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Partito democratico: Cosa ci dicono le liste

Le liste di Bindi, Letta, Veltroni: in tutto 63 nomi, divisi sui quattro collegi, da cui dovranno essere eletti i 21 delegati trentini all’assemblea costituente del nuovo partito.

Dopo le sterili ed estenuanti settimane di inutili polemiche intorno alla nascita del Partito Democratico anche in Trentino, concluse con la vittoria di Dellai e la capitolazione diessina (ne abbiamo parlato ampiamente nel numero precedente), a poco più di tre settimane dal 14 ottobre, data delle primarie, qualcosa di concreto è apparso anche alle latitudini del nostro Land. Si tratta della composizione delle liste a sostegno dei tre candidati principali alla segreteria PD, Bindi, Letta, Veltroni: in tutto 63 nomi, divisi sui quattro collegi, da cui dovranno essere eletti i 21 delegati trentini all’assemblea costituente del nuovo partito.

Lorenzo Dellai

Va subito detto che la decisione presa a livello nazionale di scegliere, per l’elezione dei delegati, la modalità delle liste bloccate (dove conta l’ordine delle candidature stabilito a priori prima della consultazione) rappresenta un handicap grave per la partecipazione e il coinvolgimento dei cittadini. Questo modello, troppo simile anzi praticamente identico alla legge elettorale in vigore, il "Porcellum" di Calderoli, criticatissimo giustamente da quasi tutti, finisce per ridare una delega in bianco al potere discrezionale dei capibastone.

Fatta questa doverosa precisazione, ad uno sguardo complessivo, le tre compagini presenti nella nostra provincia hanno cercato di mobilitare le proprie forze, proponendo una miscela di candidati "politici di professione" insieme a cittadini estranei al palazzo: va detto che l’operazione, certamente pilotata, di coinvolgere esponenti esterni (mettendo anche in posizioni di secondo piano nelle liste politici come Betta, Froner, Pinter, Viganò e gli assessori Dalmaso e Bressanini) è abbastanza riuscita. Compaiono nei primi posti nomi nuovi, giovani, esponenti legati al mondo delle professioni e della cultura.

In particolare il gruppo che fa riferimento a Rosy Bindi, per necessità ma anche per convinzione, ha presentato il maggior numero di candidati provenienti dalla società civile, con i politici in carica posti nella parte bassa delle liste e quindi, stando alle previsioni, senza possibilità di riuscita. Anche il metodo che ha portato all’individuazione dei candidati della lista Bindi, dimostra una maggiore attenzione alla partecipazione dal basso mediante assemblee territoriali in cui perlomeno ci si è potuti confrontare con gli aspiranti candidati.

Gianni Kessler, leader di questo gruppo, ha tuonato denunciando le nomenclature presenti nelle altre liste riconducibili alla lotta intestina tra le solite facce di DS e Margherita: i volti nuovi non sarebbero altro che elementi decorativi.

Non ci sentiamo di sottoscrivere questa posizione, sia perché occorre valutare attentamente caso per caso, sia perché in effetti, tranne alcune eccezioni su cui ritorneremo, anche tra i sostenitori di Letta e Veltroni c’è stato uno sforzo di rinnovamento.

Il sindaco di Trento Alberto Pacher, capolista della lista Veltroni.

Non stupisce infatti che Giorgio Tonini sia capolista a Rovereto: la sua presenza all’assemblea costituente conterà per davvero ed è quindi giusto che lui ci sia. Altro discorso per personaggi come Margherita Cogo o la stessa Letizia De Torre (la sua presenza nel comitato dei 45 non è servita a nulla nel momento decisivo per le sorti della nascita del PD locale), che sembrano, al di là della retorica, interessate ad altre scadenze politiche.

Il sospetto è che queste primarie siano vissute dai candidati più come un momento di verifica o di rilancio di se stessi nel quadro provinciale piuttosto che nella prospettiva del nuovo partito: le elezioni provinciali sono troppo vicine per evitare questo tipo di ragionamento. Per esempio, il ruolo in lista di Alberto Pacher, quasi sicuramente candidato alle provinciali nonostante le sue reiterate smentite, non sembra affatto proiettato in una dimensione nazionale quanto in una logica tutta trentina che lo vede come l’ultima speranza di una sinistra diessina quasi spettrale. Fa inoltre pensare il "ripescaggio" immediato dell’ex assessore del Comune di Trento Maurizio Postal finito capolista a Trento associato a Letta. Sul suo caso, che per ora permane di difficile comprensione, dovremo ritornarci, perché potrebbe essere molto istruttivo per comprendere le strategie che porteranno al successore di Pacher.

M a la vera anomalia che getta un’ombra su tutta la lista Letta e sull’operazione delle primarie qui in Trentino è la presenza del super-presidente dell’Autobrennero Silvano Grisenti al secondo posto nel collegio di Lavis. Non ci stancheremo mai di ripetere che il ruolo politico, e non certo di secondo piano, di Grisenti diventa ogni giorno di più un’anomalia da denunciare con forza, un conflitto di interessi visibilissimo ma vissuto dall’interessato con una sfrontatezza (vedi il caso dell’utilizzo dell’automobile presidenziale per portare Grisenti al raduno dei sindaci organizzato da Amistadi) che rimanda direttamente ai tempi in cui l’A22 era considerata un prolungamento naturale del potere provinciale. Ora non è più possibile distinguere se il Grisenti che propone lo sconto per i pendolari nel pedaggio sull’autostrada, lavora per il bene dell’azienda o per curare i suoi interessi politici, ormai manifestati in maniera chiara in troppe occasioni. Molte volte l’ex assessore ha ripetuto che la nuova carica non gli fa perdere i diritti politici garantiti dalla Costituzione: un ragionamento che rivela tutta la sua mancanza di sensibilità nel cogliere la situazione reale del Trentino, marcata da una disaffezione per la politica e per i politici che trova nel fenomeno Grillo un megafono e un portavoce. Inoltre sembra quasi che il presidente della A22 consideri la sua carica come un momento di transito, un parcheggio di breve durata per ritornare alla grande nell’agone politico si dice nientemeno che come sindaco di Trento.

Il presidente dell'A22 Silvano Grisenti, ingombrante presenza nella lista Letta.

Infatti l’azione di Grisenti non si limita al suo interventismo pubblico, ma condiziona pesantemente le stesse scelte politiche di Dellai e della Margherita, come del resto ha fatto in tutti questi mesi. La sua presenza nelle liste del Partito Democratico dimostra con evidenza l’immutato ruolo di uomo forte del partito, di colui che ha vinto il congresso. E’ per lo meno curioso che Grisenti abbia voluto partecipare a un progetto, quello del Partito Democratico, che proprio lui ha contribuito in tutte le sedi pubbliche e private a criticare, stroncare, affossare.

Probabilmente la sfida della Margherita è quella, ancora una volta, di marcare il territorio, di mostrare ai DS, anche nel caso delle primarie, chi ha davvero il maggior consenso. La Civica porterà il maggior numero di persone a votare, ma tra esse una numerosa parte sarà costituita da quelle truppe cammellate del duo Grisenti-Amistadi che in questi mesi ha perlustrato le valli con lo slogan "Mai con i comunisti".

Che cosa sperare allora per queste primarie? L’impressione è che esse non faranno altro che certificare i rapporti di forza tra DS e Margherita in attesa delle elezioni provinciali. Le incognite, positive o negative, sono tuttavia dietro l’angolo. Nel caso di una scarsa affluenza alle urne non ci troveremmo soltanto di fronte all’affossamento definitivo di ogni futura possibilità di dare vita al PD anche in Trentino, ma ad un segnale di disaffezione verso tutta la giunta di centrosinistra. Per questo ci sentiamo di affermare che Dellai farà di tutto per spingere i trentini alle primarie e soprattutto per far vincere l’amico Enrico Letta, uno dei pochi interlocutori del Presidente in sede romana. Invece una massiccia partecipazione sarebbe un bel segnale di speranza, e rafforzerebbe la prospettiva del PD; anche se restano forti dubbi su quanto alla fine inciderebbe sulle scelte che contano.