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L’eroe fra arte e politica (della convivenza)

Graziano Riccadonna

L’eroe fra arte e politica. Ma della convivenza, aggiungiamo noi. Non me ne voglia Alessandra Zendron (QT n.1, gennaio 2010), perché bisogna dare a Cesare quel che è di Cesare, quindi completare i discorsi e non limitarsi alla prima battuta. È vero che un primo bilancio dell’anno hoferiano che sta per terminare con il 20 febbraio a Mantova è ambivalente, in quanto molto si è speso, molto si è ipotizzato, ma meno si è raccolto. Ma il bicentenario non è stato solo la celebrazione dell’ eroe della conservazione e controrivoluzionario, ma anche un nuovo modo di leggere la storia.

Il I centenario dell’Anno Nove (1909) cadde in un momento di alta tensione nei rapporti tra italiani e tedeschi nell’area tirolese. Oramai si faceva palese il dissidio interno alla monarchia, ma anche alla regione tirolese, divisa sia etnicamente che linguisticamente, proprio allo scadere del vecchio secolo. In questo dissidio, grande importanza hanno anche i simboli e i miti: uno di questi, era indubbiamente il simbolo - e relativo mito - dell’autonomia sventolata da Andreas Hofer nel mitico “Anno Nove”, il 1809.

Alla celebrazione della sollevazione del Tirolo contro i Francesi capeggiata da Hofer, tenuta ad Innsbruck, intervenne anche l’imperatore Francesco Giuseppe. Le associazioni filo governative, supportate dai volksbundisti, sollecitarono i Trentini a partecipare alle celebrazioni, facendo leva soprattutto sugli ex militari e il popolo delle vallate. Per reazione, nell’opinione pubblica più filoitaliana l’anniversario fu visto come fumo negli occhi, col timore di strumentalizzazioni deologiche. Si era così ai ferri corti, che gli studenti trentini pubblicarono un manifesto contro il centenario hoferiano, e ciò provocò la reazione della magistratura, che sciolse l’Associazione degli Studenti Trentini e confiscò il loro patrimonio. Il proclama s’intitolava: “Al popolo trentino!”: “Coll’animo profondamente scosso dal dolore e dall’indignazione noi, studenti trentini, protestiamo con tutta l’energia contro lo scioglimento della nostra società rea soltanto di aver fatto sentire, in un momento di debolezza e di opportunismo generale, una parola sincera e patriotica...” (16 settembre 1909).

I tempi cambiano e con essi la lettura storica, per cui ben diverso è stato il II centenario. Le manifestazioni che nel 2009 sono state dedicate all’oste barbòn, hanno visto apporti più significativi dalla parte italiana del Tirolo. Lo stesso succedersi di studi, presentazioni, mostre, significa, al di là di facili strumentalizzazioni celebrative, il tentativo di leggere una storia in cui il Tirolo non aveva confini etnici e il “nostro eroe” si rivolgeva nei suoi proclami scritti anche in italiano ai “Dilettissimi Tirolesi italiani”. Ciò testimonia il radicamento del mito anche nella parte italiana del Tirolo, rimasta finora lontana, ma finalmente consapevole della posta in gioco in vista di un’Euregio meno spiazzata verso il tedesco sul versante linguistico ed etnico.

In quest’ottica Andreas Hofer, seguendo la sollecitazione di Alexander Langer, rimane un antesignano di tolleranza interetnica e di convivenza, come insegna la sua permanenza giovanile nel Welschtirol, il Trentino. Andreas, orfano dei genitori, aveva scelto la strada del “famiglio” in Trentino per imparare l’oste e l’italiano. La stessa intitolazione per la prima volta in Trentino di una piazza ad Hofer, quella di Ballino (Fiavé), la dice lunga sul superamento degli spaccati etnici e la voglia di convivenza di questo II bicentenario.

La possibilità di contribuire alla conoscenza dell’identità regionale e di agevolare la conoscenza dell’autonomia in questa prospettiva rappresenta, al di là di ogni retorica, lo stimolo migliore per riandare alla storia della formazione di Andreas Hofer: die Vergangenheit trifft Zukunft!

Commenti (1)

Attilio Fronza

Sono d'accordo con Graziano Riccadonna che ha posto l'argomento "Andreas Hofer" all'interno della convivenza, allontanandosi dalle solite polemiche innestate da destra e da sinistra.
Finalmente dopo duecento anni la figura dell'oste di San Leonardo in Passiria ci avvicina più che dividerci.
Lasciamo stare i vecchi pregiudizi e collaboriamo tutti insieme per capire la storia regionale e interregionale, a patto che nessuno si impossi di qualche merito che possa distorgere qualsiasi argomentazione storico scientifica.
Attilio Fronza
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