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QT n. 22, 23 dicembre 2005 Servizi

La ricerca fra Bill Gates e il portaborse direttore

Il Centro Microsoft a Trento, le nuove potenzialità, i bei discorsi di Dellai, il ruolo di comando affidato a un portaborse.

E’ stata di Leroy Hood, presidente e fondatore dell’Institute for Systems Biology di Seattle, la frase che più ha colpito l’immaginazione: "Lavoriamo perché, tra 10-15 anni, si realizzi la medicina predittiva-preventiva. Ognuno in casa, appoggiando il dito in un apparecchio che gli analizzerà il sangue, si farà predire le prossime malattie. E poi, in appositi laboratori, si farà confezionare le medicine personalizzate che impediranno a queste malattie di insorgere".

"Allora, non moriamo più? – gli abbiamo chiesto.

La sede del Centro con il presidente Lorenzo Dellai, il rettore Davide Bassi, e il vicepresidente di Microsoft Research Rick Rashid.

"Beh – ci ha risposto ridendo - diciamo che ci potranno essere problemi per i posti per i giovani: l’Organizzazione Mondiale della Sanità prevede (nei paesi sviluppati n.d.r.) un prossimo allungamento della vita di 10-20 anni. Diciamo una cosa: stiamo lavorando per spostare la medicina, dalla malattia alla salute.".

Questo è dunque l’ambito scientifico-tecnologico in cui si muove il Centro di Ricerca Microsoft/Università di Trento, testé inaugurato sulla collina di Trento: far convergere due scienze distinte, l’informatica e la biologia, verso esiti come quello esemplificato.

A dire il vero, di mirabolanti scoperte prossime, anzi imminenti, anzi già effettuate, abbiamo avuto notizia soverchie volte, dai laboratori dell’Irst: ricordiamo una miracolosa arcivernice, poi il traduttore in Intelligenza Artificiale con cui si parlava in dialetto e usciva la traduzione in inglese o arabo o uzbeko, poi il supercomputer che avrebbe portato alla rottamazione tutti gli altri, poi il robot... (vedi Irst, il bambino e l'acqua sporca su QT n° 12 del 14.6.94) Poi, anche perché il responsabile di tutte queste meraviglie (la buonanima dott. Stringa) era stato infine giubilato, dai laboratori di Povo sono cessati gli annunci clamorosi. Comunque, ne siamo usciti vaccinati: sappiamo che le previsioni degli scienziati rispetto al loro lavoro, hanno poco di scientifico.

E’ quindi guidati da una simpatia strategica mitigata però da un pizzico di scetticismo, che vediamo il sorgere del nuovo Centro di Ricerca. Che parte su presupposti solidi: il lavoro all’Università di Trento del prof. Corrado Priami, sfociato giusto un anno fa (vedi Al Teatro Sociale è di scena la scienza sul numero 22 di QT del 2004) in un importante convegno internazionale tenuto al Sociale di Trento, realizzato anch’esso assieme a Microsoft, sullo stato dell’arte dell’interazione tra informatica e biologia. "E’ stato molto utile per stimolare nuove iniziative, ricerche, programmi finanziati anche dall’Unione Europea. E il frutto forse più significativo è proprio questo nuovo Centro – ci dice Priami, che della nuova realtà è presidente e amministratore delegato – Il punto è ora raggiungere, in diverse realtà, una massa critica di studiosi impegnati nel settore."

Su questo ha scommesso e investito Microsoft. Perché? La presenza dell’impresa leader mondiale nell’informatica risolve alcuni interrogativi, e ne apre altri.

Anzitutto dissipa ogni dubbio, se ci fosse stato, sulla solidità dell’iniziativa: se è vero che Bill Gates investe a Trento bruscolini (contemporaneamente apriva in India un altro centro – più sul versante commerciale che su quello scientifico - con alcune migliaia di ricercatori), è anche vero che non è abituato a rincorrere farfalle. E d’altronde la presenza a Trento di alcuni dei massimi papaveri del pianeta Microsoft testimoniava la rilevanza attribuita all’iniziativa.

Un’aula della nuova sede della Facoltà di Scienze, con panorama sulla Paganella.

Che quindi si è radicata a Povo innanzitutto in seguito al lavoro del prof. Priami; ma anche perché il contesto viene giudicato positivo. A iniziare dal livello dell’Università, dalla predisposizione dell’ente pubblico a finanziare e favorire la ricerca, dall’assenza di intralci burocratici (in soli dodici mesi - si è più volte sottolineato - si è passati da un convegno all’inaugurazione della sede del Centro) e anche - non ultimo - dalla gradevolezza dell’ambiente circostante. Parte della presentazione avveniva infatti nella nuova ala della Facoltà di Scienze, con le aule che davano sul verde della collina di Povo e sullo sfondo il Bondone e la Paganella innevati; e gli ospiti, stranieri e non, ne erano estasiati: si facevano fotografare, professori e amministratori delegati, in quegli spazi luminosi con l’imponenza delle montagne alle spalle.

E’ il discorso - fatto su QT nel numero scorso, La cultura molla dell'economia: funziona? - dell’attrattività di un contesto, indispensabile oggi per attirare i "talenti" (secondo la definizione di Richard Florida) e dar vita all’economia della conoscenza: e Trento, a conferma della ricerca del team di Florida, ha delle buone carte da spendere, ma per altri aspetti è ancora indietro "Alcuni potenziali ricercatori del nuovo Centro hanno storto il naso quando hanno capito che avrebbero dovuto trasferirsi qui" - ci ha rivelato il prof. Priami.

Dunque il Centro è costituito da una società controllata ugualmente al 50% da Microsoft e dall’Università. "Potevamo aprirlo da soli, i soldi li abbiamo - precisava Umberto Paolucci, vicepresidente di Microsoft - Ma vogliamo interloquire con altre realtà, perché la scienza procede così, per confronti".

Corrado Priami, presidente del nuovo Centro di ricerca.

Questo è un tasto su cui battevano gli uomini della corporation: la priorità alla scienza. Sembra che i soldi non contino, o che in ogni caso vengano dopo. Quindi il Centro è senza fini di lucro, i risultati scientifici verranno resi pubblici, gli eventuali software messi a disposizione delle Università; "E se ci fossero - il che per ora non prevediamo - brevetti, per applicazioni da vendere a società commerciali, i ricavi ritornerebbero nella ricerca, perché il nostro fine non è far soldi" - ribadisce Priami.

Ma la Microsoft che ci ricava? E’ diventata un ente di beneficenza? Tutto il buonismo sparso a piene mani dai suoi uomini, non è sospetto? In un’azienda che si è conquistata la leadership mondiale con la determinazione, l’astuzia, la preveggenza, ma anche sotto accusa nei tribunali di mezzo mondo per pratiche discutibili?

"Quello che vogliamo è far avanzare la conoscenza. E poi, se l’uso dei computer si amplia a nuovi orizzonti, Microsoft se ne avvantaggerà. Ma questo è solo un risultato secondario - ci risponde Rick Rashid, vicepresidente di Microsoft Research. E d’altronde lo stesso motto del Centro (di Leonardo ":Quegli che pigliavano per altore (cioè ispirazione) altro che la natura, maestra de’ maestri, s’affaticavano invano") indica l’intenzione bidirezionale Informatica-Biologia, non solo applicazioni informatiche in campo biologico, ma anche nuovi sviluppi dell’informatica desunti dalla biologia come modello di funzionamento.

Il vicepresidente di Microsoft, Umberto Paolucci.

Umberto Paolucci difende l’azienda e rilancia: "E’ vero, siamo stati sotto accusa dagli Usa all’Europa alla Corea, ma sempre perché i nostri prodotti costano troppo poco, o li diamo gratis. Noi rivendichiamo due risultati: aver reso il software disponibile a poco prezzo per tutti, e aver contribuito a creare degli standard uguali in tutto il mondo. Detto questo, noi continuiamo a dare priorità alla ricerca: gli investimenti in Scienza come quello di Trento sono solo una parte della Ricerca e Sviluppo che porta avanti la compagnia. Ma tra i due momenti non c’è contraddizione: noi crediamo nella ricerca e nella scienza per formare un nuovo futuro, per aiutare le persone a realizzare il potenziale che hanno".

Gli uomini di Microsoft questi ottimi propositi li esprimono con tanto calore, che sembra che ci credano. Glielo diciamo. "E’ così, ci crediamo davvero" - rispondono.

Un altro che sembra credere a quel che dice è il nostro presidente Dellai. A Povo, di fronte agli ospiti stranieri, ha fatto un bel discorso ("Investire in ricerca è a rischio e a lunghissima scadenza; non porta quindi facile consenso. Ma lo facciamo, come lo han fatto i nostri predecessori, e come lo farà chi ci seguirà").

Altrettanto bello, anzi ancor più convincente, articolato, puntuale, è stato l’intervento per illustrare il bilancio provinciale. Che ha sintetizzato la visione prospettica, la grande strategia territoriale, e gli interventi di settore. Con una argomentata priorità assegnata al settore ricerca/formazione. Bene.

Poi però viene fuori l’altra faccia di Dellai, che annulla la prima. Avevamo già preannunciato (QT n° 16 Un portaborse a capo della ricerca trentina?) come a dirigere l’Itc, il massimo istituto di ricerca trentino, sarebbe stato chiamato tal Alessandro Dallatorre. Uno scienziato, un esperto del settore? Macché, Dallatorre, laureatosi alcuni mesi or sono, non ha titolo alcuno: se non quello di essere il portaborse del presidente. Anzi, in tale veste è pure molto mediocre: come autore di testi politici è un disastro: frasi stucchevoli in barocco politichese, su cui a più riprese abbiamo ironizzato, ben prima che si pensasse a inimmaginabili promozioni.

E ora un tale personaggio, personificazione dell’incompetenza, viene messo a capo della ricerca trentina.

La cosa è troppo clamorosa per essere fatta tutta in un colpo, ma per tappe successive: in questi giorni l’inserimento a tempo determinato nello staff del presidente con l’inquadramento da dirigente (punto dolente: il nostro neolaureato non ha alcun curriculum e l’ufficio giuridico sta cercando una qualche gabola per far passare il provvedimento); poi, in un secondo tempo, la promozione a direttore, che vuol dire controllore della struttura.

La vicenda è illuminante della cultura di Dellai, che è sinceramente convinto della necessità di ridisegnare, modernizzandolo, il Trentino. Ma che poi pensa che tali finalità possano convivere con le pratiche più bassamente dorotee.

Perché, di grazia, quale struttura può essere efficiente, se a capo ci si mette un incompetente? Dove l’incompetenza non è un accidente, ma un preciso requisito: il presidente vuole mettere nei punti chiave suoi sottopancia, che non abbiano alcun merito se non la fedeltà. Che poi questo non si concili con gli obiettivi conclamati, pazienza. Quel che conta è il potere.

Ma questo giochino quanto potrà ancora andare avanti? E con quanti danni?