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Un voto faticoso

Certo, bisogna mandare a casa l’attuale governo; ma dopo le delusioni del voto amministrativo, non c’è nessun entusiasmo...

Una campagna elettorale spenta, quella che si svolge in queste settimane in Sudtirolo. Non siamo proprio come la Val d’Aosta, in cui la nuova legge elettorale ha ridotto l’unico importante appuntamento dei cittadini e delle cittadine con la democrazia a una semplice formalità.

Ma anche qui molti cittadini e cittadine, proprio nel momento in cui vi sono segnali di una nuova voglia di partecipare alla vita pubblica, si rendono conto che il loro voto è ininfluente e quindi superfluo. Vale qui ciò che vale altrove, l’inutilità per le donne di votare in una realtà in cui sono escluse per principio, da entrambi di contendenti.

Al confronto televisivo fra Berlusconi e Prodi, alle scemenze vergognose del primo, il secondo ha reagito cavandosela con alcune dichiarazioni generiche e risparmiando parecchio del tempo a disposizione, da dedicarsi evidentemente a questioni più importanti che non quella per cui l’Italia è il fanalino di coda per il riconoscimento dei diritti civili alle donne in politica. Nessuno dei due ha risposto alla breve e secca domanda su quante donne si intendono inserire nel prossimo governo. E lo stesso, per citare un’altra questione prioritaria in una provincia con i prezzi delle case alle stelle, è accaduto quando il presidente del Consiglio uscente (speriamo) ha esaltato la crescita dei prezzi del patrimonio edilizio: nessuno ha rilevato come la crescita dei prezzi diventi un dramma per chi la casa non ce l’ha e non costituisce un vantaggio neppure per chi la casa la possiede ma per abitarla. Un fatto che fa saltare agli occhi come sia difficile che in Italia la casa sia considerata dai politici più un oggetto di speculazione che un bisogno primario delle persone.

In città e soprattutto nelle valli, pochi manifesti appaiono sui tabelloni. A Bolzano le brutte lastre di metallo fanno parte ormai del paesaggio: in un anno vi sono state ben due estenuanti campagne per le elezioni comunali.

In piazza delle Erbe si è visto un rappresentante della SVP distribuire volantini del suo partito spiegandoli in italiano, effetto dell’onda lunga della campagna delle comunali, e della scelta di candidare un’italiana nella lista del partito etnico, benché all’indomani delle elezioni, si sia tornati alla "normalità" e, nonostante i tantissimi voti presi, Elena Artioli non abbia avuto alcun incarico nella nuova giunta. Ma questa volta la battaglia è finta, gli slogan sono strani e la gente reagisce con indifferenza.

Un inno alla ripresa delle maternità sta sui manifesti di un candidato di centro sinistra. Pochi svogliati appuntamenti, i candidati nominati attraverso giochi interni alle logiche di partito appaiono rilassati, già di fatto eletti sulla carta. La SVP in alcuni collegi come al solito risulta vincente ben prima della competizione. A ciò si aggiunge la schiacciante alleanza fra SVP e centrosinistra e il previsto tracollo dell’attuale disastrosa compagine governativa.

Prodi ha stretto un patto di ferro con la SVP, e questo è un buon segnale: il partito etnico si espone in una competizione nazionale schierandosi da una delle parti e non giocando sempre solo dalla propria, anche se, appena il professore gira la schiena, si affretta a spiegare che si tratta di un accordo tecnico, mentre rimane sordo alle richieste di prendere le distanze dai suoi esponenti scoperti a coltivare siti Internet antisemiti (vedi Nuovi nazisti e ambiguità sudtirolesi) e a spiegare le manovre a favore dell’autodeterminazione (di cui si è parlato in una "Lettera" precedente, La petizione) che si spera portino i voti dei due partitini di estrema destra.

Meno bene è che, in cambio, gli esponenti locali di centrosinistra, oltre a qualche posticino di sottogoverno per i propri funzionari ed adepti, chiedano modifiche dello Statuto che non sono in grado di gestire, data la loro debolezza e la prevalenza nel partito etnico di posizioni in questo campo nient’affatto disposte a concessioni a favore di una società etnicamente meno ingessata.

Una per tutte sia la richiesta, fatta dal centrosinistra, di una "sospensione" dell’applicazione della proporzionale etnica, con "aggiustamenti" futuri. Si rimanda di qualche anno la definitiva esclusione dei gruppi deboli (in questo momento italiani e forse anche ladini) dalla partecipazione alla spartizione dei posti pubblici. Così si innesca una bomba ad orologeria, invece di avere il coraggio di fare finalmente sparire una norma che ha dato già i suoi frutti positivi di riequilibrio e anche parecchi negativi, e di sostituirla con un impegno maggiore a favore della diffusione della bilinguità nelle nuove generazioni.

A questo proposito, la grave preoccupazione e consapevolezza della gente di fronte allo studio che ha dimostrato la scarsa bilinguità dei giovani di lingua italiana (ma uguale risultato darebbe un analogo studio fra quelli di lingua tedesca) non ha trovato fra i partiti politici alcuna reazione seria, salvo i consueti rapidi comunicati stampa. Eppure le famiglie, in particolare quelle con scarsi mezzi economici, lo sanno da un pezzo che i loro ragazzi e le loro ragazze faticano ad imparare la seconda lingua.

I partiti del centrodestra, dopo un lungo periodo di contraddittorie posizioni, fra la faticosa moderazione della maggioranza della dirigenza di Alleanza Nazionale e l’estremismo urlato di Forza Italia, vorrebbero ora, pensate un po’, dalla SVP un atteggiamento neutrale o riconoscente per ciò che ha fatto o non ha fatto il governo nei confronti dell’autonomia. Dimenticano (o cercano di far dimenticare) che se il loro governo avesse dato ascolto agli esponenti locali dei partiti che lo compongono, avrebbe dovuto buttare a mare gran parte dell’autonomia.

Più che in altre regioni, dove pure la depressione della cittadinanza è notevole nei riguardi della politica, a Bolzano si ripercuote anche la stanchezza della lunga campagna elettorale per il Comune di Bolzano, condotta in modo ideologico e che ora svela la debolezza di un confronto che ha esulato dai temi concreti e dagli interessi collettivi. Così la città è oggetto di una speculazione selvaggia, che è del tutto sfuggita al dibattito elettorale.

L’assessore all’urbanistica, un urbanista, si scusa pubblicamente per gli "errori" che gli sarebbero "sfuggiti" e che sono consistiti nel permettere ad alcuni selezionati costruttori di superare le cubature previste dalla legge e alle quali gli altri imprenditori si sono dovuti attenere.

Dopo le solenni promesse dello stesso assessore che non si sarebbero toccate le "pareti verdi" della città, avendone come moneta di scambio una colata di cemento sul resto della città, sulla collina del Virgolo, peraltro già oggetto di costruzione di alcuni condomini, si è aperto addirittura un sondaggio del giornale italiano sulla destinazione. Chi, con voce diffusa, ma flebile, affermi che uno spazio naturale è già bello di per sé, senza coprirlo di campi sportivi, discoteche, strade, cimiteri, case e palazzi per le più varie destinazioni, viene disprezzato in questo nuovo clima "futurista" che accomunando destra e sinistra identifica in centinaia di migliaia di metri cubi la definizione dei bisogni della città e della provincia. Tunnel del Brennero, mega-inceneritore, nuovi squallidi quartieri di grattacieli stile anni Sessanta, stazione ferroviaria. Intanto all’ospedale di Bolzano per una terapia urgente per il Parkinson si chiedono a gente di novant’anni due mesi di attesa, in lista, senza certezze sulla data, salvo quella di un (auspicato?) aggravamento, e tre mesi a una donna giovane per una visita al seno per un sospetto tumore.

Della grave situazione ambientale dovuta all’abbandono del problema del traffico non si parla più. A che cosa è servita la campagna elettorale, ci si chiede? In che cosa si differenzia una politica dall’altra? La gente, che ha orrore dei litigi etnici che i politici usano, contando sui giornali amici, per mettere in ombra le loro legittime esigenze, non reagisce.

Nei discorsi delle persone la mancanza di speranza, la disaffezione al voto, viene superata solo dalla voglia di mandare a casa l’attuale capo del governo e la sua coalizione. Ma rimane l’incertezza, e il timore, su che cosa ci aspetta dopo.