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QT n. 22, 24 dicembre 2004 Servizi

Il condono preventivo: in sintonia con Berlusconi

Vuoi costruire? Vuoi abbattere? Basterà una dichiarazione di inizio attività...

Salvatore Ferrari

Si è detto e scritto molto nelle ultime settimane in merito al disegno di legge 25 (detto anche omnibus) presentato a febbraio dalla Giunta Dellai e convertito in legge il 10 dicembre dal Consiglio provinciale a larga maggioranza (20 favorevoli, 6 astenuti e 5 contrari su 31 presenti alla votazione finale). Le critiche sollevate durante le sedute della Commissione e ribadite durante la discussione in aula hanno riguardato più il metodo di predisposizione del testo legislativo, che non i contenuti. Pochi invece si sono preoccupati delle conseguenze devastanti, soprattutto in materia di urbanistica e di edilizia, che potrebbero derivare dall’applicazione di alcune norme. Le riflessioni presentate dall’Ordine degli Architetti e le richieste di revisione sottoposte da Italia Nostra e dal WWF sono rimaste inascoltate.

Le nuove disposizioni in materia urbanistica avranno l’effetto di ridurre e talvolta di annullare il potere di controllo preventivo degli organi tecnici, di liberalizzare gli interventi sugli edifici esistenti e di estendere la sanatoria paesaggistica all’ingente patrimonio di architettura rurale tradizionale. In perfetta sintonia col Governo Berlusconi, che con la Legge delega per la riforma in materia ambientale introdurrà un "condono edilizio generalizzato, senza limiti di volumi e di superficie, in barba ai vincoli paesaggistici e in clamorosa contraddizione col Codice Urbani" (Vichi de Marchi, Il Giornale dell’Arte, dicembre 2004), la maggioranza di centro-sinistra che amministra il Trentino concede il via libera ad un altrettanto grave condono permanente, o meglio preventivo.

Dal 16 febbraio 2005 (a 60 giorni dalla promulgazione della legge) le opere di restauro e risanamento conservativo, le demolizioni, le ristrutturazioni edilizie, le nuove costruzioni (dove esistono piani attuativi) le sopraelevazioni, gli ampliamenti saranno sottratti all’esame preventivo della commissione edilizia. Basterà una semplice dichiarazione d’inizio attività per avviare i lavori. Gli uffici tecnici dei Comuni avranno la possibilità (non l’obbligo) di effettuare entro 30 giorni dei controlli limitati agli aspetti formali, mentre quelli successivi diretti a constatare anche la conformità urbanistica degli interventi eseguiti saranno svolti su un campione minimo del 20%. Difficilmente in un così breve lasso di tempo i tecnici comunali (in molti Comuni limitati ad un solo geometra talvolta in servizio a metà tempo), oltretutto oberati da altri impegni burocratici, potranno garantire un controllo efficace tale da garantire la salvaguardia dei paesi trentini, centri storici compresi. E’ chiaro, inoltre, che le verifiche condotte a fine lavori saranno inutili di fronte a danni irreparabili già realizzati.

L'assessore all'Urbanistica Mauro Gilmozzi.

Un altro punto, introdotto all’ultimo momento da un emendamento di Dellai, sottoporrà a gravi rischi il patrimonio edilizio montano esistente, costituito da baite d’alpeggio ma anche da malghe, mulini, fucine e segherie, anche se in disuso o riattati. Nel caso di interventi riguardanti edifici sottoposti a risanamento conservativo o a ristrutturazione, esclusi quelli soggetti a restauro,"qualora il richiedente... dimostri al Comune mediante una perizia che l’immobile presenta condizioni statiche tali da non consentirne il recupero... il Consiglio comunale (non la commissione edilizia!, n.d.r.) può autorizzare il rilascio della concessione edilizia per la realizzazione del progetto di recupero proposto, anche in deroga alle previsioni degli strumenti urbanistici vigenti o adottati".

Ma chi decide se un immobile di edilizia rurale tradizionale va sottoposto o meno a restauro? Una delibera del 2002 della Giunta Provinciale aveva individuato nel censimento del patrimonio edilizio montano lo strumento attraverso il quale i Comuni avrebbero ottenuto, per ogni edificio, i dati conoscitivi indispensabili per definire le condizioni e le modalità di intervento per una corretta conservazione e valorizzazione. L’art. 5 della LP.10/2004 esonera però, di fatto, le Amministrazioni comunali dall’obbligo di censire questo patrimonio, grazie alla possibilità di "specificare gli indirizzi e i criteri generali" stabiliti dalla Giunta Provinciale. E in mancanza di un’attenta e dettagliata catalogazione saranno inevitabili gli interventi d’alterazione architettonica, paesaggistica e di destinazione d’uso, oppure sarà possibile sanare abusi già realizzati, probabilmente senza incorrere in sanzioni penali. E’ bastata la presentazione del d.d.l. 25 per sospendere il lavoro di censimento nel territorio del Comune di Moena, mentre quello di Trento, dopo aver individuato analiticamente il proprio patrimonio edilizio montano (tra cui 18 baiti localizzati sul monte Bondone), è giunto alla conclusione che all’interno del territorio comunale "non vengono individuati edifici tradizionali esistenti ai sensi dell’art. 24 bis della L.P. 22/91 e dar luogo quindi agli adempimenti previsti dalla stessa Legge e dalla D. G. P. n. 611 del 22.05.2002". Possibile?