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La moda di contraffare la moda

Come contrastare un’industria illegale che in 10 anni è cresciuta del 1700%.

Scarpe, borsette ed altri accessori simili in tutto e per tutto al prodotto originale ma che troviamo per pochi euro presso qualche venditore abusivo. Oppure prodotti che paghiamo a prezzo pieno di cui crediamo di conoscere la qualità ma che invece si rivelano essere "bidoni". Questo e molto altro ancora offre il mercato della contraffazione nel mondo.

Una pratica, quella di imitare fraudolentemente un prodotto famoso, che gli storici fanno risalire addirittura a 2000 anni fa. Se a quei tempi, però, si cercava di imitare soprattutto le monete imperiali, oggi per chi fa contraffazione vi è l’imbarazzo della scelta tra abbigliamento, accessori, giocattoli, tecnologie, e persino medicinali.

In epoca moderna il mercato globalizzato della contraffazione ha incrementato rapidamente il proprio giro d’affari. Secondo le stime di Indicam - l’Istituto di Centromarca per la lotta alla contraffazione - negli ultimi dieci anni i prodotti contraffatti hanno registrato un incremento su scala mondiale del 1700%. La contraffazione è diventata un’industria gigantesca che porta un impatto negativo sulla stabilità del sistema economico-sociale e dei soggetti che vi operano: secondo alcune stime i beni contraffatti rappresentano circa il 5-7% del commercio mondiale, per un valore di 250 miliardi di euro l’anno. La Camera di Commercio internazionale stima che sono circa 200.000 i posti di lavoro persi in Europa per l’attività di contraffazione che viene svolta prevalentemente in Estremo Oriente. In Cina soprattutto, ma anche negli altri paesi del sud-est asiatico e in alcuni paesi dell’Europa dell’est, dove il costo della manodopera e delle materie prime è talmente basso che persino la criminalità organizzata nostrana ha ritenuto più conveniente importare merce contraffatta che produrla nei laboratori clandestini in Italia.

A fronte del pesante impatto che la contraffazione ha sul sistema socio-economico di un paese, l’anticontraffazione e la difesa di marchi e brevetti sono spesso sottovalutati: i soggetti del mondo economico-sociale o non hanno una consapevolezza delle conseguenze negative portate dalla contraffazione (è soprattutto il caso dei consumatori), o non sanno quali sono i propri punti vulnerabili a condotte di falsificazione (è il caso delle imprese), quindi non riescono a trovare un’efficace azione di contrasto.

Proprio per ragionare su questi temi Transcrime ha condotto, in collaborazione con l’Osservatorio per l’economia sana della Camera di Commercio Industria Agricoltura e Artigianato di Milano e il Centro Nazionale di Prevenzione e Difesa Sociale (CNPDS), un progetto per analizzare l’impatto dell’attuale regolazione sul mercato della moda finalizzata alla riduzione delle opportunità criminali.

Il rapporto, concluso lo scorso luglio, presenta una valutazione del livello di vulnerabilità del sistema moda lombardo, soprattutto per il sottosettore abbigliamento-accessori, a forme di contraffazione e usurpazione, ovvero alle opportunità di infiltrazione illecita da parte di attività criminali.

Lo studio aveva l’obiettivo di rispondere a due domande:

1) Quali rami e processi produttivi del settore moda lombardo possono considerarsi vulnerabili alla contraffazione e usurpazione? 2) Qual'è il livello di vulnerabilità di ciascun ramo/processo produttivo del settore, a condotte di contraffazione e usurpazione, su una scala da molto basso a molto elevato?

Lo studio ha valutato il livello di vulnerabilità a condotte di contraffazione ed usurpazione dei quattro rami del settore moda (1. natura del prodotto, che si riferisce alle qualità del prodotto del settore moda; 2. soglia di accesso al mercato, che si riferisce alle condizioni minime da integrare per accedere al settore moda; 3. mercati alternativi al mercato della moda, che si riferisce ai mercati alternativi – legali o illegali – in cui le merci del mercato moda possono essere prodotte e distribuite; 4. il contesto europeo, che si riferisce al livello di influenza delle politiche comunitarie del settore moda sulle politiche nazionali degli stati membri). Ha inoltre analizzato la vulnerabilità dei processi produttivi del settore (acquisti; vendite; contabilità; amministrazione; risorse umane; produzione; distribuzione).

Sintetizzando i risultati finali, possiamo constatare come nel settore moda la tipologia di prodotto, la forte estensione del mercato nero, l’attuale debolezza dei sistemi di law enforcement e la non sempre impeccabile etica aziendale delle imprese terziste sono i principali fattori di vulnerabilità del mercato.

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