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Terza corsia e città inquinate

Sudtirolo, Autobrennero e gestione delle città. Singoli disgraziati episodi? No, un preciso modello di sviluppo.

Il presidente della Giunta provinciale di Bolzano si affretta a smentire: non si tratta affatto di una terza corsia, è solo una corsia d’emergenza, da usarsi per il transito, in casi eccezionali.

Lo ricordo bene. Era il 2001 e lo staff dirigenziale dell’Autobrennero S.p.A. incontrò la Giunta regionale (di cui chi scrive faceva parte) e i due presidenti delle Giunte provinciali. Per quella di Trento c’era anche l’assessore ai Lavori pubblici, il potente Lunardi nostrano. E il presidente dell’A22 spiegò che si aveva l’intenzione e si voleva l’autorizzazione di allargare la corsia d’emergenza ben oltre la misura regolare, per poter permettere, nei 52 giorni annuali in cui c’erano code, di far scorrere il traffico su tre corsie. Poiché non si può fare la terza corsia, per le resistenze della popolazione, si pensava di risolvere in questo modo la situazione.

Il presidente trentino ed il suo assessore si dissero molto favorevoli. Quello di Bolzano disse invece candidamente che la cosa si poteva fare, ma non doveva essere resa pubblica, perché altrimenti sarebbero sorte opposizioni forti anche all’interno del suo partito. Uno dei tecnici presenti, l’ingegner Bergmeister, spiegò che si sarebbe potuto allargare la corsia d’emergenza solo fino alla misura necessaria per la sua funzione propria, garantendone la messa in sicurezza, ma senza prevederne un uso di corsia normale. Ma tutti (salvo naturalmente la sottoscritta) furono d’accordo nel consentire un ulteriore ampliamento della portata dell’autostrada. Troppo difficile e poco redditizio era impegnarsi a favore di politiche di riduzione del traffico pesante, a favore del miglioramento della ferrovia e delle altre modalità di trasporto meno inquinanti.

La sottoscritta non tacque, ma non furono molti a sostenere gli interessi della popolazione, specialmente di quella che abita lungo il percorso dell’autostrada, che chiedeva e chiede che il traffico venga ridotto, e che questa richiesta venga portata in tutte le sedi, comprese quelle europee.

Oggi alcuni esponenti della SVP della Bassa Atesina, rimasti allora ben silenziosi di fronte alle polemiche sui mass media, accusano l’A22 di voler fare ciò che ha fatto, e aveva già deciso, e loro lo sapevano perché ne avevano scritto anche i giornali, e cioè la terza corsia. Devono mettersi in mostra, in vista di un appuntamento elettorale. Poi non se ne sentirà parlare più. Come della variante all’autostrada "panoramica" che attraversa su viadotto Bolzano, passando sopra le teste e rovesciando tonnellate di inquinanti sui quartieri circostanti (come risulta da un preciso studio reso pubblico un paio di anni fa dall’Ufficio aria e rumore della Provincia e non da qualche comitato rivoluzionario): da tre tornate elettorali se ne parla per un mese, e poi silenzio.

Il modello di sviluppo che prevale, senza più voci critiche a livello politico, essendo tutti interessati più ai posti in Consiglio d’amministrazione della A22 piuttosto che alle scelte in materia di viabilità, è quello della crescita senza freni. E se si vogliono avere più turisti, più compratori, più visitatori di mercatini, più mega-eventi, più ipermercati in centro città, c’è bisogno di più vie d’accesso.

In settori come il trasporto urbano su ferro, anche in situazioni assolutamente favorevoli come l’area intorno a Bolzano e fra il capoluogo e Laives o l’Oltradige, la Provincia e i Comuni, di capoluogo e dintorni, mostrano tutta la loro impotenza e incapacità di governare i trasporti. Tanto che comincia a sembrare non incapacità ma scelta consapevole quella di mettere in atto politiche che rifiutano ogni limite e contestano anche i limiti di leggi europee.

Gli amministratori bolzanini, in una giunta di cui fanno parte anche i verdi (sia pure senza molto titolo di merito, purtroppo) hanno attaccato il ministro dell’Ambiente, reo di tante colpe, ma in questo caso solo di far rispettare la direttiva comunitaria del 1999 contro l’inquinamento atmosferico, recepita in Italia da un decreto del 2002 e in vigore dal 1° gennaio di quest’anno.

La direttiva europea - non il ministro - stabilisce che la densità delle polveri sottili nell’atmosfera non può superare i 50 microgrammi per metro cubo d’aria per più di 35 giorni l’anno. Parecchi cittadini e cittadine attendono con rassegnazione di averli raggiunti, e ciò avverrà presto, per poter imitare le associazioni ambientaliste venete che si sono rivolte alla magistratura per costringere le loro amministrazioni comunali a rispettare norme che sono fatte non, come i politici comunali credono, per dar loro fastidio nel periodo preelettorale, ma per salvaguardare la salute delle persone, anzitutto bambini e anziani, e ridurre le malattie e le spese sanitarie per asma, bronchiti e tumori.

Un intero quartiere, assediato dal traffico, esasperato dall’indifferenza decennale nei riguardi di una situazione gravissima di inquinamento da polveri e rumore, si è mobilitato contro la proposta di allargare a quattro corsie una via interna al quartiere, secondo un progetto del Comune volto a favorire l’accesso in auto a un megasupermercato, considerato stranamente di buon occhio, mentre da anni lo stesso Comune fa una lotta spietata ad un centro commerciale situato a due chilometri dal centro città. Il sindaco si è lamentato in TV del blocco stradale, fatto da vecchiette e bambini in carrozzella, evidentemente ormai tutti eversori.

La terza corsia dunque non è un caso, ma fa parte di una visione dei trasporti e del traffico che ha al centro dell’interesse dei politici lo sviluppo, anzi una falsa concezione dello sviluppo, e che non tiene per nulla in considerazione gli interessi della salute e del benessere della popolazione.

Non è un discorso moralistico. Si tende a dimenticare gli studi che hanno dimostrato come il traffico su strada porti ad una diminuzione del reddito e del benessere economico nelle aree alpine. E dunque a quale logica risponde la terza corsia?

L’entusiasmo imprenditoriale per il tunnel del Brennero cade nel silenzio sulle questioni che un ente pubblico che svolge il suo ruolo per il bene pubblico non può lasciare senza risposta: a chi serve?

Quando e come verranno costruiti quei tratti che salvaguardino dal rumore dei treni la popolazione che vive nelle città e nei paesi lungo la ferrovia?

Non verranno a mancare i soldi proprio per questo?

E allora se questa è proprio la prospettiva, che la situazione del rumore non migliori, per quale ragione si deve costruire una nuova linea ferroviaria lungo un tratto, quello del Brennero, in cui meno della metà della capacità è utilizzata?