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QT n. 1, 15 gennaio 2005 Servizi

I vigili del fuoco volontari hanno cent’anni

Una lunga storia gloriosa, ma anche, di recente, ricca di ambiguità e polemiche.

Michele Sternini

Il 17 dicembre 2004 la Federazione provinciale dei vigili del fuoco volontari del Trentino ha festeggiato i 50 anni di vita. Era nata infatti mezzo secolo prima, il 17 dicembre del 1954, come Unione provinciale su proposta di tredici persone, tutti uomini, in rappresentanza delle principali valli del Trentino. Si trattava per lo più di portavoce del volontariato pompieristico, soppresso dal fascismo nel 1935, sopravvissuto nelle aree più lontane dal capoluogo, costrette a difendersi dagli incendi, dai bombardamenti bellici e da altre calamità naturali con i propri mezzi.

Il Raggruppamento nazionale, l’85° di stanza a Trento, dipendente dal Ministero dell’Interno, era troppo lontano per garantire il pronto intervento in caso di sinistri, in un territorio come quello regionale, orograficamente e nella tipologia urbanistica assai complesso ed articolato, con centinaia di comuni, frazioni e masi sparsi. Le formazioni comunali, nate ancora sotto il Governo austro-ungarico, e quindi con un’esperienza pluridecennale, pur falcidiate nei numeri dei loro componenti e nelle dotazioni, erano sopravvissute ai provvedimenti centralistici di Mussolini che aveva dirottato nel Corpo nazionale più di 1.400 uomini dell’antincendio del Trentino, giovani pompieri che erano finiti a presidio delle grandi città, nelle colonie e nelle retroguardie delle truppe militari al fronte.

I numeri scaramantici sia del 17 che del 13 risulteranno tuttavia fortunati, nonostante le prove del passato regime che aveva tentato di estirpare quest’esperienza e le difficoltà di decollo nel primo dopoguerra.

L’Unione dunque viene fondata da un manipolo di volonterosi che erano passati attraverso il travaglio del Ventennio, tutti desiderosi di ripristinare l’antica organizzazione che agiva capillarmente sull’intero territorio attraverso i corpi comunali a supporto dei quali operava un gruppo permanente, dipendente all’inizio dal comune di Trento e poi dall’Ente territoriale provinciale, prima della nazionalizzazione.

Era stata una legge del 28 novembre 1881, che porta la firma dell’Imperatore d’Austria e Ungheria, Francesco Giuseppe, nota come "Regolamento di Polizia sugli incendi", a dare vita ad un nuovo e moderno sistema per la prevenzione e la lotta agli incendi, all’impianto legislativo tuttora in vigore, aggiornato ovviamente in molte sue parti, ma intatto nella sua filosofia originaria.

Alle nuove disposizioni, peraltro assai complesse (basti pensare che numerose norme riguardano la pianificazione urbanistica e territoriale, imponendosi come la prima "carta" della moderna dottrina urbanistica), erano tenuti ad attenersi tutti gli agglomerati di almeno 50 case.

In estrema sintesi si tratta di un provvedimento di riforma delle precedenti direttive nel settore antincendio e delle consolidate tradizioni delle "visite" alle case e delle "deputazioni del fuoco", dell’attività dello "spazzacamino", della precettazione di uomini e di mezzi con l’introduzione della figura istituzionale del "pompiere", volontario, assoldato e aziendale, di prescrizioni vincolanti e di nuove figure burocratiche, gli ispettori, per far rispettare le leggi con un organismo pubblico a dettare la politica di settore.

L’Unione provinciale viene fondata a circa sei mesi dall’approvazione del nuovo Ordinamento regionale del servizio antincendi, approdato nell’assemblea legislativa il 2 ottobre 1953 e licenziato il 20 agosto del 1954 dopo ben otto impegnative sedute di discussioni. Nel corso del dibattito si erano scontrate fondamentalmente due posizioni: una centralistica, tesa ad affidare allo Stato il governo della materia dell’antincendio, e l’altra propensa a ripristinare, pur in chiave aggiornata, l’antico sistema cancellato dal fascismo. A battersi per questa seconda ipotesi è soprattutto la SVP che trova infine il sostegno della DC e di altri gruppi politici minoritari.

A dire il vero, fin dal 1946 un gruppo di comuni trentini, singolarmente, ma anche in forma associata, soprattutto in Vallagarina si erano battuti per l’instaurazione della vecchia organizzazione antincendio che restava profondamente radicata nelle coscienze dei cittadini e nella vita delle comunità. I vigili del fuoco del Trentino avevano conseguito apprezzamenti lusinghieri in tutte le città in cui avevano operato e dagli stessi alleati per il coraggio nelle operazioni anche più rischiose, tanto da guadagnarsi l’appellativo di "Stukas". Dopo l’8 settembre 1943 e durante l’Alpenvorland li si voleva trasformare in forza di polizia locale, data la loro efficienza e spirito di corpo, ma l’idea di dotare le singole formazioni di armi era stata respinta, dai loro portavoce, con sdegno. La stessa cosa era accaduta nel primo conflitto mondiale. L’esito era stato lo stesso.

L’Unione prende forse la propria denominazione dallo stesso motto del movimento: "L’unione fa la forza", coniato agli albori dell’attività, a fine Ottocento, in sostituzione del precedente slogan, "Volere è potere". I due motti riflettono indicazioni e principi ideali diversi, legati ai contesti storici diversi. In "Volere è potere" prevale la scelta individuale rispetto al lavoro collettivo.

Il "volere" era un’opzione in qualche maniera da forzare, in quanto il potere era riservato a pochi, ma l’atto di disponibilità e di sfida al pericolo elevava anche il povero ad un rango superiore.

Ma in seguito prevale una concezione del volontariato ancorata ad un diverso ideale, quello della solidarietà, della gratuità, dello spirito di gruppo, del bene collettivo.

Orbene, quel 17 dicembre vengono gettate le basi del nuovo organismo, l’Unione provinciale dei corpi dei vigili del fuoco volontari del Trentino, con la sottoscrizione di un documento di impegni scritti a mano, su un foglio bianco, da parte dei tredici promotori, che eleggono presidente Mario Leoni, già vice comandante dell’ 85° Corpo nazionale, e l’ing. Mariano Beltrami vice presidente.

Viene stabilito fra l’altro di prendere contatto con i corpi periferici (da qui la certezza storica della sopravvivenza in quasi tutti i comuni degli antichi gruppi comunali), di indire le elezioni distrettuali e di allestire un ufficio "cui fare capo per i rapporti con i comandanti".

L’Unione non nasce in un ufficio notarile, ma in un caffè cittadino, il "Caffè degli Specchi" nel cuore di Trento.

Otto Florian di Pozza di Fassa, è l’unico dei firmatari ancora in vita. Ha militato nel movimento pompieristico per tutta la vita, come pompiere semplice, comandante del corpo comunale, ispettore distrettuale della valle di Fassa. Con orgoglio detiene tuttora gelosamente il foglio ingiallito dell’atto di fondazione, un pezzo di carta conservato come una reliquia e come tale esibito in occasione della cerimonia rievocativa del mezzo secolo di attività.

Con il passaggio delle competenze il settore antincendi è passato dalla Regione alle due Province autonome di Trento e di Bolzano. Si sono affinate le dotazioni, le tecniche addestrative con l’istituzione della "scuola provinciale dell’antincendio". E’ cresciuto il campo di operatività che va a coprire l’intero comparto della protezione civile.

Quasi tutte la caserme sono state ristrutturate.

Il servizio antincendi arruola da anni le donne. Il Trentino ha anticipato di gran lunga nel tempo questa tendenza, inserendo le prime rappresentanti del gentil sesso nel corpo intercomunale del Primiero. Ma la scelta è stata giudicata spesso, dagli organi sindacali nazionali della categoria, come una variante del folclore pompieristico trentino e sudtirolese. Non importa se il sistema nel suo complesso funzioni in tutta la Mitteleuropea.

Altro elemento distintivo la presenza di giovani "allievi", un fenomeno senza precedenti da studiare anche dal punto di vista psicologico ed educativo. Sono un migliaio i ragazzi e gli adolescenti presenti nella formazioni giovanili, legittimate da apposite norme di legge. Rappresentano il vivaio per il futuro sia per il corpo permanente della Provincia che per i gruppi comunali.

L’esperienza regionale ha fatto scuola a livello nazionale grazie anche all’impegno profuso in occasione delle calamità pubbliche, dei terremoti del Friuli, dell’Irpinia, della Valtopina, di disastri come l’alluvione di Canelli, dell’emergenza incendi boschivi in Sardegna.

E’ nata l’associazione nazionale dei vigili del fuoco volontari. L’opera di proselitismo, sul piano legislativo ed operativo, fatica tuttavia ad imporsi, nonostante la piena affidabilità sperimentata a Trento e Bolzano dal connubio tra volontariato organizzato e struttura pubblica. L’apprezzamento è sempre stato generale, ma alcune fronde di pregiudizio ideologico e politico sono di ostacolo per la nascita di esperienze similari.

Dalla istituzionalizzazione ufficiale, ovvero dall’Ottocento in poi, confermando una precisa scelta di campo i vigili del fuoco volontari si sono sottoposti al confronto internazionale dove sono stati conseguiti numerosi allori, ma dove è maturata la convinzione sul ruolo delle manovre addestrative, che devono essere costanti per mantenere alto il grado di efficienza e di preparazione.

Pure lo sport è entrato prepotentemente nella vita del pompiere volontario con tutte le sue discipline. Lo sci da anni è motivo di richiamo per volontari e permanenti con campionati italiani e mondiali.

La classe politica tiene in serbo come un gioiello di famiglia questa realtà che ha potuto contare nei suoi anni di storia su personalità di grande prestigio, su coordinatori "pubblici" di spicco del settore lungimiranti, disponibili, benvoluti, e forse troppo in fretta rimossi, vista la dimenticanza che se n’è fatta in occasione della cerimonia rievocativa dei dieci lustri di vita dell’Unione il 17 dicembre scorso.