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QT n. 18, 27 ottobre 2007 Servizi

Né santo, né apprendista stregone

Beppe Grillo a Trento: come l'informazione taglia le parti costruttive di un ragionamento.

No, dopo la sparata su rom, rumeni e difesa delle frontiere, non siamo entrati al Palasport di Trento del tutto bendisposti nei confronti di Beppe Grillo. La sua demagogia, il suo esibire un vero o presunto sentimento di vicinanza rispetto agli umori del popolo può essere tollerabile (se non convincente) quando viene "da sinistra" e si concentra su tematiche come quella del precariato, degli equilibri mondiali, dei bambini dell’Africa... Quando questa stessa demagogia tocca temi di destra – magari il principe dei temi di destra: la sicurezza – la repulsione è invece immediata. Ci siamo quindi mescolati con iniziale scetticismo ai quattromila del Palasport. Gente di tutte le estrazioni: signori e signore vestiti da teatro, giovani alternativi, trentenni elegantini. E fuori macchine scassate e gente che arriva in via Fersina a piedi ma anche Mercedes e Suv. Un pubblico strano, davvero eterogeneo.

Beppe Grillo si è prodotto in uno spettacolo della durata di due ore e mezza. Due ore e mezza tirate, piene di cose, informazioni e invettive. La prima parte era dedicata ai suoi bersagli più vistosi, gli ultimi: i politici e il parlamento italiano. La seconda, più lunga, ai vecchi cavalli di battaglia di Grillo: l’ambiente, i rifiuti, un uso intelligente della tecnologia, il Terzo Mondo...

Avendo visto lo spettacolo nella sua interezza, e assistito allo svolgimento completo del "pensiero" di Grillo, possiamo dire che quando Beppe Grillo se la prende con l’informazione ha ragione: il montaggio che i telegiornali fanno delle sue proposte seleziona solo i "vaffanculo". Taglia le parti più propositive del suo ragionamento. Semplifica discorsi che non fondano certo una filosofia politica ma sono senz’altro più complessi.

Anche i giornali sono interessati alla parte distruttiva piuttosto che a quella costruttiva. Le proposte di Grillo per la politica italiana sono infatti ingenue, non rivoluzionarie, sicuramente non risolutive. Ma non sono anti-politica. Sono idee per una politica più semplice e, per questo, più partecipata. Spesso sono piccole iniziative concrete, destinate ai comuni: contro la privatizzazione dell’acqua, per il riciclaggio e il riuso, per l’energia pulita...

Cose del tutto condivisibili, di puro senso comune.

Grillo ha sollevato il polverone che ha sollevato perché, in contemporanea con Rizzo e Stella, ha toccato un moloch: la casta dei politici italiani. Quando Grillo si scaglia contro le multinazionali, parlando in modo concreto di licenze di farmaci o di petrolio, riceve soltanto querele, e un’attenzione mediatica confinata a qualche trafiletto nelle pagine della cronaca. E invece la sfuriata contro i politici ha prodotto le ore e ore di trasmissioni di approfondimento, le paginate in cronaca, le opinioni degli opinionisti... In Italia ci si scandalizza più per un’auto blu che per le morti di dissenteria in Africa centrale. Pensiero buonista e magari demagogico anche questo. Ma non è proprio così?

Le proposte concrete di Grillo per la politica italiana, quelle per cui in tanti hanno firmato il referendum, sono elementari: via i condannati dal parlamento, preferenze nominali nel sistema elettorale, due legislature al massimo. Tutto qua. Si può ragionare sui singoli punti. Si può dire che non hanno di certo l’impatto teorico-ideologico del "Manifesto del partito comunista" di Marx-Engels. Eppure, lì per lì, dopo il V-Day, sembravano terrorizzare la politica istituzionale quanto, nell’Ottocento, quello scarno libretto.

L’altro punto spicciolo controverso è quello sulle liste civiche grilline. Grillo vuole dare un suo bollino, una certificazione di qualità, a liste civiche che rispondano a tre semplici condizioni per chi vi si vuole iscrivere: fedina penale pulita, nessuna tessera di partito in tasca e, terzo, apertura di un blog personale per i candidati.

A questo terzo punto è stato dato poco risalto dai media, ma Grillo lo ritiene importante. Come tanti neofiti che scoprono in ritardo una nuova tecnologia, un’ideologia, un’appartenenza, Grillo si è affidato al web come alla panacea di tutti i mali della democrazia. E’ una posizione ingenua, e poco consapevole di quanto Internet possa riprodurre o addirittura amplificare le divisioni sociali o i gap in conoscenza. A Grillo sembra che se un candidato ha un suo blog, egli possa essere smascherato dai commenti degli internauti qualora inserisca menzogne nel suo curriculum, faccia promesse che non sa o non può mantenere, nasconda dei buchi neri del suo passato... Insomma, l’idea di Grillo è che democrazia sia (anche) pettegolezzo istituzionalizzato. L’ingenuità, la debolezza di questa convinzione è lampante. Ma è altrettanto lampante che esagerano anche i direttori di telegiornali e i seri editorialisti che ravvisano in queste idee innocue dei dejà-vu da terrorismo rosso o delle reminiscenze degli albori del fascismo.

Usciamo dal Palasport con l’idea, peraltro ovvia, che Grillo non sia né un santo né un apprendista stregone. E’ sicuramente una persona convincente, capace di chiedere ai cittadini e alla politica di imboccare percorsi che – se si ha la forza o la buona volontà di seguirli – conducono a piccoli miglioramenti nel nostro quotidiano. O addirittura, a medio termine, nella salute del mondo.

A Trento, Grillo ha solo accennato alla questione della sicurezza, senza affrontare direttamente il tema della non protezione degli italici confini. Dagli spalti, quando ha toccato brevemente il tema, è arrivato un applauso: un applauso di destra. Ma il battimani era moscio, meno convinto rispetto ad altri, entusiasti.

Speriamo che Grillo, da attore, da uomo di spettacolo, sappia cogliere le indicazioni del suo pubblico, tenersi al di qua del discrimine che separa le piccole e ragionate raccomandazioni di testa dagli appelli di pancia. "Dal basso" provengono pulsioni diverse: una parte dal "noi", e si propone di aggregare forze e partecipazione attorno a singoli temi; l’altra parte dall’"io", alza la voce in difesa del proprio piccolo fortino personale. Inutile aggiungere che il demos che ci preoccupa è solo quest’ultimo.