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L’Italia s’è desta

Ha vinto una medaglia per l’Italia, ma non conosce perfettamente l’inno di Mameli. E’ grave?

Devo rammentarLe che anche la gentile consorte del Capo dello Stato ha reso a suo tempo testimonianza in diretta Tv della non conoscenza del testo dell’inno di Mameli?" - chiede in una lettera al giornale un signore di Vipiteno. La persona cui si rivolge è una giornalista della Rai che ha ritenuto suo diritto mettere alla berlina in diretta il fresco vincitore di una bella medaglia.

Gerhard Plankensteiner (a sinistra) e Oswald Haselrieder.

Gerhard Plankensteiner, in realtà, un po’ lo conosceva l’inno, ma non sapeva che l’avesse scritto Mameli. Era felice, abbracciato e festeggiato dal resto della squadra, dagli allenatori, lontanissimo dal cadere nelle trappole tese anche a casa sua dai fomentatori di discordia, pronto a dichiarare che la medaglia era per tutti quelli che l’avevano aiutato e sostenuto. Distanziato dal titolo del Dolomiten all’indomani della vittoria di Armin Zöggeler, "Gold für Südtirol" (oro per il Sudtirolo), un titolo preso male da molti, di entrambe le lingue, che continuano a vedere nello sport uno dei modi migliori per andare al di là delle ragioni di conflitto etnico.

E’ stato umiliato nel momento del trionfo, quando uno di solito non trova le parole per esprimere la propria gioia, e costretto a balbettare un canto. Povera Rai, che bruttissimo segno di ignoranza e di arroganza.

Un amico mi ha fatto notare che fra i giornalisti a Torino ce n’è uno che parla quattro lingue ed è semplice e simpatico, meravigliandosi che sia ancora lì. "Se sono bravi scompaiono" è la sua opinione di sportivo e fan appassionato (disinteressato alla politica).

Gli appassionati di sport invernali seguono l’informazione televisiva sulla Rai, quando c’è, ma più spesso si spostano sull’ORF, perché neppure in questo periodo di Olimpiadi "italiane" cede l’occupazione del calcio, con i suoi miliardi e le sue violenze.

La reazione della gente di Bolzano tuttavia è stata ed è bellissima. I giornali sono pieni di lettere indignate, molte con richieste di allontanamento e di licenziamento per Ivana Vaccari, la cronista responsabile di questa vergogna. "Prima di maltrattare un ragazzo che ha dedicato la propria esistenza all’impegno e alla rinuncia per raggiungere i vertici di una disciplina sportiva e che ha onorato al meglio la nostra nazione con le sue prestazioni, frutto di abnegazione, fatica e enormi sacrifici - scrive severamente un lettore di Vipiteno - veda di fare un utile confronto, che so, con quell’ampia schiera di mutandati che corrono dietro al pallone e che, osannati, occupano la quasi totalità dell’informazione sportiva in televisione: in quanto a conoscenza dell’inno e a cultura generale, sicuramente non sovrastano il nostro ragazzo". E un altro suggerisce che lo si chieda a Schumacher di cantare l’inno di Mameli.

Alcuni scrivono per consigliare alla Rai di mandare la Vaccari ai mondiali di calcio e far cantare tutti i ricchi calciatori.

Ettore Frangipane, ex -radiotelecronista della Rai, per decenni impegnato nell’informazione sugli sport invernali, ricorda che questi atleti parlano a casa, a scuola e spesso anche in squadra, in tedesco e chiede: "Vincono. Non basta? Li ho visti sventolare il tricolore. Non basta? Non vi pare il caso di ringraziare il cielo di poter disporre noi di atleti così solidi, così coraggiosi, così quadrati? Li vogliamo anche canterini?".

La Tageszeitung, giornale indipendente, dopo aver nei giorni precedenti criticato il titolo del Dolomiten, ha pubblicato l’inno di Mameli intero, con traduzione in tedesco a fianco. In tedesco sfuggono tuttavia le "finezze", che ancor oggi ci mettono in imbarazzo, noi che a scuola a suo tempo l’inno l’abbiamo imparato tutto intero. Già nella prima strofa: "…dell’elmo di Scipio s’è cinta la testa" e "stringiamoci a coorte" (formazione di battaglia dell’esercito romano) fino all’assurdo, soprattutto pretendendolo cantato da giovani vincitori di prove sportive: "siam pronti alla morte…". Alla vita si preparano invece, e li si dovrebbe aiutare e sostenere, dopo averli ammirati.

Infine dobbiamo essere contenti che la giornalista non conosca il testo intero dell’inno. Altrimenti, e ci vengono i brividi, avrebbe potuto pretendere che l’atleta sudtirolese cantasse l’ultima strofa: "Già l’Aquila d’Austria/ Le penne ha perdute./ Il sangue d’Italia/ Il sangue Polacco/ Bevé col cosacco/ Ma il cor le bruciò".