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QT n. 22, 23 dicembre 2005 L’editoriale

“Questi odiosi parassiti...”

L'involuzione della finanza nelle recenti vicende bancarie.

Gianpiero Fiorani

C’è un aristocrazia, anzi più esattamente una plutocrazia anche nel mondo del crimine. Se leggete ladro o furto o scippo, capite subito di che si tratta. Anche omicidio è una parola chiara. Sono i delitti dei balordi o di persone che non sopportano le tensioni, anche famigliari, ed esplodono in atti inconsulti. Già la rapina o l’omicidio della criminalità organizzata cominciano ad assumere caratteri più sofisticati, l’impronta di una certa professionalità. E’ un primo gradino verso una categoria di delitti meno plebei, sorretti da una fredda premeditazione ed anche da un apparato esecutivo che implica più o meno cospicui mezzi finanziari.

Ma l’apice è rappresentato dai delitti dei colletti bianchi, dai delitti contro l’economia e l’amministrazione pubblica. Il peculato e la corruzione ci portano nelle atmosfere rarefatte dal potere pubblico, sfumate in sottili manovre elusive e complici ammiccamenti. E tuttavia non raggiungono ancora i vertici sublimi dei delitti contro l’economia pubblica. A questo livello tutto si fa misterioso. Già il nome suo proprio, aggiotaggio, è una rarità lessicale esclusiva. Ma per renderlo ancora più impenetrabile viene comunemente tradotto nell’anglofono termine inside trading, che significa appunto sfruttare notizie riservate, vere, false o tendenziose, al fine di influire sulle quotazioni dei valori di borsa per compiervi operazioni speculative.

Entriamo nel mondo della finanza. Non dell’economia, si badi. Perché la finanza non produce beni, ma solo plusvalenze monetarie e controllo delle società. I protagonisti di questo mondo sono i finanzieri, gli investitori istituzionali, cioè banchieri, assicuratori e dirigenti di società finanziarie. Ma il materiale finanziario da essi manovrato proviene in gran parte dalla massa dei piccoli risparmiatori, attori non protagonisti di vicende che spesso diventano dei thriller. Vedi Cirio, Parmalat, bond argentini.

Mi sembra istruttivo rileggere ciò che scriveva a proposito delle frodi di borsa, appunto l’aggiotaggio, Vincenzo Mancini, più di mezzo secolo fa, nel suo fondamentale trattato di diritto penale: "Sono frodi che, nella massima parte dei casi, richiedono un’azione associata, una organizzazione, più o meno formalmente disciplinata, di affaristi, di vampiri del risparmio altrui, di affamatori. Questi odiosi parassiti che si reclutano in grande numero tra i banchieri, i borsisti e gli agenti di cambio, vanno purtroppo quasi sempre impuniti, sia per la loro scaltrezza, sia per la difficoltà della prova, sia perché i giudici (ed è loro onore) nulla o poco conoscono della pratica borsistica, sia infine per la solidarietà plutocratica, che non lascia indifesi i più tipici campioni della classe. La frode è abilità professionale per l’etica dei borsisti e degli affaristi in genere".

Stavolta a costoro è andata male. Pare che la giudice Clementina Forleo, ammirevolmente riservata, di borsa un po’ se ne intenda, se è riuscita a capirci quanto basta per incastrare Fiorani ed i suoi complici.

Antonio Fazio

Fra questi, persino Antonio Fazio, il governatore della Banca d’Italia. La circostanza è sconcertante. Può darsi che Fazio ne esca assolto. Ma è incredibile che un uomo così pio com’è lui abbia impiegato così tanto tempo per capire che doveva dimettersi.

Ha sbagliato almeno due volte. Quando ha deciso di ostacolare l’acquisto di due banche italiane da parte di gruppi europei in nome di una estemporanea autarchia bancaria, e quando per una tale antistorica operazione si è affidato ai personaggi inaffidabili che in questi giorni occupano le cronache giudiziarie. E pensare che erano suoi amici!