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QT n. 17, 14 ottobre 2006 Servizi

I richiami della SAT, la replica stizzita di Dellai

Congresso della Società Alpinisti: la montagna non è solo impianti e turismo. Ma la politica...

Il presidente Dellai era in difficoltà. Doveva tranquillizzare le vallate trentine riguardo ai sempre più frequenti interventi dell’Unione Europea sulle forzature amministrative della Provincia nell’imporre al territorio montano infrastrutture sempre più pesanti. Doveva far capire ad impiantisti e albergatori della Rendena che non per colpa sua né della Margherita, era costretto a stralciare dai progetti le piste che collegavano Pinzolo a Campiglio e lasciare realizzare solo i collegamenti alternativi al traffico automobilistico, le seggiovie. In modo indiretto lasciava intendere che le piste si potevano costruire in un secondo tempo e che se proprio un eccesso di biotopi o aree SIC (Siti di Importanza Comunitaria) ne impedivano la realizzazione, questi beni naturali si potevano comunque spostare (perla del fantasioso assessore Benedetti), o meglio, anche attraversare grazie ad una banale valutazione d’incidenza.

Dellai era anche impegnato a rispondere alle proteste che giungono dalle valli sull’insostenibilità del traffico privato (finalmente ci si accorge che le pesanti e costose circonvallazioni non risolvono i problemi, semplicemente li spostano di qualche chilometro), al rinnovato interesse verso lo sfruttamento di aree delicate come Costa d’Agra (Folgaria), il ghiacciaio della Marmolada, Tremalzo. Le vallate sono state abituate dalla cultura politica della Margherita (e prima da Malossini) a cancellare ogni limite, sono state gratificate dalle scelte di un governo che le ha abituate a soddisfare ogni richiesta, prescindendo da serie valutazioni economiche e dai reali bisogni del territorio. Ora alzano la voce e vogliono sempre di più. Ma le risorse diminuiscono, il territorio mostra segnali di fragilità e presenta nuove emergenze dovute anche ai cambiamenti climatici.

Mentre Dellai doveva rispondere a questo insieme di richieste, da Arco si è alzata, esile ma ferma, la voce della SAT. Non si sono nominate località; si è parlato quasi sottovoce di necessità di equilibrio nell’uso del territorio montano. Non solo turismo, non solo agricoltura industriale, ma anche artigianato, agricoltura diffusa, equilibrio nella promozione del territorio e nei consumi.

Un equilibrio che non è solo sommatoria di negazioni, ma un insieme di proposte. Equilibrio nel recupero psico-fisico di chi proviene dalle città, di chi in montagna lavora, equilibrio nel rilancio della cultura più autentica della montagna, nel riallacciare un rapporto fra il turismo e le altre attività economiche.

Per promuovere queste idee la SAT ha investito in quattro testimonial inconsueti. Alpinisti, come Nancy Paoletto, la prima donna trentina ad aver scalato un ottomila; agricoltori come Mario Martinelli, che nel combattere la malattia rimane a stretto contatto della natura in Vallarsa, o Roberto Leonelli gestore del rifugio Marchetti, 100 anni di storia; ed ancora l’impegno nella solidarietà di Stefano Cortelli, responsabile dell’associazione Montagna Amica che organizza escursioni per disabili. Esperienze di vita, esperienze di contatti semplici e mai urlati che messe in rete costruiscono un modo autentico di vivere la montagna.

I vertici della Giunta provinciale non erano presenti al congresso e quindi non hanno potuto cogliere la delicatezza e la complessità del linguaggio utilizzato dal Presidente della SAT Franco Giacomoni. Dellai infatti risponde pesante: "La SAT deve fare la SAT; gli impianti sono necessari, il 60% delle entrate turistiche deriva dall’attività sciistica (un palese falso, non si valutano le uscite, n.d.r.) - i SIC sono troppi, coprono il 25% del territorio trentino e in alcuni casi non rispondono a effettive peculiarità naturalistiche"-.

In nessun passaggio Giacomoni ha negato l’importanza strategica nel turismo dello sci e quindi degli impianti. Ha solo invitato la politica a guardare anche altrove, in modo particolare di prestare attenzione a chi vive nelle alte quote, come i rifugisti in difficoltà nel gestire i rifugi causa norme amministrative inattuabili.

Ha chiesto sobrietà nell’uso della montagna, non riuscendo a comprendere il diffondersi di vasti campi giochi che stanno sorgendo attorno alle piste, e che appesantiscono e umiliano il paesaggio. Ha chiesto attenzione ed investimenti in nuove aree protette e la valorizzazione del patrimonio esistente.

Ma la politica trentina soffre anche il linguaggio leggero ed i consigli che provengono dalla nostra associazione ambientalista e alpinistica più rappresentativa, fatta di 23.000 soci. Ciò significa che la cultura che ha portato all’approvazione della variante al PUP del 2003, quella che ha dato via libera ai più devastanti collegamenti sciistici, non ha esaurito né energie né rappresentatività. Significa che la politica trentina, anziché prestare ascolto alle voci gentili, preferisce continuare a dare risposte alle proposte più arroganti e devastanti.