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QT n. 12, 18 giugno 2005 Servizi

Dalla parte dell’orso

Dopo la benevola curiosità iniziale, la reintroduzione del plantigrado in Trentino sta provocando allarmismi assurdi, che la stampa enfatizza.

In questi ultimi tempi ci sono state diverse prese di posizione nei confronti degli orsi presenti in Trentino. Esponenti politici dei vari schieramenti sia della maggioranza che dell’opposizione, hanno manifestato la loro preoccupazione, per non dire contrarietà, rispetto alla presenza dell’orso in provincia di Trento. Questa levata di scudi contro i plantigradi è dovuta al fatto che alcuni esemplari si sono spinti in cerca di cibo vicino o nei centri abitati, procurando danni agli allevamenti di pecore e galline.

Tra le varie misure e soluzioni indicate c’è chi propone di catturare gli orsi e rimandarli nelle loro zone d’origine (in Slovenia), chi consiglia di metterli in grandi recinti...; alcuni pensano che si possa tranquillamente sparare a questi animali, definiti problematici.

Un tale allarmismo ingiustificato, che viene da persone con incarichi di governo, è estremamente grave, in quanto sull’opinione pubblica ha un impatto negativo, creando un conflitto uomo- orso simile a quello esistente in passato, quando chi uccideva un orso riceveva un premio in denaro; la differenza è che a quei tempi la specie era ben rappresentata e non correva pericoli di estinzione .

Ogni volta che l’orso si comporta da orso (non è un passero) predando le specie più facili da catturare, si assiste ad una crociata contro l’animale, sfruttato, a livello politico e giornalistico, con titoli cubitali che raccontano le sue scorribande e le proteste di allevatori e apicoltori, anche se a questi vengono rimborsati i danni, e in tempi - mi si dice - brevi.

A questo punto, per capirne di più, facciamo un passo indietro, partendo da quando è partito il progetto di immissione dei nuovi orsi nel territorio del Parco Adamello Brenta.

Il progetto, chiamato "Life Ursus", è nato allo scopo di salvare dall’estinzione l’orso bruno del Trentino, che nel 1997 contava poche unità, 3-4 orsi. Da anni non c’era più traccia di riproduzione e quindi di esemplari giovani. Il Parco commissionò ad alcuni esperti uno studio di fattibilità per un ipotetico reinserimento di orsi provenienti dall’est europeo, allo scopo di rinsanguare l’esigua popolazione esistente. Lo studio arrivò ad una conclusione positiva, sia per quanto riguardava l’habitat che l’accettazione sociale, ovvero una grande parte della popolazione era favorevole all’introduzione di nuovi soggetti da catturare in Slovenia. La ricerca stabilì anche che il territorio poteva tranquillamente contenere e garantire la sostenibilità alimentare a 50-60 orsi, una popolazione vitale per il futuro della specie.

Dopo varie problematiche burocratiche, il 16 aprile del 1999 il Comitato Faunistico Provinciale deliberò all’unanimità l’autorizzazione alla liberazione dei primi esemplari di orso nel territorio del Parco Adamello Brenta: per la prima volta cacciatori e ambientalisti si trovavano d’accordo. Le province di Sondrio, Verona, Brescia, Bolzano, la Confederazione Elvetica, la regione Lombardia , l’Istituto Nazionale della Fauna Selvatica aderirono al progetto.

Da allora sono stati liberati 10 orsi catturati in Slovenia; ne erano stati previsti 9, ma una femmina morì poco tempo dopo sotto una valanga, e pertanto venne sostituita con un’ altra. Attualmente, secondo gli esperti del progetto "Life Ursus", vivono in Trentino 18-20 orsi, 11 dei quali nati in provincia, e quindi considerati a tutti gli effetti autoctoni.

Dopo una fase d’iniziale entusiasmo, per il perfetto adattamento degli orsi al nostro territorio, e per le nuove nascite, indice del successo del progetto, siamo passati ad una fase di contrarietà, rispolverando nella gente ataviche paure. Addirittura si ipotizza che l’orso sia un deterrente nei confronti del turismo, quando, al contrario, l’animale è un veicolo attrattivo senza confronti: basta verificare cosa succede nei parchi nazionali ed esteri, dove migliaia di visitatori frequentano le aree protette proprio perché c’è l’orso, e addirittura moltissime persone si sobbarcano trasferte nei parchi americani e canadesi per osservare gli orsi, spesso accompagnati dai rangers.

Questo atteggiamento di contrarietà e paura, che una parte, finora minoritaria, dell’opinione pubblica dimostra, grazie soprattutto alle continue uscite sui giornali, è estremamente pericoloso, anche nei confronti di tutte le altre specie, di carnivori, rapaci, ecc. che sono costretti, se vogliono vivere, ad alimentarsi con altri animali selvatici o domestici. I predatori, considerati fino a qualche anno fa animali nocivi (ma riabilitati dal mondo scientifico come indispensabili nella catena alimentare) stanno rischiando seriamente l’estinzione per la persecuzione diretta da parte soprattutto dell’ambiente venatorio. In questo clima di terrorismo faunistico e di paure ridicole, sta per arrivare spontaneamente sul nostro territorio il lupo, un’altra specie superprotetta a livello internazionale, ma che probabilmente, senza un’informazione adeguata, incontrerà una notevole opposizione da parte dei cacciatori e allevatori che può vanificare, come successo per la lince, il ritorno della specie.

Tornando all’orso, la sua situazione è già difficile anche senza gli allarmismi di cui dicevamo: l’animale è infatti costretto a nascondersi negli angoli più reconditi delle foreste (se ce ne sono ancora), mentre le strade forestali e gli impianti sciistici continuano ad avanzare riducendo continuamente il suo habitat, per non parlare di quelle persone che vanno a cercarlo per scoop fotografici, da vendere a questa o quella rivista o per collezioni private, attivando una gara, tra chi farà la foto più bella e più originale, chi avrà l’immagine o il filmato dell’accoppiamento, del parto invernale, o dei piccoli. Inevitabilmente questo inseguimento costringe l’animale a frequenti spostamenti. Può così succedere che un femmina con i cuccioli arrivi nei pressi di centri abitati, oppure avere degli atteggiamenti intimidatori nei confronti di qualche sprovveduto fotografo o curioso nel tentativo di difesa dei piccoli. Quello che succederebbe è facilmente immaginabile: i titoli cubitali dei giornali porterebbero in prima pagina l’evento dell’orso aggressivo, e i politici si scatenerebbero chiedendo la testa dell’animale, per salvaguardare l’incolumità pubblica; poco importa che la colpa sia dell’uomo che volutamente l’ha cercato. L’orsa diventerebbe a questo punto problematica ed entrerebbe in funzione l’unità di crisi del Servizio Foreste con licenza di uccidere. A quel punto la sorte del plantigrado e dei suoi cuccioli sarebbe segnata: la madre probabilmente verrebbe uccisa (perché pericolosa) ed i cuccioli abbattuti o sistemati in un centro visite o in uno zoo.

Mi permetto di ricordare a fotografi e curiosi, che la legge provinciale sulla fauna 24 /91 "Norme per la protezione della fauna selvatica e per l’esercizio della caccia", all’art 38 comma 1 lettera j, vieta a chiunque di portare disturbo, molestare, e inseguire, la selvaggina per qualsiasi scopo.

In conclusione, credo che una riflessione vada fatta e che occorra ricordare che la specie umana è quella che ha un maggior impatto negativo nei confronti del pianeta e delle altre specie animali, l’unica in grado di provocare la propria e l’altrui estinzione; e che, per assicurare la propria sopravvivenza, deve garantire e tutelare la biodiversità in tutte le sue espressioni: compresi l’orso, il lupo e la lince.