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Irak: che fare?

Giovani della Margherita

Non siamo d’accordo nel sostenere, come invece fanno, pur legittimamente, i giovani della sinistra italiana, l’immediato ritiro delle truppe italiane dall’Iraq. Questa guerra andava in tutti modi evitata, ed è stata un errore storico e strategico. Oltre un anno fa, eravamo uniti nel sostenere un’assoluta contrarietà all’intervento anglo-americano, così come eravamo contrari al successivo invio del contingente italiano per una presunta operazione di peace-keeping, che assume oggi i tratti di un’operazione di guerra silenziosa. Ma oggi, alla luce della presa di responsabilità italiana verso le popolazioni del sud dell’Iraq, non possiamo, per senso di responsabilità, sostenere l’idea dell’immediato ritiro. Concordiamo con Romano Prodi e con Carlo Azeglio Ciampi per una forte accelerazione nel coinvolgimento di una coalizione internazionale che si impegni in una capillare operazione di presidio di ordine pubblico nell’area medio-orientale con un forte e primario coinvolgimento delle forze arabe moderate. Apprezziamo con convinzione l’invito del Presidente Ciampi al dialogo con l’Islam autentico, promotore anch’esso nel suo messaggio originario di un orizzonte di pace per il mondo umano.

Certamente sarà necessario un coinvolgimento dell’ONU nel comando e nel governo dell’operazione, ma non possiamo colpevolmente dimenticare che l’ONU non può esser caricata di compiti che non le sono propri, dimenticando che proprio l’ONU, nel recentissimo passato, ha dovuto abbandonare il proprio riferimento a Baghdad, dopo aver subito l’assalto che ha causato la morte di A. De Mello. All’ONU, quindi, va attribuito il compito di governare il processo di pacificazione e sicurezza dell’area, mentre ad una forza internazionale militare, che coinvolga arabi, francesi e tedeschi, oltre agli anglo-americani, il compito di presidiare attualmente le aree di guerra. A questo dovrà servire la nuova e molto invocata risoluzione del Consiglio di sicurezza attesa per la fine di maggio.

Seconda questione: il conflitto arabo-israeliano. Condanniamo la politica delle uccisioni mirate di Ariel Sharon. Ma siamo vicini alle sofferenze del popolo israeliano per le minacce subite quotidianamente dalle organizzazioni terroristiche palestinesi. Viceversa, nel condannare ogni azione di terrorismo, esprimiamo al contempo il nostro vicino sentimento per la sofferenza del popolo palestinese, stretto nella morsa della repressione, soprattutto economica, di Israele nei territori occupati. In riferimento al purulento conflitto nella Terra Santa, sosteniamo con forza la necessarietà di un’azione politico-diplomatica dell’Unione Europea. Il nuovo Parlamento Europeo e la nuova Commissione dovranno in tutti modi assumere un ruolo di prim’ordine nella gestione del conflitto e nel governo progressivo del percorso della Road Map.

Terza questione: il rapporto UE-Stati Uniti. Condanniamo con forza il vassallaggio cui ci ha costretti il nostro presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, verso la politica dell’amministrazione Bush. Anche in questo caso, così come tutti facemmo nei giorni successivi all’attentato alle Torri Gemelle, ripetiamo che, nel sostenere l’ideale della libertà e della democrazia, ci sentiamo al fianco del popolo americano. Ma siamo, al contempo ed in conseguenza di ciò, estremamente contrari alla politica aggressiva e miope dell’attuale establishment di potere dei neo-conservatives americani. Sosteniamo quindi, con convinzione, le idee e la candidatura di Kerry per le presidenziali dell’autunno.

La necessaria sinteticità di questa esposizione non nasconde un dibattito che è stato molto lungo e acceso. Crediamo sia importante che a questodibattito prendano parte, in primo luogo, le future generazioni, di cui noi rappresentiamo una piccola parte.