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QT n. 21, 7 dicembre 2007 Servizi

Quando il turismo è “leggero”

Come viaggiare rispettando i luoghi e le persone che ci vivono. Il turismo responsabile, cosa è, e perchè è rimasto un’esperienza di nicchia.

Turismo: questa parola evoca scenari lontani, aeroporti, valli alpine, spiagge assolate. In ogni caso svago e vacanza. Ma c’è qualcuno – molti - per cui turismo significa qualcosa di assai più prosaico: il fatturato. Perché è bene chiarire che quando parliamo di turismo, parliamo di un’industria che è tra le cinque voci principali dell’export a livello mondiale e che, sempre a livello mondiale, occupa il 3% della manodopera, arrivando all’8% se si considera l’indotto (dati 2005 del World Travel & Tourism Council, vediwww.wttc.org).

India: il trucco per uno spettacolo di teatro Kathakali; è uno spettacolo nello spettacolo, dura ore ed è aperto al pubblico.

Da gennaio ad agosto di quest’anno gli arrivi internazionali nel mondo sono stati 610 milioni ed è probabile che a fine anno ci assesteremo intorno agli 880-900 milioni. Un dato impressionante: 900 milioni di persone, più dell’intera popolazione del continente europeo (non l’Unione Europea, il continente Europa) si sposta almeno una volta all’anno in un paese straniero.

Spettacolo di Kathakali. Queste foto e le successive sono state scattate nel corso di due viaggi “responsabili” fatti rispettivamente in India e in Brasile.

E’ chiaro che si tratta di stime, ma stime approssimate per difetto perché i numeri sono quelli forniti da autorità aeroportuali ed amministrative e molti spostamenti ne risultano esclusi. Da questa girandola di cifre risulta chiaro un dato: il turismo è un’industria che contribuisce in modo determinante al PIL di molti paesi e da settore marginale è diventato ormai da decenni un polo d’attrazione per investitori e affaristi di tutto il mondo. Com’era inevitabile, a questa crescita sono seguite speculazioni, sfruttamento, problemi di vario genere. Infatti, contrariamente a quanto si pensava fino a poco tempo fa, il turismo è ormai considerato un’industria pesante, i cui effetti sono spesso negativi. Al grande pubblico questi effetti possono sfuggire, anche per la reticenza nel riconoscerli: chi sceglie un viaggio si limita a confrontare mete, prezzi e livello delle proposte. Pensare a cosa nascondono le immagini da cartolina e le offerte last-minute è un tabù, perché la riflessione porterebbe a galla dubbi scomodi che rischierebbero di rovinare la partenza. Infatti, dietro alle pagine dei cataloghi si cela spesso un mondo fatto di abusi, ingiustizie e violenze nei confronti di ambiente e persone. I grandi tour operator, le agenzie, le compagnie aeree e di trasporto, chi gestisce gli accompagnatori e il catering dei grandi alberghi sono multinazionali dai molteplici interessi che agiscono ovunque secondo logiche di mercato, identiche per tutti i settori merceologici.

Ma di tutti gli effetti perversi di questa attività, il più impressionante è forse quello della ricaduta minima sull’economia del territorio ospitante, in molti casi a fronte di uno sfruttamento vergognoso. Lentamente, anche il grande pubblico sta prendendo coscienza di queste contraddizioni e, già da parecchi anni, sono sorte associazioni e micro-agenzie che hanno tentato strade diverse.

Turismo solidale, turismo rurale e agri-turismo, turismo sociale: le definizioni, come le declinazioni di questa attività, sono molteplici, ma ormai da tempo quella di turismo responsabile pare averle riunite tutte. Nel 1998, alcuni enti e gruppi che promuovevano forme nuove e rispettose di viaggio, si sono riunite sotto il cappello di AITR, Associazione Italiana Turismo Responsabile. Attualmente i soci di AITR sono circa ottanta e sono associazioni, agenzie e movimenti che, tra i loro scopi statutari, hanno quello di promuovere forme di turismo leggero, che abbia cioè un impatto più delicato e rispettoso sull’ambiente e sulle culture locali. Si tratta ancora di un settore marginale, ma la tendenza è quella di una lenta ma costante crescita.

India, Stato del Kerala: laguna presso Alappuzha.

Maurizio Davolio è uno degli uomini che ha contribuito alla nascita di AITR e dal 2004 ne è il presidente.

Davolio, quando parliamo di turismo responsabile, parliamo di cifre piccolissime. Quali sono gli ultimi segnali in Italia e nel mondo?

"In effetti i numeri sono davvero piccoli: dall’Italia partono circa 4.500 persone all’anno per viaggi di turismo responsabile nel sud del mondo; però bisogna fare alcune considerazioni.

La prima è che noi calcoliamo solo i viaggiatori che prendono parte a viaggi organizzati e non siamo in grado di quantificare i viaggiatori indipendenti che nei loro viaggi rispettano i nostri principi e le nostre regole. Sulla base delle informazioni che riceviamo dai nostri corrispondenti all’estero, stimiamo che questi possano essere circa dieci volte di più. E poi ci sono i viaggi in Italia, sui quali non ci sono stime. Ma anche Francia e Spagna hanno dati simili ai nostri".

Tra i motivi che bloccano la crescita del turismo responsabile si citano sempre i costi. Ma è davvero soltanto una questione di soldi?

"Non credo. Un problema serio è dato piuttosto dalla percezione non corretta che molti hanno del turismo responsabile: lo immaginano disagiato, faticoso, molto impegnativo, ignorando che i nostri viaggi sono invece ricchi di contenuti e di stimoli, gioiosi, divertenti. E’ sicuramente colpa nostra non saperli trasmettere correttamente".

Infatti nella testa della gente il concetto di turismo responsabile si mescola spesso a quello di volontariato. Perché?

"Per ragioni storiche molti viaggi organizzati dalle associazioni di volontariato avevano obiettivi di solidarietà, consentivano di visitare progetti, a volte addirittura di lavorare con gli abitanti. Oggi non è più così, o meglio non è solo così: dobbiamo sempre ricordare che ‘responsabile’ è l’aggettivo, ma ‘turismo’ è il sostantivo".

Chi si occupa di turismo responsabile cita continuamente le comunità locali. Ma cosa ne pensano loro di questo tipo di turismo?

"Alcuni studiosi ritengono che le comunità locali siano interessate unicamente alla ricaduta economica e che non sempre abbiano il desiderio di entrare in un contatto più profondo con i turisti. E’ possibile che a volte sia così e in questi casi la volontà dei residenti va comunque rispettata, l’incontro non deve essere un obbligo per nessuno, ma una opportunità per tutti. Devo dire però che quando alla fine di un progetto di cooperazione allo sviluppo nel turismo si vede che i turisti arrivano davvero e la comunità tutta riesce a beneficiarne, c’è sempre molta soddisfazione fra gli abitanti".

Stato di Cearà: costruzioni realizzate nell’ambito di un progetto realizzato dall’associazione Tremembè con il contributo della PAT.

AITR è stata la prima associazione di questo genere a nascere in Europa: qual è la situazione attuale? Esiste una rete europea di organismi come il vostro?

"No, ancora non esiste ma la stiamo creando, si chiamerà EARTH (European Alliance for Responsible Tourism and Hospitality), sarà un’associazione di diritto senza scopo di lucro e avrà sede a Bruxelles. E’ già pronta una bozza di statuto e ci sono numerosi segnali di interesse".

Che cosa pensa AITR del turismo fai-da-te?

"E’ un fenomeno importante, in crescita, con cui bisogna fare i conti. Tanti visitano il nostro sito cercando a lungo informazioni: crediamo che si tratti di viaggiatori che si preparano a partire e noi vogliamo fornire loro indicazioni utili e corrette. Ai viaggi organizzati prendono parte coloro che ritengono che il gruppo costituisca un valore aggiunto, ovvero coloro che per ragioni di tempo o di capacità non riescono a organizzarsi il viaggio da sé, oppure coloro che attribuiscono grande importanza alla sicurezza. Noi dobbiamo pensare anche agli altri".

Se entro in agenzia e chiedo un viaggio di turismo responsabile, cosa mi sentirò rispondere?

"Temo che le agenzie non siano in grado di dare risposte adeguate, però abbiamo avviato un rapporto con la loro maggiore associazione, la Fiavet, e qualcosa potrebbe cambiare".

Come faccio ad essere certo che il viaggio che mi viene spacciato come turismo responsabile sia veramente tale? Si arriverà prima poi ad un marchio di qualità del viaggio di turismo responsabile?

Tre operatori sociali sul litorale di Fortaleza. Quello al centro lavora per il progetto “Crianca fora da rua, dentro da escola” (Bambini fuori dalla strada, dentro la scuola), che vuole contrastare il fenomeno dei bambini di strada.

"Ci stiamo lavorando assieme ai colleghi di altri paesi europei, ma non è facile certificare i comportamenti e ci sono problemi di costi aggiuntivi. Inoltre le verifiche andrebbero effettuate nei paesi di destinazione, dato che per noi è centrale l’interesse (e dunque l’opinione) delle comunità ospitanti; non è facile, ma abbiamo avviato un percorso".

Il viaggio di turismo responsabile è un viaggio adatto a tutti?

"In teoria sì, se c’è una preparazione adeguata. Anche le persone più superficiali, consumiste, amanti del lusso e della comodità, potrebbero essere avvicinate e ‘convertite’; ciò però richiede un impegno che non siamo in grado di assumerci e non è nelle nostre priorità. Ma la contaminazione è possibile, stiamo dialogando con un gruppo di tour operator più sensibili, sperando che non si tratti solo di logiche di mercato opportunistiche".

E infine, perché scegliere un viaggio di turismo responsabile?

"Perché è un viaggio vero, ricco, profondo, appagante che consente esperienze che gli altri viaggi non offrono. E che lascia la consapevolezza di aver fatto una cosa giusta, pur nei limiti oggettivi di una vacanza".

Cos’è il turismo responsabile

Questa è la definizione adottata dall’ assemblea dell’Associazione Italiana Turismo Responsabile tenutasi il 9 ottobre 2005 a Cervia: “Il turismo responsabile è il turismo attuato secondo principi di giustizia sociale ed economica e nel pieno rispetto dell’ambiente e delle culture. Il turismo responsabile riconosce la centralità della comunità locale ospitante e il suo diritto ad essere protagonista nello sviluppo turistico sostenibile e socialmente responsabile del proprio territorio. Opera favorendo la positiva interazione tra industria del turismo, comunità locali e viaggiatori”.