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QT n. 3, marzo 2011 Trentagiorni

L’ANPI del Trentino e l’anno che verrà

Ha senso parlare di Resistenza partigiana oggi? La parola “resistenza” è tornata a riprendersi uno spazio nell’immaginario collettivo non solo di chi la Resistenza l’ha fatta (e ormai sono pochi, e minimo ottantenni), o l’ha studiata (e sono già di più, ma probabilmente ancora troppo pochi), ma anche di chi pensa che viviamo tempi grami, con un’Italia politicamente schiaffeggiata, culturalmente oltraggiata, economicamente alle corde come in pochi momenti della sua storia recente. Ed ecco allora che “resistere” diventa vitale. In una posizione che non vuol essere esclusivamente difensiva (anche se il rischio della difesa ad oltranza dell’esistente c’è), ma che intende chiamare a raccolta i giovani e connetterli al filo rosso della storia, al contrastando il degrado con la conoscenza e la coscienza. La conoscenza del passato dalla viva voce dei protagonisti, che oggi più che mai vogliono raccontare come si arrivò alla resistenza partigiana, e la coscienza civile del cosa fare perché il fascismo, o chi per esso, non torni mai più.

L’ANPI (Associazione nazionale Partigiani Italiani) di Trento, uscita rinnovata dal suo XV congresso, si vuole collocare esattamente in questo solco, con questi obiettivi. Molte le iniziative e i traguardi raggiunti che il nuovo presidente Sandro Schmid, eletto dall’assemblea, ha illustrato agli iscritti. Da 350 a 700 tesserati in un anno, il 30% sotto i 35 anni e il 40% di donne, la nuova sede di Pergine Valsugana e Tesino e le prossime aperture in Val di Fiemme- Fassa e Val di Non. Ed ancora l’invito a condividere la sede, messa a disposizione dal Comune per altri cinque anni, con le associazioni che ne sono prive: Pro Cultura, Gruppo Neruda, Corale Bella Ciao, Ora e Veglia. Ma soprattutto, partecipare, che oggi si coniuga come voce del verbo” resistere”, alla tutela della Costituzione, attraverso le iniziative che la cittadinanza trentina vorrà mettere in campo: “Treno della Memoria”, “Se non ora quando”, quelle più vicine a noi alle quali ANPI ha aderito.

Tutto bene dunque? Certo che sì, a patto che l’ANPI e il suo presidente restino un trait-d’union fra passato, presente e futuro, con incisivi momenti di stimolo alla riflessione e al dialogo, ma alla larga dalla politica. Un baluardo “democratico”, ma senza strizzare l’occhio a nessun partito, una sfida educativa che resti tale e che sappia riempire di contenuti, il vuoto che la politica ha creato.

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