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QT n. 10, 15 maggio 2004 Servizi

E’ possibile un Islam“europeo”?

A colloquio col presidente della Comunità Islamica del Trentino Alto Adige, dott. Aboulkheir Breigeche.

Cristina Bonelli

Dall’11 settembre 2001 Islam e terrorismo, per molti, son diventati sinonimi. Il rapporto stretto fra religione e politica che provoca fondamentalismo, il fanatismo di folle minacciose istigate da leader carismatici e aggressivi, la privazione di diritti specialmente nel caso delle donne: questa immagine, che vede il mondo islamico come una realtà indifferenziata, si è diffusa non poco, e la sua conseguenza è la convinzione che sia in atto uno scontro di civiltà fra "loro" e il laico, secolarizzato Occidente. Ma accanto alla guerra del piccolo schermo che quotidianamente ci aggiorna l’immagine medievale del feroce saracino nemico della cristianità, un altro confronto è in corso, sotterraneo ma ugualmente importante: quello fra le comunità islamiche immigrate in Europa e le popolazioni europee che le ospitano. Vogliamo qui cercar di capire come l’Islam europeo può "diventare europeo", parlandone con l’imam regionale, il dott. Aboulkheir Breigheche.

Aboulkheir Breigheche.

Si riuscirà pacificamente a trovare un compromesso pacifico, ad inventare una sorta di Islam europeo orientato alla secolarità, alla democrazia e ai diritti umani individuali?

Perché no? Nella storia la convivenza di più etnie molto diverse c’è sempre stata, determinando esperienze sostanzialmente positive. Questo perché le persone - al di là delle loro origini - nutrono molteplici interessi comuni che vanno oltre le differenze di religione; anche se certamente la religione è un impegno forte, che influenza non solo la sfera spirituale, ma anche quella sociale e politica: basti pensare, in Italia e non solo, alla Democrazia Cristiana…

Però alcuni principi cardine dell’Islam sembrano in forte contrasto rispetto a certi fondamenti delle costituzioni europee. Siete disposti ad adattarvi, a rispettare questi valori del Paese che vi ospita?

E’ doveroso sottolineare anzitutto che grazie alle conquiste del mondo occidentale, grazie alla sua laicità, vi è spazio affinché ogni individuo professi la religione che vuole. L’Islam per molti versi è estraneo alla laicità dello stato, ma è una religione per sua natura flessibile, adattabile alla realtà in cui vive. Si mette in atto ciò che si può e quando si può in riferimento alle esigenze. Ricordo, fra i molti esempi possibili, la questione del cimitero qui a Trento: noi ne avremmo voluto uno nostro, con certe caratteristiche, ma per varie ragioni questo non è stato possibile, e ci siamo adattati a quanto ci è stato offerto. O ancora, temi come il diritto ereditario, il matrimonio, ecc.

A differenza che in un lontano passato, i musulmani non vengono in Europa come conquistatori: oggi non possono più elevare la loro visione del mondo a cultura dominante. Sono di fatto una minoranza socialmente ed economicamente debole. A questo si aggiungono il modo caotico e la scarsa programmazione con cui gli stati europei affrontano il problema. Tutto ciò non rischia di dare origine a delle comunità di cittadini di seconda classe, scomodi e insofferenti?

Se le conquiste dell’Occidente - libertà e democrazia in primis - vengono applicate correttamente, si può arrivare ad una situazione di pacifica convivenza fra tutti. In ogni caso l’integrazione di popoli così diversi ha bisogno di tempo: non si può pretendere che in pochi anni tutto possa funzionare al meglio. Dalla prima generazione di immigrati alla terza - penso ai miei figli – si è avuta una positiva evoluzione. Questi nostri giovani hanno una cultura italiana e una religione islamica. L’importante è non dare spazio al fanatismo, all’ignoranza, alla paura, che alimentano atteggiamenti ingiustificati di violenza e di odio. Se la laicità dello Stato viene applicata nei confronti di tutti, non potremo che crescere insieme in maniera costruttiva.

La forza del popolo islamico sta nel forte sentimento identitario, soprattutto di tipo religioso. Ciò si contrappone ad una situazione europea ben diversa, caratterizzata da una crescente perdita di orientamento religioso e valoriale. Questo rende piuttosto problematico un dialogo…

E’ un fatto che il mondo occidentale può vantare valori civili fondamentali, ma ha perso di vista l’importanza della spiritualità. La ricchezza improvvisa, una libertà senza limiti, un crescente secolarismo hanno annullato nella gente comune il patrimonio spirituale e religioso. Tutte queste conquiste e ciò che ne deriva, guadagni e felicità facili, hanno sostituito la religione. Non c’è bisogno di realizzarsi nella spiritualità, tutto è dovuto. Questo è sicuramente negativo, perché la spiritualità rappresenta un elemento fondamentale nella crescita di un individuo. La nostra specificità rimane, ma essa non dev’essere un ostacolo all’ integrazione. Il dialogo fra le due culture è doveroso.