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Finanza creativa

Andrea Castelli

Alla ricreazione proposi al grandone della quinta F di prestarmi 30 lire per la briòss, che il giorno dopo gliene avrei restituite 40, quindi era un affare. Lui mi guardò con lo sguardo cisposo che lo caratterizzava. Incoraggiato dal suo silenzio, continuai con un’idea fulminante: se lui mi dava 60 lire io potevo prestarne 30 a un altro senza-soldi-per-labriòss, così, il giorno dopo, me ne sarei fatte restituire 50 dal pollo, 20 in più, che aggiunte alle mie 10 d’interesse avrebbe fatto 30: il che per lui significava non spendere neanche una lira. Mica male, eh?

Mentre aspettavo la risposta, mi chiedevo come facesse uno a fissare in quel modo un altro, ma mi arrivò una manata in faccia che mi fece trasvolare il corridoio e finire tra i paltò degli attaccapanni gambe all’aria. Fu il primo tentativo in Europa, il mio, di finanza creativa, subito zittito e brutalmente fallito. Forse se ne avessi parlato prima si potevano evitare tanti odierni guai alle borse.

Ma a ben pensare quelli della mia generazione non correvano a casa a raccontare ai genitori i torti subiti, se li tenevano e basta. Allora scuola e famiglia erano alleati, non competevano come adesso. Se andavo a casa a dire che il ciccio della quinta mi aveva dato uno sganassone memorabile, sicuro che ne prendevo un altro. Quanto meno mi sarei sentito dire "Così impari!". Allora si taceva. Quando la prof di matematica, mentre alla lavagna concludevo la mia espressione algebrica in modo originale, mi domandò se "ero deficiente" incassai e muto. L’avessi detto a casa mi sarei sentito ripetere "Studia, asino!". Non vagava nemmeno nei sogni più lontani dei genitori andare dall’avvocato a denunciare la prof per "umiliazione impropria di rampollo di fronte a terzi", e noi intanto s’imparava a farsi furbi, zitti, e a metter su la scorza dura, contro i rovesci della vita, che prima o poi di sicuro sarebbero arrivati. S’imparava che fuori della porta c’era un mondo diverso da quello di casa e ti dovevi difendere da solo. Forse fu per quello che quando mi bocciarono invece di suicidarmi andai a giocare a pallone. Vincemmo 3 a 1 e feci una doppietta.

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