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Elezioni a Lavis

Carlo Devigili

Sta per volgere al termine la campagna elettorale in quei centri del Trentino dove il 9 maggio si voterà per il rinnovo del Consiglio comunale. A Lavis queste elezioni, in anticipo di un anno sulla scadenza naturale, sono state determinate dalle dimissioni del sindaco Tomasin per candidare alle provinciali dello scorso autunno, senza peraltro risultare eletto. Perplessità ha quindi suscitato tra i lavisani la decisione di Tomasin di rimettersi ora di nuovo in corsa per il Comune dove, tra consigliere e sindaco, c’è stato per trent’anni. Ricorda in effetti quei campioni del calcio che, vecchi, non sanno ritirarsi e vanno a racimolare ancora qualche soldo nei posti più strani, come Batistuta in Qatar.

Ben altro era il clima intorno alla prima elezione a sindaco di Tomasin, avvenuta nel 1995: un momento di gioia e speranza, come alla partenza per un viaggio importante. Un viaggio andato via via spegnendosi in un’amministrazione che più ordinaria non si può e, all’interno del "giardino" Ulivo-progressisti, nell’ombra in cui l’invadenza dell’albero Tomasin relegava le altre piantine. Per anni l’alternativa è stata fra l’appiattirsi dietro quell’ombra o uscire dal gruppo. Non stupisce quindi la difficoltà dei DS a trovare le venti persone (in un Comune di ottomila abitanti!) per formare la lista dei candidati.

Un’altra novità di questa campagna è il ritorno dei verdi, assenti a Lavis dal ’95. Purtroppo non è stata un’operazione nata dalla base, bensì imposta dall’alto (Marco Boato), ma quel che è peggio è che come capolista è stato messo uno della vecchia nomenklatura, stroncando così anche qui ogni possibilità di rinnovamento. Gestita diversamente questa lista avrebbe potuto raccogliere le forze veramente progressiste insieme ai molti scontenti dell’amministrazione uscente che non si sentono di votare per la lista fai-da-te dei Gionghi, in piena deriva qualunquista. Ma la sorpresa più grossa, alla pubblicazione degli elenchi dei candidati, l’ha fornita Marco Albertazzi schierandosi, seppure come indipendente, nella lista di Forza Italia. Una reazione estrema, quasi da kamikaze (per lui che di destra certo non è), al muro che, nella gestione della cultura, il sindaco DS e il suo braccio "armato" - la bibliotecaria - hanno sempre eretto contro la piccola ma prestigiosa casa editrice lavisana di cui Albertazzi è il cuore e la mente.

Merita qui ricordare la frase con cui la nostra bibliotecaria rifiutò, unica in provincia, l’acquisizione di opere de "La Finestra": "Non sono cose per Lavis" - disse. Ovvero: i lavisani sono e devono rimanere sottoacculturati. Invano da quasi due anni un gruppo di cittadini chiede il ripristino dell’apertura serale della biblioteca, venendo per questo bollati come estremisti, e anche questa richiesta, peraltro appoggiata all’unanimità dal Consiglio comunale, si è trovata di fronte un muro di gomma fatto di false promesse e continui rinvii. Ma se della bibliotecaria, assunta senza concorso, non ci si può stupire, più difficile è comprendere questo disinteresse o, peggio, allergia di Tomasin per la cultura.