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Criminalità globalizzata

La nuova criminalità organizzata, e le prospettive che si trova aperte con l'Unione Europea.

Sara Martocchia

Potremmo definire il Mercato Unico come il grande successo dell’Unione Europea. Delle ormai acquisite libertà di circolazione beneficiano costantemente tutte le categorie sociali; i vantaggi li possiamo toccare con mano perfino mentre facciamo la spesa.

L’impatto che questi mutamenti hanno avuto sulla criminalità organizzata è l’altra faccia della medaglia. Per citare cifre eloquenti, il "2003 European Union organised crime report" di Europol, rintraccia 4.000 gruppi con circa 40.000 membri (con un aumento, rispetto allo scorso anno, di un migliaio di unità ).

E’ più facile per il crimine organizzato tessere una rete tentacolare su un territorio privo di frontiere doganali, approfittando della libertà di far circolare da uno Stato all’altro beni e servizi. Ed è intuibile che l’ampliamento dell’Unione da 15 membri a 25 inciderà non solo quantitativamente sull’ampiezza del mercato criminale, ma anche qualitativamente, offrendo ai gruppi autoctoni europei la possibilità di estendere la propria influenza sui nuovi Stati, caratterizzati da una fragilità politico-amministrativa che allenta le maglie del controllo.

Contemporaneamente, il crimine si sviluppa, affina le proprie strategie, il proprio modus operandi, sfrutta le potenzialità del mercato unico cogliendo nuove opportunità di profitti illegali. La conseguenza è che le attuali organizzazioni preferiscono concentrarsi su più attività criminose, piuttosto che su forme isolate di illecito. Il traffico di droga si innesta nel circuito finanziario, che permette un maggior anonimato e l’uso di uno strumento particolarmente efficace: la corruzione. Frodi, contrabbando e transazioni finanziarie che "lavano" magicamente denaro sporco, si aggiungono alla criminalità meno sofisticata, all’interno della stessa organizzazione.

Conclusioni emblematiche si traggono dalla mappa dei gruppi criminali: la loro fisionomia va evolvendosi, passando da una struttura tradizionalmente gerarchizzata e organizzata secondo veri e propri codici di condotta, ad una composizione "cellulare". Insomma, accanto a Cosa Nostra esiste una rete di gruppi più piccoli, non riconducibili al prototipo del clan familiare, i cui leader si collegano fra loro e stabiliscono forme di cooperazione per così dire orizzontale. Ne deriva un’organizzazione fluida e dinamica, difficilmente identificabile per la facilità con cui rinnova le proprie adesioni. Una rete transnazionale di questo genere si snoda, ad esempio, fra Belgio, Paesi Bassi, Francia, Germania e Albania. Nei Paesi nordici le organizzazioni russe sono ben radicate. I Turchi di seconda generazione sono ormai integrati nel tessuto europeo e dominano il mercato dell’eroina (ma la concorrenza si sta facendo strada…). I nuovi 10 arrivati sono già espertissimi e con un bel ventaglio di attività. I gruppi europei "indigeni", dal canto loro, mantengono ancora il ruolo di attori principali sulla scena.

Il quadro è estremamente complesso: non si possono individuare modelli standard di organizzazione criminale.

Al contrario, la diversificazione dei gruppi (sia europei che esterni, principalmente ai confini con l’UE) è uno dei punti di forza del mondo criminale e uno degli ostacoli al loro riconoscimento da parte delle forze dell’ordine. Tuttavia è evidente una tendenza: il graduale abbandono di strutture chiuse, a base etnica e legate da vincoli parentali. E’ vero che in Albania esiste ancora un modello di questo tipo, clan che rievocano la mafia siciliana di 30 anni fa, con le sue faide e la violenza perpetrata costantemente. Ma la presenza di una rete a livello internazionale è il chiaro segnale di una criminalità che, pur nei suoi tratti tipici, si delocalizza e si globalizza.

Si delocalizza dato il volume di operazioni criminali transfrontaliere; si globalizza perché si assottiglia il carattere etnico del gruppo e si amplifica l’integrazione fra nazionalità diverse.

La criminalità organizzata oggi entra nel business world e intacca l’economia legale. Usa le nuove tecnologie e guadagna rapidità di movimento e invisibilità. Si alimenta dei flussi migratori verso l’Europa e attinge ad una compagine socio-culturale sempre meno omogenea.

E sui rimedi non c’è da essere molto ottimisti: Bruxelles attualmente ha poteri limitatissimi in materia di repressione. Quindi la vera sfida diventa: come anticipare e prevenire il crimine "globale"?