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Oriente Occidente, dal Madagascar alle banlieues

Dal Madagascar all’India, dalla Grecia alla Bulgaria, il Festival Oriente Occidente amplia quest’anno i suoi confini culturali, aprendosi alle contraddizioni e alle frontiere nascoste della globalizzazione e tornando finalmente ad occuparsi del continente africano, pur se nella chiave di lettura ‘occidentalizzata’ dello stile hip-hop.

Più che di tradizione in senso stretto, la cultura hip-hop parla dello sradicamento e del senso di disadattamento provato dagli afroamericani costretti a sottostare alla dura legge della strada, luogo simbolo della vita nei ghetti neri delle periferie urbane, capace però di trasformarsi, grazie alla musica rap e alla break dance, in spazio di evasione quotidiana. Globalizzandosi, il fenomeno è rimbalzato in Europa e ha trovato nelle multietniche banlieues parigine il substrato ideale per la sua diffusione; alla Francia sono legate per vari motivi le tre compagnie che si esibiranno a Rovereto: Révolution, versione al femminile della tradizione hip-hop, La Baraka e Up the Rap, gruppo del Madagascar che mescola i passi di break con quelli più tipici della tradizione indigena.

Di periferie cittadine e marginalità tratta anche il "Lago dei cigni" rivisitato e ambientato in un campo nomadi dal coreografo greco Konstantinos Rigos, mentre il tema dell’esilio viene affrontato nel lavoro di Sophie Tabokov, che concluderà il suo spettacolo invitando il pubblico a riunirsi intorno alla Campana dei Caduti in una simbolica danza per la pace. Scelta di campo pacifista anche per Anne Teresa De Keersmaeker, che nello spettacolo "Once" si rifà alle lotte degli anni ‘60 danzando sulle note di Joan Baez, mentre in "Desh" si avvicina alla tradizione musicale indiana.

E l’India è l’altra protagonista orientale del Festival, rappresentata dalla compagnia di Shobana Jeyasingh e da un breve ciclo di conferenze e video dedicati al fenomeno ‘Bollywood’.

Dalla danza tradizionale si passa a quella virtual-tecnologica dei Random Dance e alle ironiche astrazioni di Luc Petton, per tornare poi a rifugiarsi con l’ultimo lavoro della compagnia Abbondanza-Bertoni nella sfera del mito. Novità assoluta di quest’edizione è infine quella del "Bal Moderne", proposta d’intrattenimento/apprendimento rivolta ad un pubblico rigorosamente di non danzatori ma desideroso di cimentarsi con brevi coreografie proposte da alcune compagnie presenti al festival. Chissà se il tentativo di coinvolgere il pubblico trentino, solitamente un po’ riluttante, andrà effettivamente in porto...