il primo megadirettore dell’Irst: "Dovremo mandarle via, tante saranno, le aziende che vorranno insediarsi in Trentino" aveva detto. Per questa e altre panzane Stringa alla fine si screditò, peraltro non prima di aver inoltrato l’Irst per una strada chiusa, la ricerca sull’intelligenza artificiale. Ma, finita l’era Stringa, se l’Irst recuperò in incisività della ricerca, rimasero tuttavia largamente insufficienti le ricadute sul territorio. Di qui il disegno di Salvatori, la trasformazione in Fondazione: nell’ottica "di coniugare la ricerca d’eccellenza con l’innovazione rivolta alle imprese", ci dice Andrea Simoni, direttore del Centro Materiali e Microsistemi, recentemente promosso a segretario generale di Fbk.

La trasformazione suscitò timori e incontrò resistenze, oggi però risolte: "Siamo soprattutto passati da una struttura verticale, in cui ogni squadra lavorava attorno a un proprio progetto, e il vicino era un concorrente nel dividersi le risorse, a una struttura integrata, in cui le varie competenze si contaminano, ci si confronta e si lavora assieme".

Questo perché è cambiato il mondo della ricerca, che oggi combina competenze disparate: vedi per esempio biologia e informatica, nelle biotecnologie o nel Centro di ricerca Microsoft di Povo. Ma anche perchè Fbk vuole lavorare sul background scientifico di applicazioni concrete, nei settori in cui il Trentino ha individuato come prioritari, a iniziare da energia e ambiente.

Di qui una redifinizione delle strategie scientifiche. Con investimenti sul nuovo: materiali innovativi e microtecnologie per l’energia alternativa, in vari domini applicativi, soprattutto il fotovoltaico a concentrazione (produzione di energia) e solare termico (produzione di calore); biotecnologie; servizi al pubblico (con applicazioni dal voto elettronico alle cartelle cliniche) con l’obiettivo di perseguire l’"user friendly", rendere cioè agilmente fruibili le tecnologie alla generalità dei cittadini (ben lo sa chi scrive, che ha appena comperato uno smart phone che teoricamente concentra in sé, oltre a un telefono, anche un Pc con relativo software, una macchina da presa, un Gps con dentro tutta l’Europa, una sala da registrazione ecc, ma le cui pretese istruzioni sono condensate in venti paginette in formato mignon, "tanto, si impara smanettando" mi hanno detto).

Su questi campi d’azione, che presuppongono un incrocio di competenze variegate (ad esempio, psicologi per l’user friendly) si lavora in sinergia con l’Università, con cui ora, dopo anni di freddezza, i rapporti sono molto positivi (si parla di un laboratorio in comune).

E il territorio?

"Dove abbiamo conoscenze possiamo andare incontro ad esigenze puntuali, come è stato il caso della Cooperativa Piccoli frutti per le sue esigenze di refrigerazione, o dell’Istituto Bancario Trentino per renderne più pienamente usufruibili i data-base – ci dice il presidente Andrea Zanotti – Soprattutto poi ci rapportiamo con le aziende che lavorano nei settori-tipo, come energia e ambiente, biotecnologie, microsistemi".

E qui ritorniamo agli spin-off (le aziende generate da ricercatori di Fbk) e agli start-up (quelle che qui nascono causa la presenza di Fbk). Ne abbiamo visitate due.

Dalla nicchia alla produzione di massa

Sede Optoi

Optoi, Optoelectronica Italia srl, nasceva nel ’95, come incontro fra alcuni imprenditori veneti e l’Irst, in particolare il ricercatore Alfredo Maglione che, laureatosi nel ’93, da due anni lavorava all’Istituto sui sensori elettronici. Così si misero insieme le competenze dell’Istituto e di Maglione, e la conoscenza del mercato degli investitori, che già importavano sensori da Germania e Usa, e che, insoddisfatti, pensavano di avviare una produzione in proprio di prodotti più personalizzati. Oggi Optoi – vedi scheda – è una realtà consolidata, che punta però a un balzo in avanti.

"L’attuale crisi sta rendendo ancor più matura una svolta, su cui già stavamo lavorando – ci dice Maglione, che dell’azienda è presidente – Ne uscirà una nuova economia, con più tecnologia, più etica, più rispetto dell’ambiente. Sopravvivranno le aziende migliori, più innovative, ma anche quelle che avranno puntato sui settori più sostenibili."

Ed ecco quindi che Optoi - in continuo contatto con Fbk ("I nostri ricercatori e io stesso passiamo alcuni giorni alla settimana nei loro laboratori") e in sinergia con il Distretto tecnologico-ambientale - sviluppa nuove produzioni: sensori wireless per la domotica e la bioedilizia; sonde per il monitoraggio della qualità delle acque; e soprattutto pannelli fotovoltaici a concentrazione, per i quali, pur se solo allo stadio dei primi prototipi, già si sono acquisite commesse da parte del gruppo Edison Power, che intende affiancare alle tradizionali centrali elettriche nuove unità alimentate da energia rinnovabile.

Certo, qui si fa il salto: non più produzioni di nicchia, personalizzazioni di prodotti standard, bensì produzione di massa, su prodotti sui quali c’è, e ancor più ci sarà, una competizione mondiale. "Ci stiamo attrezzando, con nuovi strumenti societari e nuova mentalità – risponde Maglione – Puntiamo ad avere nel 2015 un gruppo con 100 dipendenti e un fatturato di almeno 10 milioni di euro".

Un centesimo di miliardesimo di millimetro

Diverso il caso di TNX, che non è uno spin-off, non fuoriesce dal centro di ricerca, ma uno start-up, una nuova impresa che nasce grazie alla contiguità con la ricerca. La casa-madre è la 2effe di Salò, e l’imprenditore di riferimento ("Tutto nasce sempre dall’incontro con un imprenditore" sottolinea il prof. Molinari) è l’ing. Paolo Marconi. La 2effe fornisce servizi tecnologicamente avanzati alle industrie meccaniche, sia analizzandone i materiali per evidenziarne difetti, sia eseguendo trattamenti per incrementarne la resistenza: ad esempio, fra i clienti c’è la McLaren, della cui Formula 1 si studia il logoramento degli alberi motore.

Staff della Tnx

Con la TNX il salto: non si forniscono servizi, analisi, ma si producono gli strumenti con cui è il cliente che analizza i suoi prodotti. E allora il cliente non è più la piccola azienda magari avanzatissima, ma la grande industria meccanica, metallurgica, aeronautica, che vuole controllare la propria produzione di massa. Di qui la produzione di diffrattometri a raggi X, che analizzano i materiali a scala subatomica (cento volte inferiore al miliardesimo di millimetro).

Ma spostarsi sul campo della produzione, vuol dire competere con il mondo, in particolare le divisioni raggi X della Philips, della Siemens, e di una multinazionale giapponese. "Ma loro fanno una produzione standardizzata, mentre noi possiamo produrre strumenti su misura. Ad esempio abbiamo un ordinativo da parte del Museo Egizio del Cairo, che nell’analizzare i reperti abbisogna di strumentazioni e metodologie poco o nulla invasivi".

Il rapporto con Fbk (e col dipartimento di Ingegneria dei Materiali dell’Università di Trento) è venuto dalla logica delle cose: "Perché storicamente studiano le tecnologie dei materiali e le nanotecnologie ed hanno le competenze per risolvere i problemi, e le strutture per aiutarci a crescere" ci dice Marconi. In effetti TNX è partecipata all’80% da 2effe, ma al 20% da Fbk, e nella prima fase d’avvio avrà le strutture all’interno del centro di ricerca.

"Il rapporto è sinergico, – interviene Salvatore Gennaro, interfaccia di Fbk rispetto alla nuova azienda – anche noi di Fbk abbiamo bisogno degli input che ci può dare TNX per sapere quali sono le richieste del mondo dell’industria".

Così parte TNX, con una solida base ("Metà commesse sono già in portafoglio"), con ambiziosi obiettivi ("In un paio di anni fatturato di 5-6 milioni e 15-20 persone") e un’unica perplessità: "Certo, in questo momento di crisi... speriamo che per quando siamo a regime il peggio sia passato".

Non è tutto oro

Pannelli solari

Sembrerebbe tutto bello. Ma non è tutto oro quel che luccica: ai due esempi che abbiamo riportato, positivi e ulteriormente promettenti, se ne possono aggiungere un altro paio, e il conto finisce subito. Perchè gli spin-off sono di più, una dozzina, ma molti arrancano. Una recente ricerca interna all’Fbk ha evidenziato che la maggioranza di queste aziende vive di sussidi e commesse pubblici. "In America gli spin off sono molti di più, vengono aiutati all’inizio e poi lasciati al loro destino: la maggior parte chiude, ma chi riesce a proseguire diventa un’azienda importante – ci dicono diversi critici – A Trento invece sono pochi, vengono tutti assistiti e coccolati, e pochissimi decollano".

"E’ vero, ma non è un problema trentino, bensì italiano, anzi europeo – ci risponde Simoni – Dei nostri 12 spin-off, 4 guadagnano e gli altri 8 sopravvivono, alcuni a stento. Ma non dipende da noi, è la politica provinciale, noi tagliamo il cordone ombelicale. Adesso abbiamo solo parzialmente cambiato approccio: entriamo direttamente con una quota di minoranza nella compagine sociale della nuova azienda, per seguire meglio la fase iniziale, ma sempre con l’intenzione di ritirarci in seguito".

"Beh, noi dopo la fase iniziale abbiamo intenzione di diventare autonomi e trasferirci, a Gardolo o nel Basso Sarca. Se tra alcuni anni ci vedete ancora qui, tra le mura di Fbk, vuol dire che il nostro progetto non ha funzionato" ci dice Marconi di TNX.

Aspettando gli americani

L’altro polo su cui dovrebbe svilupparsi la nuova industria trentina è il Distretto tecnologico ambientale. Nato nel 2006 per promuovere edilizia sostenibile, energie rinnovabili e tecnologie ambientali, è collegato alla ricerca di Fbk e dell’Università ed intende diventare campo d’applicazione, nella domotica per esempio, di aziende innovative come Optoi o Metalsistem, e soprattutto portare all’avanguardia in Italia l’industria edile trentina.

Il primo passo è stato far nascere, con sede a Rovereto, il Green Building Council Italia, ramo italiano del World GBC, associazione volontaria per far progettare, costruire e gestire gli edifici secondo rigorosi parametri di compatibilità ambientale, definiti attraverso la certificazione LEED.

Questi sono standard e procedure americane, e proprio negli Usa stanno avendo un successo semplicemente esplosivo: "Nell’attuale tracollo del mercato immobiliare americano, gli unici edifici a mantenere il loro valore sono quelli certificati LEED – ci dice Mario Zoccatelli, presidente di GBC Italia – Di qui la spinta del mercato a costruire seguendo questi parametri".

E’ il discorso del rispetto dell’ambiente diventato necessità, e quindi business: "Un edificio certificato secondo gli standard LEED più rigorosi costa al massimo l’8% in più; ma già dopo 5 anni porta (negli Usa, dove in climatizzazione si spende e spande n.d.r.) a un risparmio tra il 5 e il 10%" sostiene Zoccatelli.

Ed ecco che già l’amministrazione Bush aveva deciso che ogni nuova costruzione federale (a iniziare da quelle dell’esercito) fossero certificate LEED; già Schwarzenegger in California aveva promulgato una legge per cui nel 2015 ogni edificio doveva essere energeticamente autosufficiente; ora, con l’ulteriore accelerazione impressa da Obama, si aprono nuovi scenari. Con riflessi anche per il Distretto trentino. Se infatti la scelta si rivela strategicamente giusta, il GBC Italia non è ancora autonomo: si deve ancora avvalere di certificatori americani che hanno a casa loro lavoro fin sopra i capelli; non ha ancora adattato i complessi parametri LEED alla realtà italiana (per fare solo un esempio: i boschi trentini sono certificati secondo due diversi sistemi, uno solo dei quali è accettato da LEED; una banale riproposizione dei criteri americani porterebbe all’inutilizzabilità della maggior parte del legno trentino).

A questo punto la scelta LEED viene contestata. Anche perché, in parallelo, la certificazione bolzanina di Casa Clima è pienamente operativa.

"Casa Clima ha grandi meriti storici, ma anche vistosi limiti: considera solo l’aspetto energetico, e di questo la parte riferita al riscaldamento. LEED invece considera anche il condizionamento e l’illuminazione; e poi tutto il resto: salubrità, acustica, ecologia della costruzione e dello smaltimento, acque, ecc. – risponde Zoccatelli – LEED è più complesso, richiede più apprendimento, ma una volta utilizzato, non lo si abbandona più".

Green Building Council

Sta di fatto che la Provincia, sulle orme americane, ha stabilito che tutte le proprie nuove costruzioni, a iniziare dalle case ITEA, saranno certificate LEED; i fondi americani che costruiranno in financial project gli edifici per l’Expo di Milano, vogliono anch’essi il certificato LEED. La spinta è grande, ma il GBC Italia arranca: "Speriamo di uscire con le direttive italiane entro il 2009" afferma Zoccatelli.

Speriamo? Secondo noi non basta. Se si è scelto il LEED ora si deve farlo funzionare. A tutti i costi. Perchè significative saranno le opportunità per le imprese che prime impareranno ad utilizzare le nuove metodologie; come pure il vantaggio per i territori che saranno riusciti a sintonizzarsi con le nuove esigenze ambientali che avanzano in tutto il mondo.

Questa, rispetto alla crisi, può essere la via d’uscita in avanti.

OPTOI, lo spin-off

Sede: Gardolo
Anno nascita: 1995
Produzione: sensori elettronici
Dipendenti: 20 + 5 collaboratori
Fatturato: 2 milioni (dei quali il 20% reinvestito in ricerca)
Programma di espansione (entro il 2015)
Produzione: sensori wireless (domotica e bioedilizia); sonde per il monitoraggio delle acque; pannelli fotovoltaici a concentrazione
Dipendenti: 100
Fatturato: 10 milioni

TNX, lo start-up

Il diffrattometro a raggi-X progettato dalla TNX

Sede: Povo, dentro Fbk
Anno nascita: 2008
Produzione: diffrattrometri a raggi X
Dipendenti: 8
Fatturato: 1-1,5 milioni
Programma di espansione (entro il 2012, nuova sede indipendente)
Produzione: diffrattrometri per l’analisi dei piani cristallini
Dipendenti: 15-20
Fatturato: 5-6 milioni