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Cave: una nuova legge

Moreno Marighetti, Franco Janeselli

II Dipartimento Ambiente della CGIL del Trentino ritiene importante approfondire gli aspetti di salvaguardia dell’ambiente e di tutela del territorio connessi con l’attività estrattiva in Trentino. La legge in vigore che disciplina questa attività,è stata emanata nel 1980, ed ora, a distanza di 26 anni, è necessario aggiornarla, investendo in particolare nella salute dei lavoratori e della popolazione che vive in prossimità delle cave, e nella difesa dell’ambiente. I due nuovi disegni di legge presentati dai consiglieri provinciali Pinter, Bombarda,Viganò e Catalano, e dall’assessore Benedetti dovrebbero adeguare la legislazione provinciale ai principi dello Stato, e alle norme europee.

Questo settore, che occupa circa 3.000 addetti (compreso l’indotto), in questi anni è riuscito a sviluppare economicamente e socialmente la Val di Cembra. Ma troppo poco è stato controllato l’uso a volte indiscriminato, da parte dei concessionari delle cave, del bene pubblico ed Usi Civici, e troppo poco si è fatto sul versante dei ripristini ambientali. In questi anni è stato speso molto denaro pubblico per i dissesti provocati dall’attività di estrazione. Soprattutto nella zona di Lona Lases, si sono verificati episodi di grave pericolo per la popolazione: vedi il movimento franoso dello “Slavinac” sopra il lago di Lases, la frana sulla discarica “Graon” sull’alveo dell’Avisio, la frana presso la zona estrattiva Coston-Grigne. Per il risanamento di queste aree sono stati utilizzati soldi pubblici pari circa ai fondi ricavati dalle concessioni delle cave.

I comuni interessati subiscono la presenza sul proprio territorio di questa attività: notevoli porzioni di bosco sono erosi, la polvere e gli spari delle mine incidono negativamente sulla qualità della vita e sull’ambiente, il Lago di Valle è ridotto ad una pozzanghera, i laghi di Lases e di Santa Colomba sono in pericolo. Uno dei problemi più gravi è quello delle polveri, che espone i lavoratori e gli abitanti a rischi per la salute. A tale proposito anche la Fillea Cgil ha avanzato una serie di proposte, quali: il controllo sul rispetto delle immissioni di polveri dei frantoi sparsi nelle zone estrattive; lo studio di sistemi alternativi a quelli in uso per movimentare il materiale dal fronte cava alla prima lavorazione; la costante spazzatura delle strade comunali e di quelle di accesso ai cantieri; l’installazione di centraline di controllo dei livelli di polvere derivanti dalle lavorazioni del porfido, ma anche delle polveri sottili prodotte dai mezzi in movimento nelle cave e sulle strade. La Provincia dovrebbe intervenire per risarcire e tutelare queste comunità anche investendo nelle aziende, per garantire la certificazione ambientale e della salute. Inoltre la nuova legge dovrebbe favorire l’integrazione fra queste attività, il turismo, l’agricoltura e l’artigianato, in vista di un futuro dove le cave siano esaurite. Si dovrà allora realizzare una dignitosa ricollocazione degli operai del porfido che abbiano subito menomazioni o limitazioni della loro capacità lavorativa, grazie ad una sorta di progettone del porfido per il ripristino ambientale delle cave o creando altre opportunità.

Condividiamo la richiesta di Legambiente, Italia Nostra, WWF e del Comitato della val di Cembra, di tracciare un bilancio ambientale e sociale nonché un esame dettagliato della attività svolta finora, approfondendo gli aspetti legati alla distruzione dei territorio, il ripristino ambientale, i costi ambientali ed economici di estrazione, e la situazione del dissesto idrogeologico. Questa ricerca aiuterà a migliorare la nuova legge e a tutelare il territorio, le comunità e la salute dei lavoratori.

Moreno Marighetti del Dipartimento Ambiente Cgil
Franco Janeselli della Segreteria Cgil