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QT n. 13, 30 giugno 2007 Servizi

Il Parco partecipato

La stimolante iniziativa del Parco naturale di Paneveggio.

In un periodo di crisi della democrazia e di chiusura delle istituzione nei confronti del cittadino, il Parco naturale di Paneveggio Pale di San Martino va in controtendenza.

Il Parco sta preparando un nuovo piano di gestione dell’area protetta. Invece di seguire i percorsi tradizionali, con la parte politica che suggerisce le linee guida e una équipe di tecnici che cerca le soluzioni idonee per offrire risposte condivise dalla pubblica amministrazione, in questa occasione l’ente ha scelto un percorso innovativo.

E’ sceso fra la popolazione, l’ha invitata a partecipare in modo attivo e propositivo, ha costruito le necessarie opportunità e facilitazioni perché questo avvenga nel modo più trasparente possibile, specialmente informando.

Per una istituzione pubblica, in questi tempi nei quali prevale la diffidenza verso la politica e chi la rappresenta, non è facile chiedere al cittadino di avere fiducia e coinvolgerlo in procedimenti tanto impegnativi. Possiamo quindi dire che il Parco ha vinto una grande scommessa, perché è riuscito a dimostrare anche ai più scettici che la coerenza paga, in termini di recupero di fiducia, di diffusione di conoscenze, di condivisione delle scelte.

Già i numeri sono eloquenti: due incontri di presentazione, la costruzione di cinque tavoli di confronto che poi fra loro, nei contenuti e nelle indicazioni, si sono intrecciati (un tavolo generale di Fiemme, territorio e paesaggio, turismo, la filiera del legno e la filiera del latte), 13 incontri aperti a singoli, enti, associazioni.

Per la prima volta, sui contenuti, la popolazione delle valli dell’Avisio ha avuto modo di confrontarsi con quella del Primiero, chi abita lungo il torrente Cismon, e sono popolazioni che vivono situazioni sociali ed economiche alquanto diverse.

Per la prima volta nella costruzione di un piano di gestione di un territorio importante, vasto oltre 19.000 ettari, l’associazionismo ambientalista, sindacale, imprenditoriale e le istituzioni pubbliche si sono confrontati, in alcuni passaggi anche in modo severo, ma riuscendo, anche grazie alla guida degli estensori del piano e della direzione, a trovare sintesi fra impostazioni molto diverse fra loro.

Questa scommessa ha probabilmente avviato una maturazione di situazioni che aiuteranno la vita del parco.

L’alone di diffidenza verso l’ente si è in gran parte dissolto. Infatti, più che investire nelle norme e nell’insieme di regole, i tavoli si sono soffermati a valutare la situazione in modo oggettivo, anche critico, e ad individuare azioni e progetti utili a rilanciare i diversi settori economici che caratterizzano questo territorio.

Per fornire un’idea della vastità del confronto, si pensi che fino ad oggi sono stati sollecitati 154 obiettivi che dovrebbero venire sostenuti da 213 azioni. In questo modo il Parco che immobilizza, che ha solo intenzioni conservative dell’esistente, si trova sgretolato e si dà vita alla progettazione di un ente dinamico, che raccoglie le esigenze della popolazione che vive il territorio e cerca le strade più corrette per migliorare la situazione senza arrecare offese alla natura.

Il Parco si è anche ritagliato uno spazio importante sul fronte democratico, essendo riuscito a stimolare associazioni e cittadini; anche in questo caso la vecchia immagine di un Parco naturale burocratizzato, lontano e nemico dell’uomo, viene smentita nei fatti e nei comportamenti reali.

Fra i risultati più importanti che sono emersi alcuni non erano per niente scontati.

Tutte le categorie economiche, anche il settore del turismo, hanno riconosciuto nel parco naturale un riferimento utile che aiuta concretamente ogni settore, un ente che gode di grande credito.

Perfino l’idea di confine è stata superata. Dentro il confine amministrativo si svolge ovviamente l’azione di un Parco, ma tutti i settori hanno auspicato che esso rafforzi il suo ruolo di sperimentatore di pratiche virtuose, che mantenga l’originalità di laboratorio, di motore di ricerca scientifica, ma anche sociale, di innovatore, e che queste caratteristiche contaminino i territori esterni, le istituzioni, l’associazionismo. E’ emerso anche visivamente come non si noti un confine: si ha la percezione che il territorio sia gestito in modo uguale ed uniforme sia all’interno del Parco che esternamente, dimostrando l’effettività di un governo del territorio omogenea. Questa può essere una lettura che ovviamente unisce alle virtù del governo anche limiti ben evidenti: si pensi alle seconde case e alla abnorme rete impiantistica.

I tavoli hanno riversato sul Parco esigenze che non sarebbero così proprie e dirette. Passaggi che riguardano non solo il consolidamento e la progettualità delle filiere del legno e del latte, ma si auspica anche un investimento sociale diretto nell’ambito turistico, un investimento che costruisca formazione sul territorio, professionalità elevate, rafforzamento e rispetto dei diritti del lavoro, superamento della precarietà.

Ora si tratterà di mantenere aperto questo metodo di lavoro, anche perché l’insieme delle azioni proposte, per divenire realtà, hanno bisogno dell’apporto di tutti i soggetti che hanno partecipato a questa prima fase: la porta della democrazia partecipata deve rimanere aperta ad un insieme di relazioni e ad una rete di collaborazioni trasversali che permettano ai tanti soggetti di uscire dalla settorialità per progettare e proporre nell’interesse generale e comune.

E’ questo un passaggio che raccoglie la sfida lanciata dall’associazionismo ambientalista dell’arco alpino in un seminario di CIPRA Italia tenutosi a Milano due anni fa (il giornale aveva documentato i contenuti del lavoro); è un passaggio che permette al Parco di recepire da subito alcune norme positive della nuova legge sulla montagna, si pensi alla rete fra aree protette, SIC e biotopi, si pensi al lancio concreto della collaborazione internazionale fra aree protette, alla istituzione dei corridoi faunistici nelle Alpi.

Certo, non tutto è semplice: la proposta di collegamento sciistico fra San Martino di Castrozza e Passo Rolle, o l’ampliamento dell’area sciabile di Lusia sia verso il cuore del Parco (Canvere) che verso la valle del rio San Pellegrino (le Mandre) sono ostacoli da non sottovalutare: è anche emersa evidente la pigrizia dell’imprenditorialità impiantistica nel proporre proposte diverse dal potenziamento delle aree sciabili. Ma ogni passaggio ha bisogno di un inizio, le stesse contraddizioni o passaggi conflittuali possono rappresentare un arricchimento del confronto.

Con questo metodo di nuova pianificazione si può dire che pur in assenza di una qualunque legge, il Parco di Paneveggio abbia iniziato a costruire una reale, concreta comunità di valle, avvicinando così i cittadini allo spirito solidaristico e partecipato che era caratteristica fondante delle vicinie e delle regole feudali dell’ormai lontano passato.