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QT n. 11, 31 maggio 2008 Servizi

Sanità in valle: una palude

Molte parole e dichiarazioni d’intenti, ma la situazione rimane quella, insostenibile, denunciata due anni fa.

Troppe parole continuano a piovere sulla gestione delle politiche per la salute nelle valli. Sono parole incentivate dal grande lavoro dei Comitati di distretto delle valli di Fiemme e Fassa, impegnati nel raccogliere le proteste dei cittadini, nell’ascoltare le esigenze dei professionisti della sanità e nel sollecitare un assessorato ormai visibilmente incapace e inadeguato ad avviare un cambio di rotta incisivo.

Ma sono anche parole, quelle dei sindaci delle due valli, praticamente uniti, che invece di sostenere l’azione dei distretti, si prostrano di fronte all’assessore, colmandolo di elogi, accontentandosi delle sue promesse, pronti a sottoscrivere affrettati protocolli di intesa utili solo a limitare sul territorio il manifestarsi di situazioni critiche.

Ma i fatti dimostrano come ogni scelta in materia di potenziamento della difesa della salute pubblica rimanga solo scritta sulla carta e come le situazioni di emergenza siano le stesse che questo giornale ha denunciato due anni fa.

L’Ospedale di Fiemme rimane un cantiere aperto: da due anni i lavori sono bloccati a causa dei contenziosi giuridici fra l’impresa che aveva vinto i lavori e per le inadempienze di quest’ultima e l’Azienda Sanitaria. In questo nosocomio gli spazi del Pronto Soccorso, degli ambulatori e dei prelievi del sangue, sono inadeguati. Offensivi verso i lavoratori, privi di ogni rispetto verso i cittadini, con i diritti di privacy violati presso ogni ufficio e le sale di attesa ambulatoriali divenute sale d’ammasso di persone. In pratica le strutture che legano la sanità ospedaliera al territorio non possono funzionare causa la carenza di spazi e quella ormai cronica di personale.

Va detto che anche altri cantieri pubblici di questa provincia hanno trovato ostacoli simili se non uguali a quelli registrati all’Ospedale di Cavalese: si pensi alle rotatorie, alla galleria di Martignano o alla circonvallazione di Moena. In questi casi, un sollecito intervento politico ha dissolto ogni impedimento ed i lavori sono stati ripresi e anche ultimati. Solo quando si parla di strutture sociali la Provincia autonoma di Trento viene ad assomigliare sempre più spesso agli enti pubblici del sud Italia.

E mentre i lavori di ristrutturazione dell’ospedale rimangono fermi, in valle piovono milioni e milioni di euro per sostenere fallimentari imprese impiantistiche legate allo sci: basti pensare al potenziamento dell’area sciabile di Lusia Bellamonte o al collegamento fra Passo Rolle e San Martino di Castrozza.

Ma sono anche altre le carenze che sindaci e assessore nemmeno provano ad affrontare. Dalla carenza strutturale di personale medico ed infermieristico (Ortopedia, Pronto Soccorso, Anestesia, Medico di laboratorio, Chirurgia) dipende il fenomeno delle lunghe liste di attesa. La totale mancanza di risposta in questo settore sembra ormai essere una scelta politica cercata e consolidata della Provincia e dell’Azienda Sanitaria per sostenere la privatizzazione strisciante della sanità in periferia.

Quando per fisioterapia e riabilitazione, come per esami oncologici si devono attendere dai cinque ai dieci mesi per ottenere una prestazione pubblica, è ovvio che si costringe il paziente a ricorrere o alla prestazione a pagamento (in tanti casi ottenuta anche il giorno seguente) o ad istituzioni private, o peggio ancora a migrare fuori provincia.

E’ anche ormai insostenibile il modo con il quale le strutture ospedaliere scaricano sui cittadini, sulle famiglie, il peso ed il sostegno ai pazienti nelle situazioni di lungodegenza.

L'assessore provinciale alla Sanità Remo Andreolli.

Si tratta di situazioni post operatorie, o di malattie tipiche degli anziani, o di pesanti e lunghe cure per patologie tumorali. Tutti questi casi sono rigettati dagli ospedali. La famiglia viene lasciata sola, i parenti sono costretti a sostenere costi onerosi presso privati, a vedere impegnati i loro percorsi lavorativi e professionali in lunghe assistenze o nel ricovero dei parenti presso strutture situate fuori regione.

A Cavalese, in Consiglio Comunale, si è provato a sollevare il problema della istituzione di una casa salute in valle. La risposta dell’assessore competente, Luca Moser (UDC), è stata tagliente: non è compito dei consigli comunali parlare di sanità, e poi il protocollo firmato con l’assessore Andreolli offre già una risposta: la casa della salute si farà a Predazzo.

Solo pochi giorni dopo, in un incontro dei consiglieri comunali di valle con la quarta commissione legislativa provinciale (con l’assessore Moser assente e la presenza di 13 consiglieri su un totale di oltre 190), il comitato di distretto si è visto costretto ad ammettere che non si è mai entrati nel merito per specificare la capienza di questa eventuale struttura, si è solo parlato di localizzazione del nuovo edificio, che sarà praticamente destinato, più che a diventare una "Casa della Salute" a dare qualità e dignità agli spazi sanitari del distretto di Predazzo. Ovviamente nel protocollo non si parla di tempi e scadenze, né della capacità strutturale del nuovo edificio.

Gli ultimi sviluppi politici delle questioni della sanità nell’Ospedale di Fiemme confermano quindi la situazione di stallo, il perdurare di una assenza della politica provinciale e la conseguente caduta di credibilità di tutto il servizio offerto. Le cause di tanta sfiducia non possono che ricadere su una inadeguata gestione politica dell’intero sistema.