Menù
Home
QT
Questotrentino
Mensile di informazione e approfondimento
Utente
Cerca
QT n. 22, 24 dicembre 2004 Servizi

La voce moderata dell’Islam italiano

A colloquio con Hamza Roberto Piccardo, leader dell’Unione delle Comunità e Organizzazioni Islamiche in Italia.

Andrea Grosselli

“Un cardinale, appena morto, viene accolto da S. Pietro che gli mostra i giardini del paradiso. Con grande stupore l’alto prelato scorge protestanti, ortodossi, ebrei, buddisti, perfino i musulmani: -Ma questo è davvero troppo: anche i musulmani in paradiso!-. Di fronte alle intemperanze del cardinale S. Pietro candidamente gli domanda: ‘Ma in fondo non erano anche questi uomini che credevano in Dio, lo pregavano e in Suo nome hanno compiuto opere di bene?’. Ancora sconvolto, d’un tratto, dietro un dosso, il cardinale sente delle voci e domanda: - Chi sono quelli laggiù? -. ‘Abbassa la voce, ti prego! - gli risponde un allarmato S. Pietro - Quelli sono i cattolici e credono di essere gli unici quassù in paradiso!’. Sostituite i cattolici con una delle altre religioni e il senso non cambia. Perché la vetta da raggiungere è unica, i sentieri mille. Come dice Allah, ‘Non mi contiene né il cielo, né la terra, ma il cuore del mio servo fedele’".

Hamza Roberto Piccardo.

Così, Hamza Roberto Piccardo, leader dell’Unione delle Comunità e Organizzazioni Islamiche in Italia, ha chiuso il dibattito di martedì 14 dicembre a Sociologia nel quale, su invito del locale gruppo studentesco musulmano, si è discusso di Islam e laicità di fronte ad una fitta platea di giovani.

La storiella dice molto dello spirito di Piccardo: un pronunciato pizzetto e la bandiera palestinese appuntata sulla giacca Piccardo è italiano di nascita e di cultura (vive nella natia Imperia) e da una decina d’anni capeggia l’UCOII, l’organizzazione più rappresentativa dei musulmani in Italia e legata ai Fratelli Musulmani egiziani.

Il suo profilo è quello di un moderato, di un uomo di fede teso all’ecumenismo, di uno studioso di religione e di spiritualità: il suo intervento, infarcito di citazioni da Marx, Hegel e Kant insieme ad innumerevoli sure del Corano, si è trasformato ben presto in una lezione sui fondamenti dell’Islam.

Un Islam che, secondo lui, non esclude la possibilità che sorgano in Arabia Saudita chiese accanto alle moschee, perché il Corano e la costituzione di Medina tutelano da sempre la libertà religiosa; un Islam in cui l’aborto è vietato come strumento anticoncezionale, ma che fino al quarto mese di gravidanza, allorché l’anima entra nel corpo del bambino, è consentito; un Islam che non vuole eliminare crocefissi e presepi dalle aule scolastiche e che si è sentito pienamente integrato quando, come ha ricordato Piccardo, i musulmani marciavano insieme a milioni di europei nelle manifestazioni contro la guerra in Iraq; un Islam, infine, che non si considera affatto incompatibile con i principi della laicità, ma li problematizza, domandandosi cosa si possa definire effettivamente laico: impedire ai fedeli di mostrare simboli religiosi come accade in Francia o garantire a tutti la libertà di esprimere pubblicamente il proprio culto? E’ solo uno dei dubbi, tutto sommato ragionevoli, sollevati da Piccardo.

Questa è la versione moderata e moderna dell’Islam che il leader dell’UCOII professa con sincero trasporto ed innegabile coraggio. Ma molte sono le considerazioni che lo stesso Piccardo fa precedere da una strana formula prudenziale: "Ora parlo a titolo personale, qualche musulmano potrebbe pensarla in modo diverso". Dal che emerge prepotente l’altra faccia dell’Islam, quella più contraddittoria e conflittuale, quella del dibattito infinito tra moderati e integralisti, quella delle fatwa incrociate, speciali forme di scomunica, delle lotte intestine e delle divisioni dottrinali e di potere, che in Italia sfociano di tanto in tanto in veementi contestazioni dentro le moschee e che nel Dar al-Islam (i paesi islamici) alimentano il terrorismo. A complicare il tutto, c’è il fatto che l’Islam, religione nomade per eccellenza, non conosce un vero magistero, un’autorità (come quella del Papa per i cattolici) che stabilisca le verità di fede e le trasmetta ai fedeli sparsi nel mondo.

Sulle conflittualità dell’Islam Piccardo non si è attardato. Intendiamoci: i suoi silenzi non sono più colpevoli di quelli delle altre religioni sugli integralismi del loro passato.

Ma è strano che si sia parlato tanto del rapporto tra Islam e Occidente, ma quasi nulla della natura dei conflitti – anche su un tema scottante come quello della laicità - che infiammano l’Islam globale. Come in ogni epoca e ad ogni latitudine, gli schieramenti vedono protagonisti, da un lato, i modernisti – ed è con questi che Piccardo sembra schierarsi - che credono nel superamento di categorie ormai sterili (per esempio la divisione del mondo in terra dell’Islam, i paesi arabi, terra della Tregua, i paesi non musulmani ma amici, e terra della Guerra, ossia i paesi nemici dell’Islam) e che considerano prioritaria la piena democratizzazione dei propri stati per sostenere il processo di sviluppo e di globalizzazione delle masse arabe che oggi soffrono per l’alienazione culturale, l’indigenza materiale e un’esistenziale sfiducia nel futuro; dall’altra, ci sono i nostalgici che individuano la soluzione nel ritorno al passato, ad una mitica e tutta teorica età dell’oro dell’Islam, quella del Profeta, quando non esisteva distinzione alcuna tra politica e religione, tanto da illudersi di riportarne in vita gli antichi fasti attraverso l’uso del terrore, in un allucinato e pauroso disegno antistorico.

Anche di questi temi abbiamo cercato di parlare a quattr’occhi. Prima di avvicinarlo per una brevissima intervista, stava lamentandosi di Magdi Allam, editorialista del Corriere della Sera e promotore del manifesto dei musulmani moderati di quest’estate. Incuriosito, gli chiedo conto di questa sua antipatia.

"Mi ha mentito. L’ho aiutato molto nei mesi in cui stava preparando il suo libro "Jihad in Italia". L’ho fatto conoscere nelle diverse comunità islamiche italiane, ho garantito per lui, mi chiamava due volte al giorno e più volte l’ho ospitato a casa mia. Ma certe cose - tra l’altro, la fatwa subita per aver sostenuto la possibilità che in Arabia Saudita sorgano delle chiese - gli avevo chiesto di non scriverle. Non l’ha fatto e ha tradito la mia fiducia. C’è poi l’iniziativa del Manifesto dei musulmani moderati (vedi Lo strano appello dei “musulmani moderati”) e dell’incontro con Ciampi. Mi è sembrata un’operazione di potere: lui vuole accreditarsi come leader dei musulmani moderati ma cerca solo uno spazio personale".

Mi tolga una curiosità: che significa "Hamza"?

Magdi Allam con Paolo Mieli.

"E’ uno dei cento modi di chiamare il leone in arabo. In questo caso è il leone rampante. Quando nel 1975 ero in Tunisia a concludere il mio percorso di conversione, i miei amici arabi storpiavano sempre il mio nome in ‘Rbirto’. Così ho chiesto loro di darmi un nome arabo. In quel periodo al cinema passava un film sulla vita del Profeta, in cui, secondo i miei amici, uno dei protagonisti mi assomigliava: era Antony Quinn che impersonava Hamza, lo zio di Maometto, un grande combattente e difensore del Profeta".

Veniamo all’Islam. Il Corano può essere tradotto?

"Sì, certo."

Allora si può pregare in una lingua diversa dall’arabo?

"Si può commentare il Corano in ogni lingua, ma la preghiera e la lettura del testo sacro durante i riti deve avvenire in arabo. Vede, il Corano non è un testo ispirato da Dio come la Bibbia e i Vangeli, ma è direttamente dettato da Allah al Profeta. Il Corano è a tutti gli effetti parola di Dio ed è lo strumento unificante dell’Islam".

Ma non è contraddittorio ritenere intraducibile un testo sacro che poi ogni fazione usa per emettere scomuniche contro le altre, interpretando il Corano a proprio piacimento?

Dietro il pizzetto, le labbra, solitamente pronte alla risposta, si bloccano per un istante, forse per prudenza.

"Io penso che il Corano possa essere ancora interpretato".

Esiste però una scuola di pensiero che sogna la cristallizzazione dell’Islam e il rigido rispetto delle norme che reggevano la prima comunità musulmana di Medina.

"E’ vero, in un certo periodo della storia, all’inizio delle crociate, si pensava fosse finito il tempo dell’interpretazione. Io, come molti altri musulmani, credo che non sia più così: la tensione tra la conoscenza del testo e il suo contesto, ossia il tempo in cui viene letto, è ineliminabile".

Lei si è definito un soldato della jihad, intendendo con questo termine lo sforzo di moderare le passioni e operare per la pace. Altri intendono con jihad la lotta armata contro il nemico. Come si conciliano queste due interpretazioni?

"Sono entrambe jihad perché si tratta sempre di uno sforzo per la libertà. Quella in Iraq è una resistenza contro l’occupazione americana. Se gli austriaci invadessero il Trentino, lei non scenderebbe in strada con le armi a difendere la sua terra?" Dopo un istante di imbarazzato silenzio, gli chiedo conferma delle sue parole: davvero quella in Iraq è jihad?

"Sì, certo"

Per un attimo ho sospettato che la risposta fosse troppo lapidaria per l’argomentare di Piccardo. Probabilmente la risposta era diretta più ai fedeli musulmani che al cronista: in un’altra occasione, avrebbe trovato una formula più problematica? Non sono riuscito a chiarire questo dubbio.

A frenare un accordo tra musulmani e lo Stato italiano, è anche la frammentazione degli islamici in tante sigle?

"La frammentazione non è una giustificazione, visto che l’Italia ha stipulato accordi con diverse chiese protestanti. Semplicemente non ci sono le condizioni. Basta pensare che l’accordo con gli ebrei, presenti in Italia da sempre, è molto recente. Anche per il prossimo futuro non vedo grandi possibilità di cambiamento.".

Ma allora com’è possibile che la comunità islamica diventi per lo Stato italiano una comunità ‘normale’?

"Credo che si debba partire dalla legge sulla libertà religiosa che era stata presentata in Parlamento la scorsa legislatura. Purtroppo questa maggioranza la sta stravolgendo rendendola addirittura limitante delle libertà fondamentali, tanto che alcuni intellettuali ebrei hanno chiesto che non venga approvata".