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QT n. 16, 2 ottobre 2004 Servizi

Cultura e comprensione

La religione a scuola non dev’essere un’area separata, riservata agli esponenti delle fedi religiose. Una proposta.

Abbiamo deciso di offrire lo spazio solitamente dedicato all’articolo di fondo ad un appello, sottoscritto da diverse personalità della cultura trentina, sul problema dell’ora di religione.

Da tempo Questotrentino dedica ampio spazio al problema e la proposta contenuta in questo appello ci pare di grande interesse; chi volesse sottoscriverlo può farlo mettendosi in contatto con la nostra redazione.

1 cambiamenti avvenuti nella società e nella Chiesa richiedevano, da tempo, che si affrontasse il problema dell’insegnamento della religione nella scuola in modo nuovo.

L’insegnamento obbligatorio della religione cattolica, regolato dal Concordato fra lo Stato e la Chiesa del 1929, creava un’insoddisfazione sempre più, diffusa. In molti, allievi e genitori, lo subivano come un’imposizione; la cultura religiosa degli italiani, dopo ore e ore di scuola, si manteneva a un livello molto basso; parecchi fra gli stessi insegnanti della disciplina ne denunciavano la crisi. Persino chi, nel mondo cattolico, l’aveva considerato strumento di evangelizzazione, cominciava a considerarlo inefficace o addirittura controproducente.

Eppure, durante la fase di elaborazione del nuovo Concordato, il dibattito è stato scarso, nella società civile e nella comunità ecclesiale. Anche per questo il mutamento si è limitato ad uno scambio fra Stato e Chiesa; nella scuola rimane l’insegnamento, affidato alla Chiesa cattolica, ma esso diventa facoltativo. Ognuno dei due contraenti ottiene e rinuncia a qualcosa: la confessionalità contro la facoltatività.

Ma appena si passa alla fase di attuazione, i problemi politici, culturali, organizzativi, appaiono in tutta la loro gravità. Un insegnamento confessionale e curricolare contraddice la laicità della scuola, la facoltatività provoca facilmente discriminazioni, anche per la difficoltà a pensare le ore alternative per chi non si avvarrà dell’insegnamento religioso.

Il nostro appello vuole contribuire a rasserenare il confronto, a ridurre il clima di ambiguità e di sospetto ancora prevalente.

A noi pare che finora sia stato trascurato il problema più importante, quello della conoscenza dei fatti religiosi come necessità e diritto di tutti. Le religioni hanno permeato la storia, coinvolgono ancora oggi milioni di persone: non è possibile capire la realtà del mondo e degli uomini se si ignora il fenomeno religioso. Non è qui in discussione la scelta di coscienza di ognuno: una scuola laica non deve dire all’allievo se deve essere credente, libero pensatore o ateo, ma agire in modo che lo sia lucidamente, da uomo responsabile che riflette sulle sue scelte, e sa perché e come altri si impegnano in modo diverso da lui.

Facciamo l’esempio del cinema. La tematica religiosa è presentata in films come La via Lattea e Dies Irae, L’albero degli zoccoli e Il Vangelo secondo Matteo, L’arpa birmana e Il dinero e il diavolo biondo. Per capire il messaggio e saperlo valutare occorre essere in possesso di una cultura religiosa appresa secondo modelli rigorosamente critico-scientifici. Manca qualcosa di importante a chi è privato della disponibilità di comprendere questi films, di confrontare le religiosità occidentale, orientale, sudamericana.

Le scienze umane sono attraversate dalla religione: la letteratura e l’arte, la musica e il diritto. Vogliamo che tutti i ragazzi abbiano un assaggio almeno di Iliade e di Odissea: perché escludere allora, da un serio programma scolastico, la lettura dell’Esodo, del Cantico dei Cantici e del Magnificat?

Pensiamo ad uno studio che si estenda dalle religioni alla critica della religione (di Lucrezio, di Voltaire, di Marx, di Freud) fino al significato della secolarizzazione e al valore dell’ateismo.

Anche certi passaggi cruciali, nella storia delle scienze fisiche e naturali, incrociano la religione: pensiamo a Galilieo e Darwin, e oggi a problemi come la socio-biologia e l’ingegneria genetica.

La nostra proposta, usufruendo delle competenze attribuite alla provincia di Trento dallo Statuto di autonomia, è di introdurre nella scuola l’insegnamento dei fatti religiosi, obbligatorio, a carattere critico-scientifico, tenuto da insegnanti statali.

Accanto ad esso, l’insegnamento della religione cattolica, facoltativo, affidato a insegnanti ritenuti idonei dall’autorità ecclesiastica, permetterà, al di fuori del normale orario scolastico, un approfondimento confessionale per coloro che lo vorranno.

E’in corso un dibattito interessante sullo statuto epistemologico da attribuire alla religione, sull’opportunità e sulle modalità per farne una disciplina scolastica specifica e autonoma. Per studiare il problema proponiamo l’istituzione di un Comitato scientifico che dia indicazioni su obbiettivi e progranmi, metodologie e percorsi didattici adatti ai vari gradi di scuola. Esso dovrà comprendere l’antropologo, il teologo, lo storico, il sociologo, l’esperto di diritto, di morale e di pedagogia.

Occorre un progetto di formazione e di aggiornamento degli insegnanti, per fornire loro le conoscenze necessarie a parlare con competenza ed equilibrio di religione ai bambini, all’interno delle discipline dell’area linguistica-storica-espressiva, e ai giovani nei gradi di scuola in cui l’insegnamento potrà essere autonomo. Esistono già alcuni strumenti per avviare queste operazioni culturali; l’Università, l’Istituto storico italo-germanico, l’Istituto per le scienze religiose. Ma noi pensiamo anche ad una Facoltà di scienze della religione, che farebbe di Trento un laboratorio di ricerca e di sperimentazione.

Le nostre proposte sono discutibili e ci auguriamo vengano discusse nelle sedi istituzionali, politiche, culturali, ecclesiali. Occorre superare un atteggiamento che considera la religione come un’area separata, riservata agli esponenti delle fedi religiose.

E’ questa una convinzione presente sia nella Chiesa che nel mondo laico: a tutti chiediamo invece di considerare la religione nella scuola come oggetto scientifico di studio. E’ un percorso nuovo, e quindi difficile, anche rischioso, ma che intende coinvolgere tutti, al di là delle scelte religiose personali, senza separazioni e discriminazioni, e capace, speriamo, non solo di estendere le conoscenze, ma anche di favorire il pluralismo e la comprensione reciproca. Per poter pensare con impegno a questo progetto, ci auguriamo che non si voglia intanto costringere ilTrentino, diversamente dalle altre regioni, a mantenere l’attuale insegnamento confessionale obbligatorio. Le polemiche sarebbero inevitabili, e in molti credenti e non credenti, sarebbero condannati alla pura difesa della facoltatività dell’insegnamento.

E si allontanerebbe la soluzione del problema più importante che è la conoscenza del fenomeno religioso da parte di tutti. Oltre a commettere una grave violazione del principio costituzionale dell’eguaglianza dei cittadini e a sostenere un’interpretazione così distorta dello stesso nuovo Concordato che non potrà reggere ci un serio esame di legittimità.

 Fabrizio Rasera, Silvano Bert, Vincenzo Calì, Quinto Antonelli, Andrea Zanotti, Odilia Zotta, Sandro Boato, Mario Caroli, Alberto Sighele, Edoardo Benuzzi, Franco Rella, Sergio Fabbrini

2 maggio 1986