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Viva le tasse!

Le tasse e quale società si vuole: due temi strettamente correlati, affrontati solo con vergognose furbizie (dalla destra) o ambigue timidezze (dalla sinistra).

Di questa campagna elettorale parliamo già nell’editoriale di Renato Ballardini. E molti dei nostri lettori, grazie alle Poste privatizzate, leggeranno queste righe quando i primi risultati saranno già noti.

C’è però un tema che trascende il momento specifico. E riguarda la visione complessiva della società. E’ il tema delle tasse, ossessivo in questi giorni.

Diciamo subito che non ci ha convinto per niente l’approccio del centro sinistra. Timido, impacciato; che appariva insincero; e in buona parte lo era anche.

A nostro avviso invece una forza politica seria, consapevole, dovrebbe rivendicare, e con forza, un principio basilare: la centralità, in una società civile, dei servizi pubblici. Una banalità forse, ma che va ribadita: cosa sarebbe una società senza il tessuto connettivo formato da strade, scuole, amministrazione, giustizia, polizia, sanità? Tutte cose che abbisognano di entrate fiscali; quindi di tasse. "Le tasse non vanno demonizzate" ha detto Prodi durante il faccia-faccia con Berlusconi. Bene, ma era solo un inciso, per il resto via con le gambe tremanti "non faremo... noi non siamo quelli che... non è vero..." ecc.

Il punto è che dopo aver chiarito che la politica fiscale è sacrosanta, ci sono due sottoproblemi.

Primo: quale società si vuole. Se ad alta tassazione e basso livello di servizi; oppure viceversa, tasse basse e servizi ridotti all’essenziale. Due scelte legittime entrambi, che però conformano nel profondo i rapporti sociali, la vita dei cittadini. Delle due scelte, gli esempi più netti – ed entrambi ottimamente funzionanti – sono dati rispettivamente dai paesi nordici e dagli Usa. Nei primi il cittadino è protetto, e l’intero sistema incentivato (a iniziare da istruzione e ricerca) da un intervento pubblico pervasivo e conseguente tassazione elevata. Il secondo è caratterizzato da un liberismo accentuato e da bassa tassazione – ma rigorosissima: chi evade va in galera, e per dieci-quindici anni! Ma è una società dura, in cui bisogna saper contare su se stessi: chi nella vita cade va a finire come homeless, per chi si ammala e non è ricco sono guai seri, chi si separa va a vivere in roulotte. Per l’America, il "paese delle opportunità" e quindi del rischio, tutto questo è accettato; ma lo vogliamo anche noi italiani? Se una destra seria sostiene questa visione della società, bene; è un elemento positivo nella dialettica politica. Ma lo faccia apertamente, senza imbrogliare con stantie promesse di botti piene e mogli ubriache.

Secondo punto: l’avversione alle tasse è dovuta alla sensazione che siano soldi bruciati, che la macchina dello Stato utilizza con produttività bassissima. In parte è vero. Però a nostro avviso si rischia di buttare via il bambino con l’acqua sporca, lo stato sociale con gli sprechi. E qui sta uno dei punti di debolezza del centro-sinistra: che è percepito come aggregato delle partitocrazie, che notoriamente si incistano - loro, gli amici e i clienti – nel grembo delle burocrazie. Il fatto che il centro-destra nei cinque anni al governo si sia parimenti dedicato alla lottizzazione, e non abbia frenato la spesa improduttiva, tutt’altro, è considerato un peccato veniale, un errore emendabile; mentre nel centro-sinistra è ritenuto un dato genetico.

In conclusione, per il dopo-elezioni. La questione tasse è troppo importante, ha troppe implicazioni, coinvolge a vari livelli i cittadini: sarà indispensabile fare chiarezza, senza più timidezze. E parimenti si dovrà fare sulla correlata questione della gestione dello Stato, appurato che la soluzione delle privatizzazioni (sottraiamo alla gestione statale tutta una serie di funzioni, per evitare la deriva degli sprechi e del clientelismo) si è rivelata, alla prova dei fatti, di limitata applicabilità.