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Procreazione, un quesito in meno

l referendum sulla “procreazione medicalmente assistita” e una sentenza contraddittoria della Consulta.

Finalmente conosciamo la motivazione della sentenza con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile il referendum che aveva per oggetto la abrogazione totale della legge 40/2004 (norme in materia di procreazione medicalmente assistita).

La normativa della nota questione, di cui si è largamente dibattuto, è composta di 18 articoli raggruppati in 7 titoli: "Principi generali; Accesso alle tecniche; La tutela del nascituro; Strutture autorizzate all’applicazione delle tecniche; Divieti e sanzioni; Tutela dell’embrione; Disposizioni finali e transitorie". Si tratta della prima legislazione organica relativa alla procreazione medicalmente assistita, che investe senza dubbio interessi e diritti costituzionali.

Tale legge è stata pesantemente criticata da larghi settori dell’opinione pubblica e dagli ambienti scientifici: secondo alcuni perché troppo permissiva, per altri perché retriva e violatrice del principio di eguaglianza. La discussione è sfociata nella proposta di 5 referendum, di cui uno totalmente abrogativo. La Corte Costituzionale ha ammesso i 4 parzialmente abrogativi su punti decisivi della legge, ma ha respinto quello che in latino si definirebbe per lancem saturam, cioè a piatto pieno.

La sostanza del ragionamento fatto dalla Corte è il seguente: le leggi ordinarie aventi un contenuto "costituzionalmente garantito" non possono essere soggette a referendum abrogativo totale, perché potrebbero essere lesi principi costituzionalmente protetti. La Corte si rifà alla storica sentenza 16/1978 in cui aveva affermato "l’esistenza di valori di ordine costituzionale, riferibili alle richieste referendarie, da tutelare escludendo i relativi referendum".

Perché la questione sia più chiara al lettore, le "leggi costituzionalmente garantite" sono solo quelle "che non possono venir modificate o rese inefficaci, senza che ne risultino lese le corrispondenti disposizioni costituzionali": per esempio, nel caso di specie, l’eguaglianza dei cittadini (art. 3), i diritti della famiglia (art. 29), la libertà della scienza (art 33), la salute della donna (art. 32), ecc. La legge sulla procreazione assistita è secondo la Corte una di queste.

Colgo qui una grave contraddizione: se la legge 40/2004 è costituzionalmente garantita, non potrebbe essere non solo abrogata (cioè resa inefficace), ma neppure modificata! Perché allora la Corte ha ammesso gli altri 4 referendum che colpiscono la sostanza della legge? Se i punti riguardanti la tutela del concepito, la possibilità di utilizzare a scopo scientifico gli embrioni in soprannumero, la inseminazione eterologa, l’accertamento della sanità degli embrioni, la salute della donna, ecc. saranno abrogati o modificati dai referendum, non resterà più nulla di sostanziale della legge 40/2004.

A me pare dunque che la Corte sia entrata in contraddizione con la sua giurisprudenza, e abbia commesso un errore giuridico con gravi conseguenze politiche. Infatti il quesito non ammesso (totalmente abrogativo) era fra i cinque il più facilmente comprensibile per gli elettori, e ciò insieme ad altri fattori peserà molto sul raggiungimento del quorum.

Chi volesse saperne di più, può leggere la sentenza ed il commento dell’avv. Mario Fusco su "Diritto e Giustizia" n°7, 19 febbraio 2005, pag. 74-80.