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QT n. 5, 12 marzo 2005 Servizi

Bufera sulla Magnifica Comunità di Fiemme

22 consiglieri su 42 sfiduciano il Consiglio dei Regolani: mai, nei secoli, la comunità era arrivata a un livello di credibilità così basso.

Era attesa da tempo, la bufera. I Vicini di Fiemme non ne potevano più. Polemiche fra regolani, i conti della segheria incredibilmente in rosso, totale assenza di confronto e rispetto dello Statuto. Così, da anni, fin dall’epoca di Italo Craffonara, veniva governata la Magnifica Comunità di Fiemme.

Il palazzo della Magnifica Comunità.

I dissenzienti di allora (ricordate la proposta del parco del Lagorai, o quella del voto a suffragio universale?) venivano attaccati personalmente sul giornale dell’ente che entra in tutte le famiglie delle 11 Regole e messi alla gogna. Negli anni Novanta siamo arrivati alla riforma dello statuto, ed ancora chi chiedeva maggiore trasparenza, poteri al Comun Generale (una sorta di Consiglio di valle) è stato irriso. Più volte, già nella scorsa legislatura, si era arrivati vicini al passo traumatico delle dimissioni della maggioranza dei consiglieri. Ma timori, od azioni di piccolo cabotaggio, erano sempre riuscite a rompere il fronte degli oppositori. Questo fino al febbraio 2005, quando finalmente le dimissioni dei 22 consiglieri (su un totale di 42), hanno messo in evidenza in modo traumatico una situazione di sofferenza democratica e di incapacità politica intollerabile.

Per svegliare questo pachiderma istituzionale ci voleva proprio il coraggio, la spavalderia del "no-global" Francesco Gilmozzi, il regolano di Cavalese che sorprendentemente aveva vinto le elezioni nella sua Regola (vedi La Comunità delle sorprese). E’ stato lui il legante di tante anime politiche diversissime fra loro presenti nel Comun Generale, anime certo diverse, ma unite dalla volontà di ritornare ad offrire dignità a questo ente millenario.

Le reazioni alle dimissioni di massa sono state sorprendenti.

L’opinione pubblica, i Vicini, guardano per ora con simpatia all’accaduto.

A tutti infatti appare evidente l’inconsistenza degli attuali amministratori, la loro protervia ed arroganza nell’amministrare, il loro rifiuto dell’ascolto. Già l’astensione dal voto due anni fa avrebbe dovuto lanciare un allarme, e poi il sondaggio recentemente condotto dal quotidiano Il Trentino aveva denunciato la disaffezione della popolazione verso questo ente. In quel frangente lo Scario aveva perfino rifiutato l’invito del giornale di sedere al tavolo del dibattito pubblico. Per timore, o per non far apparire con la sua incapacità propositiva e politica in vista delle elezioni di Daiano, dove vorrebbe candidare a Sindaco?

A parte la posizione di Claudio Betta da tempo conosciuta, non erano scontate le reazioni degli Scari (i presidenti) del passato: Italo Craffonara, Bruno Sommariva, Giuseppe Giacomelli. I primi due avevano di fatto blindato la proposta di statuto, avevano istituito un Comun Generale privo di senso e competenze e avevano rifiutato ogni riforma. I loro commenti contro gli attuali amministratori sono stati durissimi, palle infuocate: ma va detto che l’età gli fa dimenticare responsabilità dirette nell’attuale situazione di sfacelo.

Ma sono le reazioni dei regolani non dimissionari (10 su 11) a tramortire: "Non molleremo... Sostituiremo i dimissionari... Ci appelleremo ad un parere Legale" - dice lo Scario Elvio Partel, che in Consiglio ha preteso di essere l’unico ad intrattenere rapporti con la stampa.

Ma uno dei più agguerriti difensori dello status quo, il regolano di Predazzo Luca Giongo, non rispetta l’ordine del silenzio, e contrattacca andando diritto al cuore degli avversari, ma senza portare una minima spiegazione della crisi economica della segheria di Ziano, nemmeno un cenno di autocritica.

Francesco Gilmozzi, il regista della protesta, rilancia invece: "Non si rendono conto di quello che fanno… E’ assoluta mancanza di rispetto dei Vicini… Non si guarda al bene comune, ma al valore delle careghe".

La crisi è grave, mai la Comunità era arrivata ad un livello di credibilità, di fiducia tanto basso.

E’ una crisi che si rovescia sulla valle mentre il progetto Casa Fiemme è bloccato, dopo che il Consiglio d’amministrazione aveva rifiutato la collaborazione della Provincia nella ricerca e nel progetto di marketing.

E’ una crisi che ha sofferto l’imposto silenzio sulla truffa delle fatture falsificate della vendita di truciolati che ha visto coinvolti la ditta Legno Sud (BZ), la segheria della Comunità nei confronti della Bioenergia, la società che gestisce l’impianto di teleriscaldamento di Cavalese.

E’ una crisi politica, che soffre il silenzio caduto su un’altra occasione perduta della Comunità, quella di ricostituire la storica riserva di caccia dell’ente per impedire la migrazione da altre vallate o province di cacciatori non autoctoni.

Su tutto questo, e non solo, grave è stata la mancanza di chiarezza dell’attuale Scario. Da mesi si sa con certezza che candiderà a sindaco a Daiano, il suo destino di Scario era dunque segnato, essendo le due cariche incompatibili. Ma ancora oggi Elvio Partel non ha avuto il coraggio della chiarezza: certo è che un simile passaggio che lo vede sconfitto come presidente della Comunità, lo vedrà molto più debole anche nella prospettata figura di futuro sindaco.

Ma non sono solo questi i passaggi delicati che la magnifica Comunità di Fiemme deve ora affrontare.

Cavalese e la Val di Fiemme.

Ora, i consiglieri dimissionari devono riprendere un protagonismo propositivo forte. Devono inviare a tutti i vicini delle 11 Regole alcune proposte precise che riformino l’ente, che lo rendano adeguato alle esigenze di una società sempre più complessa, che recuperino passione verso questo ente, che facciano ritrovare ai Vicini i percorsi della democrazia, della capacità di confronto elementi base della storica forza della Magnifica Comunità di Fiemme. Se dovesse tardare questo passaggio, questa indicazione di prospettiva l’azione dirompente messa in atto rischierebbe di rimanere velleitaria e di far riprendere fiato e speranza a quanti hanno lavorato per trasformare l’ente in un doppione del Comprensorio, in un’azienda che dispensa cariche e privilegi.

Ma la Comunità deve anche rispondere in tempi brevi ad esigenze forti presenti in valle. Come continuare a coltivare questi stupendi boschi?

Come offrire garanzie di alta professionalità a decine di operatori?

Come utilizzare al meglio la risorsa legno, o l’alto valore dei pascoli d’alta quota?

Come mantenere legati al territorio boscaioli, gli allevatori, i cacciatori, i vicini?

E’ una bufera che ha solo messo in luce una profonda, lunga crisi di identità, crisi accentuata dalla pochezza culturale degli attori.