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Gentile da Fabriano: la mano simile al nome

32 capolavori di Gentile sono ospitati fino al 23 luglio nell’antico Spedale di Santa Maria del Buon Gesù a Fabriano.

Fili d’oro intrisi di luce formano il manto d’erba e fiori bianchi dalla corolla rossa sono indagati con occhio botanico: una Madonna dell’Umiltà è avvolta dalla luce riflessa di un angelo e, in gioco simmetrico, a destra un San Giuseppe appoggiato in riposo sul suo bastone e dall’altra un angolo di presepe: ecco il mondo in bilico di Gentile, messo in mostra a Fabriano nella sua città natale, tra la delizia dei suoi ori tipica del grande stile internazionale delle corti e quell’aver assorbito l’aria nuova fiorentina della forma nello spazio, con l’aggiunta delle "proto" atmosfere della pittura veneziana.

Gentile da Fabriano, Madonna dell’Umiltà. Pisa, Museo Nazionale di San Matteo.

L’abate Lanzi già nel Settecento intuì la vena profonda dello sviluppo della pittura veneta che arriverà fino a Giorgione e Tiziano passando da Gentile e Giovanni, figli di Jacopo Bellini, a cui Gentile fu "maestro e come padre" come ci riporta il Vasari.

L’artista marchigiano, nato nel 1375 circa, ebbe subito a che fare con l’ambiente lombardo, come si avverte nei gesti e nelle finezze dell’Annunciazione Franchetti alla Ca’ d’Oro: nei volti dell’angelo e di Maria ritroviamo le stesse fattezze delle Donne disegnate da Giovannino de’ Grassi. Nel primo decennio del Quattrocento Venezia gli offrirà fama ed onori, un certo gusto di addensare l’ombra mediato dalla tradizione bizantina, commissioni civiche prestigiosissime pubbliche, come il ciclo del salone del Maggior Consiglio in Palazzo Ducale, e private, come il bellissimo Polittico di Valle Romita, oggi vanto della pinacoteca di Brera. Di eccelsa fattura, quest’ultima opera, per la ricchezza della decorazione, dovè risultare uno schiaffo alla "sorella povertà" dei francescani dell’eremo di Santa Maria di Valdisasso presso Fabriano. Gentile rifiuta il trono gotico e sospende i giovani Cristo e Maria in un vortice di linee d’oro che libra quei corpi nella luce divina. L’eliminazione delle architetture crea contrasti straordinari tra il blu intenso del manto della Vergine e i rossi di fiamma degli angeli, che ritroveremo nelle pale di Giovanni Bellini.

Masaccio, Madonna del Solletico. Firenze, Uffizi.

Interessantissima per le implicazioni future è la figura del Santo francescano leggente su in alto a destra, perché colto con le gambe accavallate, figura un poco scomposta, a dire il vero, che arriverà per rigagnoli sotterranei, mi piace pensarlo a voce alta, fino agli scomposti figuri del Romanino prima e del Caravaggio poi.

Gesti intrisi di calda umanità ed in confronto diretto, quasi a tema, sono le due tavole della Madonna dell’Umiltà di Pisa di Gentile e la Madonna del solletico di Masaccio ora agli Uffizi: nella prima, dopo che l’occhio ha rincorso le rose del drappo su cui si staglia la figura di Maria, ecco apparire quell’intimo gesto del bimbo mentre tira con una mano il manto della Madre; nella seconda il realismo crudo e possente delle figure della Cappella Brancacci cede il posto all’inedita umanità del gesto giocoso sovrapposto all’abbozzo di un altro benedicente.

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