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Sì agli esami di riparazione / 2

Bruno Firmani

Questi esami non s’hanno da fare. Con questo imperativo un’altra valanga di demagogia si abbatte sulla scuola trentina.

Ormai tutti convengono che non è più possibile andare avanti così. Sia gli insegnanti, ovvero coloro che dovrebbero formare gli allievi, sia gli utenti finali dei tredici anni di non studio, cioè gli imprenditori e gli universitari, sono concordi.

Il livello di preparazione sia culturale che intellettuale degli studenti italiani, in generale, e trentini, in particolare, è assolutamente carente. Capacità di concentrazione ridotta a pochi minuti, capacità di elaborazione dei concetti quasi nulla, capacità di lavoro autonomo inesistente.

In queste condizioni è impensabile un ragionevole inserimento nel mondo del lavoro e si rivela estremamente faticoso il prolungamento degli studi a livello universitario. Tanto che l’università ha dovuto abbassare drasticamente i contenuti dei corsi per evitare le bocciature di massa.

Eppure, nonostante l’evidente situazione di crisi gravissima e con indicazioni ministeriali, una volta tanto, tendenti a rivalutare gli studi, qui, nell’autonoma provincia di Trento, la giunta provinciale ha pensato bene di non "creare problemi" né alle famiglie né agli studenti e di continuare a far promuovere tutti.

Le affermazioni di volersi distinguere dal resto d’Italia non sono accettabili, se non si spiega perché i provvedimenti locali dovrebbero rivelarsi più efficienti di quelli nazionali. Si assiste invece soltanto a vaghi enunciati, privi di consistenza.