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Studio per la povera gente

Provaci ancora, Paolo

Non è una memorabile pagina di teatro, quella che Paolo Rossi ha portato in scena all’Auditorium di Trento dal 4 al 7 marzo. È teatro piacione, brioso, che ruota intorno all’indiscutibile simpatia del celebre capocomico. Si presenta come un laboratorio, uno spettacolo in fieri, si sviluppa come una festa chiassosa, con sprazzi di sceneggiatura e di impegno sociale, con il coinvolgimento del pubblico sul palco.

Tuttavia, si ha l’impressione che non il far ridere sia il pretesto per far riflettere sul tema dell’usura e dell’impoverimento della popolazione italiana, ma, viceversa, che il tema sia un pretesto, un canovaccio per intrattenere e far ridere, forse troppo, data la gravità della situazione, illustrata con dovizia di statistiche e informazioni.

Né è forse prova a carico la frammentazione della scrittura teatrale - opera di Carolina de la Calle Casanova, attrice in scena, molto “liberamente ispirata a El Nost Milan (1893) di Carlo Bertolazzi” - e, conseguentemente, della regia. di Paolo Rossi. Per garantire allo spettacolo una maggior durata e forse una maggior qualità, i “due atti unici” necessitano inoltre di un’appendice finale, un “mistero buffo” tratto dal teatro di Dario Fo, con integrazioni rossiane, dedicato al tema neotestamentario della resurrezione di Lazzaro.

La scena, sin dall’inizio, è affollata: 7 musicisti su un soppalco in fondo (la “Piccola Orchestra Fonomeccanica”, una risorsa a dir il vero ben poco utilizzata) e 8 attori/attrici a vivacizzare, con buon affiatamento, la scenografia da osteria popolare allestita sobriamente.

La trama è piuttosto esile, tutti si divertono, in scena e in platea, ed è forse questa la qualità principale del teatro di Paolo Rossi: è uno dei pochissimi attori che mostra sfacciatamente di divertirsi mentre recita o affabula, e ciò è contagioso, rende lo spettacolo più intimo, meno cattedratico, al punto che vengono disinvoltamente snocciolate gag ritrite come, ad esempio, la macchietta della suora nazista, con l’usata equazione tedesco=nazista.

C’è da augurarsi che il teatro-laboratorio di Rossi e della compagnia “Baby Gang” elabori meglio le future proposte, provando a dare maggior spessore ai diversi spunti, magari grazie a una drammaturgia un po’ meno superficiale e meno autoreferenziale, in modo che da uno spettacolo in fieri si pervenga, con più meritevole acclamazione, a uno spettacolo finito: cosicché, per ora, sull’insegna collocata in alto sul boccascena, sarebbe meglio scrivere, invece di “La commedia è finita”, “La commedia è in corso di definizione”.

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