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”Si colgono i pomi, avanzan le ruspe...”

Franco Panizza e l’Inno del Trentino.

"Ma non aveva altro a cui pensare?" Questo il commento più letto e sentito in merito all’esternazione di Franco Panizza a proposito dell’Inno al Trentino: dopo averlo ascoltato per alcuni decenni, l’assessore del PATT si è infine convinto che un paio di versi in particolare ("Italico cuore, italica mente/ italica lingua qui parla la gente") "sono un falso storico [perché] la mente dei trentini non è mai stata rivolta all’Italia". Conclusione: "Proporrò di cambiare le parole dell’inno al Trentino… L’inno dovrebbe accennare alla nostra lunga tradizione di autogoverno".

Torrenziale la pioggia di critiche. Da quelle sarcastiche del solitamente pacato Giorgio Grigolli ("Franco Panizza, pigliamolo così: scombicchierato in storia, patetico in politica") e del poeta dialettale Elio Fox: (un icastico "Monàde"), a quelle più argomentate del sociologo Pier Giorgio Rauzi, già autore di uno studio sui canti della tradizione trentina: "Fra quelli che si collocano prima della Grande Guerra, ne ricordo solo uno vagamente filo-austriaco. Gli altri erano tutti animati da spirito di appartenenza all’Italia"; e del consigliere di AN Cristano De Eccher, il quale ricorda che "l’inno è frutto di una certa sensibilità irredentista, ma così è nato e così esiste, imparato da generazioni".

Ma c’è anche chi si arrabbia ("Da che pulpito parli? Chi ti ascolta? Chi sei?"), e chi approfitta della frivola provocazione per dare sfogo ad un nazionalismo altrettanto fuori posto: "Ritengo folle e gravemente lesivo della mia identità - s’indigna un lettore - essere confuso con austriaci o qualsivoglia altro popolo, tanto più se appartenente ad una schiatta a me del tutto estranea come quella germanica".

Qualcuno infine, più assennato, avanza delle ironiche proposte di modifica dei due versi incriminati: "Si slancian nel cielo le guglie dentate,/ discendono dolci fagioli e patate"; "Si colgono i pomi, avanzan le ruspe…".

Ma Panizza non è completamente solo: a dargli man forte interviene il presidente della banda di Rovereto: "Credo sia giunto il momento - dice costui - di cambiare non solo le parole, ma anche la musica", e propone un concorso per musicisti e poeti. Invece il direttore della banda di Trento, Emanuele Lauter, approfondendo il discorso, sostiene che è soprattutto la musica che va cambiata: l’introduzione strumentale dell’Inno, infatti, richiama sgradevolmente la compianta Marcia Reale, e comunque "sono passati tanti anni da quando quella musica è stata scritta e ora i tempi sono diversi". "Se le autorità competenti me lo chiedessero - conclude servizievole - sono pronto a riscrivere la melodia per l’introduzione". Magari su un ritmo hip-hop, per stare al passo coi tempi.

Ma il sostegno più fermo (e imbarazzante) arriva a Panizza da tali Filippo e Federico Prati, del "Coordinamento politico-culturale della Gioventù Trentino-Tirolese-Lega Nord", che non sai se fanno più incazzare o ridere. In un lungo sproloquio apparso sul Trentino, definiscono "massonico" il Rinascimento (volevano dire "Risorgimento"?), e "indefinito e inesistente" il popolo italiano. Arrivando finalmente al famigerato inno, in esso si percepisce "il retaggio della peggior propaganda centralista, massonica e risorgimentalista"; quindi "il segnale lanciato da Panizza è importante perché porterebbe finalmente il Trentino a liberarsi da quei residui di giacobinismo tricolore che tanti danni hanno fatto alla nostra terra". Proprio in tale direzione andrà quella "giornata dell’orgoglio trentino" che la Lega si appresta a organizzare, durante la quale "saranno distribuite le bandiere bianco-rosse della Patria Trentino-Tirolese".

Ma il Trentino, che ha gestito l’inutile dibattito, non ne ha ancora abbastanza, e lancia un sondaggio fra i lettori, che potranno esprimere la propria opinione "compilando il tagliando soprastante".

Concludendo: "Una questione tanto arzigogolata quanto inutile" come commenta un lettore? Certo, ma il grave non è tanto che un assessore si occupi di queste minuzie, quanto piuttosto lo spessore culturale che emerge da certe prese di posizione, che semplificano e banalizzano il passato, così falsificandolo, e vorrebbero imporre l’abolitio memoriae di una tradizione che ormai - piaccia o no - si è sedimentata.

Franco Panizza e quelli come lui (PATT e Lega ne sono pieni) ci fanno venire in mente quegli architetti (o solo geometri) che, richiamandosi in ugual misura ad una sedicente modernità e a radici fasulle, stanno impestando di casette simil-tirolesi i paesi di mezzo Trentino.

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