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Maledetto buon senso!

Breve analisi dei messaggi berlusconiani: come la realtà, a forza di semplificarla, diventa falsa.

Dopo la spedizione a 15 milioni di italiani dell’opuscolo con la lista dei miracoli operati dal governo, alla vigilia del voto c’è stato l’invio di milioni di sms che ricordavano l’appuntamento elettorale, operazione che non ha riscosso molti consensi. Ed anche sui quotidiani locali sono fioccate le proteste, con espressioni quali: "un’operazione inqualificabile", "un indecente messaggio", "una ingerenza ignobile, pretestuosa, dittatoriale", "un’offesa", "mi sento violata", "l’unico effetto è che ora so meglio di prima per chi non devo votare", e naturalmente "una palese violazione della privacy". Per non dire degli squilli arrivati in piena notte o degli inviti al voto pervenuti a minorenni.

Ma la reazione più significativa è quella (l’unica letta sui nostri giornali) che giustificava l’operato della Presidenza del Consiglio: che c’è da protestare? In fondo si trattava di un un sms "che ricordava ad un cittadino il diritto a scegliere i propri rappresentanti, un messaggio del tutto formale contenente date e orari, non partiti e nomi". E’ un giudizio in apparenza veritiero, impeccabile, ma decisamente semplicistico; dettato da un "buon senso" miope che si ferma ai dati immediati della questione, respingendo come fumisterie qualunque dato di contorno, che nel caso in esame era rappresentato dalla continua, intollerabile sovra-esposizione di Berlusconi, e non solo durante la recente campagna elettorale.

Ed è questo, secondo noi, il limite culturale di molti "nuovi" politici, soprattutto di Forza Italia e della Lega, a cominciare dal capo della coalizione; un limite che però, con quel suo banalizzare la realtà ai suoi dati minimi, con quel suo dare voce all’immediatezza degli istinti (e questo dopo decenni di una politica aspra e quasi teologica) ha ancora un suo appeal presso vasti settori di opinione pubblica.

L'esempio a mio parere più illuminante di questa incomprensione è quello concernente la ricchezza di Silvio Berlusconi; il quale, a proposito delle frequenti ironie che si fanno in merito a certe sue esagerazioni (il mausoleo di famiglia in giardino, le otto ville in Sardegna, ecc., fino alla costruzione di un anfiteatro privato) ha più volte accusato i critici di essere semplicemente invidiosi del suo successo. Non lo sfiora il sospetto che quelle ostentazioni di ricchezza possano apparire di cattivo gusto, sgradevoli, se non scandalose; che qualcuno - senza aspirare alla povertà - possa però avere un ideale di vita diverso, più sobrio. Come tutte le ragazze vogliono fare le veline - pensa il capo del governo - così tutti gli italiani vorrebbero avere tante ville, un aereo privato, un cantautore personale, i propri morti davanti all’uscio di casa, e mille giornalisti sempre intorno a confermare che sei un uomo di successo.

Ma gli esempi di questo ischeletrimento del pensiero sono infiniti. Vediamone alcuni.

Spot elettorali: "E’ illiberale voler regolamentare la campagna elettorale in TV vietando certe forme di comunicazione".

Ma la politica non andrebbe trattata a colpi di slogan come una merce qualunque da imporre con un martellamento mediatico che solo chi ha enormi risorse può mettere in campo.

E dall’ingenuità all’ipocrisia: "Gli italiani non sono stupidi. Non si fanno certo condizionare dalla televisione!"

E allora perché vorreste sommergerli di spot?

Intervento italiano in Irak. "Le truppe italiane sono andate in missione di pace, per supportare la ricostruzione del paese".

Ma in Irak non c’è pace, e comunque i cittadini di quel paese percepiscono anche le nostre come truppe occupanti.

Televisioni e conflitto d’interessi. "Berlusconi è un editore liberale, tanto da consentire la messa in onda di trasmissioni esplicitamente anti-governative, da Zelig a Le iene. Che bisogno c’è dunque di legiferare in materia?"

Ammesso e assolutamente non concesso che Berlusconi non utilizzi ai suoi fini le reti televisive che controlla, un domani potrebbe capitare, al suo posto, un imprenditore meno democratico di lui, magari comunista… E sarebbero guai.

Tasse. "Abbassare le tasse è cosa buona e giusta".

Ma nell’attuale situazione, si tratterebbe di dare dei soldi con una mano e riprenderseli con l’altra (aumento delle imposte locali, servizi più scadenti…). E potremmo proseguire parlando di immigrazione, di scuola pubblica e privata, eccetera eccetera.

Come si vede, si tratta di obiezioni assolutamente banali e ragionevoli, ma che però costringono ad un breve passaggio logico: troppo per gli alfieri dell’immediato "buon senso".