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Milano, 14 gennaio: in tante, uguali e diverse

Lucia Coppola

C’era persino il sole sabato 14 gennaio a Milano, un’aria quasi gentile se confrontata con le temperature dei giorni scorsi, e le facce sorridenti delle persone ai lati delle strade che fotografavano e ci dicevano: "Brave!".

Strade larghe, ampi viali sui quali sfilavano cortei che si intersecavano e si spezzavano, si riunivano, anche tre paralleli. Una marea di donne e molti uomini che affettuosamente ci hanno accompagnate, solidali con la nostra battaglia. Striscioni e cartelli, bandiere, semplici fogli appesi con lo scotch: "Femminista attempata ma sempre arrabbiata". Bandiere della pace e del sindacato, dei partiti della sinistra. Ma soprattutto creatività, intelligenza, immediatezza, ironia e auto ironia: "Meno/pausa più movimento" ne è un esempio, e ci ha fatto sorridere.

Molti sorrisi anche sui visi delle donne anziane, molte anche ultraottantenni, e di quelle della mia generazione, le "ex ragazze del ‘900", quelle che il femminismo l’hanno inventato e sperimentato, che si sono battute con forza, energia, orgoglio per l’autodeterminazione, in difesa del corpo femminile, della salute, per maternità consapevoli.

Mi ritrovo dietro lo striscione del nostro orgoglio di donne libere, insieme alle compagne di sempre, ed è un bell’incontro che si svilupperà nel corso della giornata, nel lungo cammino che ci porterà verso il palco commosso, intenso di piazza Duomo; e ci sembra di volare, nonostante la stanchezza, e ballare, con la felicità impalpabile dell’essere insieme in tante, uguali e diverse. Anche al tavolino di un bar elegante sorseggiando finalmente cioccolata calda, dopo tante ore all’aperto, nel lungo giorno di gennaio che portava già in sé le promesse della primavera. Sarà questa luce nuova a farci brillare gli occhi? Nei nostri racconti di donne, mamme, ora anche nonne, speranze e paure, stanchezza per lo stato del nostro Paese, voglia di non arrenderci. Zapatero è lontano ma presente in molti slogan, così come papa Benedetto, a cui si chiede più rispetto. Come al solito politica e "personale" si incontrano e si incrociano nei nostri discorsi a tratti concitati. Ci coccoliamo, ci complimentiamo, stiamo ancora abbastanza bene, per fortuna, siamo ancora abbastanza forti, molti angoli smussati, meno polemiche e protagonismo, lasciate da parte le divisioni del tempo che fu ci confrontiamo, forti delle nostre esperienze, delle differenze e della coerenza che ci ha riportate in piazza. Ci sono Franca e Daniela, Donatella, Barbara, Delia, Paola, Luisa, Claudia, Ornella, Marilisa, Gianna e la Cina, la Pia e tutte le altre trentine.

Siamo partite imbacuccate, nella gelida mattina, da piazzale Zuffo, speranzose, timorose, convinte della necessità di essere a Milano, in collegamento telepatico, politico e affettivo con piazza Farnese a Roma: è lì che si lotta per le "famiglie di fatto" e per uno stato laico che garantisca tutti e tutte. Le individualità, le coppie e i differenti modi con cui uomini e donne decidono di vivere la propria vita, quando questa non entra in rotta di collisione con le scelte/altre: delle famiglie benedette, tradizionali, canoniche. Nessuno le mette in discussione, in nessuna piazza d’Italia.

Con noi qualche ragazza giovane, per fortuna. Nella piazza si snodano percorsi generazionali diversi, uniti dal filo rosso della libertà, del rispetto della persona, della necessità di ribadire che questi diritti ormai dati per acquisiti sono pesantemente e quotidianamente messi in discussione dalle intrusioni clericali che nel nostro paese influenzano la politica in modo davvero pesante. E’ questa la manifestazione delle ragazze, delle mamme e delle nonne contro un governo di centro-destra che dimostra ad ogni piè sospinto di nutrire un rispetto quasi inesistente per le scelte delle donne, sempre più precarie nel lavoro, e contemporaneamente accusate di non fare bambini, sempre più relegate a far fronte ai tagli nei servizi sociali che le ributtano nelle case ad accudire bambini, anziani, malati. Sempre più sole davanti a scelte importanti e dolorose come quelle dell’interruzione di gravidanza. La difesa della 194 passa infatti per i consultori da potenziare e sostenere, per una seria politica contraccettiva che coinvolga anche gli uomini e i ragazzi giovani, per la condivisione di una sessualità sicura e responsabile, nell’uso dei contraccettivi, nel rispetto del corpo delle proprie mogli e compagne. Nessuno di noi vuole ritornare agli aborti clandestini, praticati in condizioni precarie dal punto di vista sanitario, pagati a peso d’oro, vissuti come drammi che lasciano segni indelebili nell’anima ancor prima che nel corpo. Ed è un dato innegabile quello che ci dice che gli aborti sono dimezzati dall’ entrata in vigore della legge. Quegli aborti che non sono di destra né di sinistra, che mettono sullo stesso piano ragazze e donne di differenti classi sociali, di diversa istruzione, di differenti credi politici; che per la loro drammaticità hanno fatto sì che la legge 194 venisse scelta nel corso di un referendum consultivo con larga maggioranza. Di diverso, rispetto a qualche anno fa, c’è la presenza di molte donne giovani straniere nel nostro paese, precarie, sole, in difficoltà.

E’ necessario che anche loro vengano coinvolte, che sia resa esplicita la loro domanda di tutela, di sicurezza, di cura e prevenzione. Sono infatti, insieme alle ragazze giovani poco informate sul rapporto tra sessualità, maternità e contraccezione, i soggetti più deboli rispetto al rischio di gravidanze indesiderate e maternità impossibili.

Tutto questo è stato detto nelle strade di Milano, con il ritmo vitale degli slogan antichi, riesumati e riadattati. Le ragazze giovani sorridevano ai nostri sforzi nel ricordare, alla veloce rielaborazione, all’allegria delle nostre parole d’ordine. Un gruppo di donne siciliane, che riprendeva i nostri slogan e li rilanciava, ci chiede di dove siamo. "Di Trento" rispondiamo. "Però, che grinta!" ribadiscono ammirate. "Non lo sapevate che il femminismo è nato a Trento? - rispondo io orgogliosa.

Camminare insieme carica e convince, ogni passo è più leggero. Prima della partenza del corteo, di 200.000 manifestanti, in un baretto scorgiamo un’anziana, dolce signora dallo sguardo mite e sereno. E’ Lidia Menapace, gli ottanta li ha passati da tempo, è arrivata a Milano con il pullman dell’Alto Adige. E’ davvero una persona straordinaria, viene voglia di baciarla, abbracciarla, portarsela a casa. E’ anche grazie a persone come lei, con quella cultura, quella lucidità, quel coraggio, se l’Italia della Costituzione e della democrazia resiste, si conta, si confronta. Se tutto non è ancora perduto. E persone come lei infondono vigore e forza alle nostre battaglie di donne libere. Pronte sempre a fare la nostra parte, a non dare niente per scontato, a ribadire che adesso come trent’anni fa è possibile contrastare le forze retrive di chi ci vuole silenziose, chiuse e rinchiuse, lontane e competitive, perdenti e rinunciatarie. Così non siamo e non saremo mai.

"Tremate, tremate, le streghe son tornate!" e sono belle, fiere, determinate e attive, pronte a lottare per la vita, per i diritti, per la pace e la giustizia. Queste importanti manifestazioni sono dunque una ripartenza in quel cammino di liberazione che come un fiume lungo attraversa il mondo e le coscienze.

Grazie